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Il caso

Combustibili solidi secondari al cementificio, il Tar respinge il ricorso di Tavernola: “Valutiamo il Consiglio di Stato”

Comune e Legambiente Basso Sebino stanno pensando di impugnare la sentenza emessa dai magistrati amministrativi di Brescia

Tavernola. La partita potrebbe non essere finita qui, nonostante il Tar di Brescia abbia respinto il ricorso presentato nel 2018 dal Comune di Tavernola contro l’autorizzazione sperimentale, rilasciata dalla Provincia di Bergamo nel 2017, per l’utilizzo dei cosiddetti “Combustibili solidi secondari” (CSS) in parziale sostituzione del combustibile tradizionale nell’impianto cementiero che insiste sul territorio comunale.

Perchè incassata la decisione dei magistrati amministrativi, il circolo di Legambiente Basso Sebino starebbe valutando l’opportunità di presentare un ulteriore ricorso rivolgendosi questa volta al Consiglio di Stato: “La bocciatura mortifica le autonomie locali – sottolinea Dario Balotta – Trascura l’ambiente e la salute di tutti i cittadini, temi recentemente inseriti nella Costituzione Italiana. L’attività produttiva  non può più essere decisa solo da Iltalsacci. Le sue emissioni inquinanti, il deposito di materiali pericolosi, l’estrazione della marna dal monte Saresano che ha minacciato una pericolosa frana  per tutti i paesi del lago d’Iseo, oltre al caotico traffico provocato da centinaia di camion giornalieri che transitano sulla stretta litoranea non possono più essere sottovalutati. L’azienda non deve condizionare ogni decisione sul futuro del territorio. Il monitoraggio e i costosissimi interventi di protezione idrogeologica e di consolidamento dell’area franosa, sono pagati con le tasse dei lombardi (vedi il finanziamento approvato dalla Regione Lombardia).  Il ricorso contro la decisione della Provincia di Bergamo, che ha autorizzato l’utilizzo dei Combustibili Solidi Secondari (Css) alla Cementifera di Tavernola è stato respinto. Anzichè chiudere gradualmente i battenti, il cementificio potrà continuare la sua attività bruciando oltre che al pet-coke, anche il CSS, un rifiuto ottenuto dalla componente secca di plastica, carta, fibre tessili, ecc. L’Amministrazione Comunale, a nome dell’intera comunità tavernolese, nonchè  da tutti i Comuni lacustri, aveva ribadito  la contrarietà all’utilizzo dei Css, vista la difficile coesistenza del cementificio in un territorio che si sta sempre più orientando verso il turismo sostenibile. Da ricordare l’enorme investimento pubblico di 8 milioni di euro per il Floating Pierce di Christo per incentivare il turismo ora messo in discussione da questa autorizzazione. Autorizzazione data senza prima aver eseguito un’indagine epidemiologica sugli ulteriori danni alla salute che provoca l’emissione dei fumi derivanti dalla combustione di CSS. Per questi motivi Legambiente basso Sebino sta valutando un possibile ricorso al Consiglio di Stato per impugnare la sentenza emessa dal TAR di Brescia”.

Sul caso si è espresso anche il Comune di Tavernola, in una nota firmata dal sindaco Ioris Danilo Pezzotti, che conferma le valutazioni in corso su un eventuale ricorso al Consiglio di Stato: “Soprattutto in relazione al futuro, questa Amministrazione non può stare a guardare, è una sentenza, che rispettiamo ma non condividiamo, valutandone l’appello al Consiglio di Stato. La recente crisi energetica ha favorito un orientamento simile anche a livello centrale di Governo, con norme che stanno favorendo il coincenerimento di rifiuti nei cementifici e l’utilizzo delle fonti fossili per far fronte all’emergenza. Resta il fatto, comunque, che l’autorizzazione del cementificio di Tavernola riguarda esclusivamente l’utilizzo di CSS-Combustibile, quindi quella tipologia di derivato dai rifiuti definito End of Waste. Ci auguriamo che il rispetto delle promesse fatte dalla dirigenza qualche anno fa, quando dichiarava che non avrebbe avviato questa pratica senza il consenso locale che non c’è ora e non c’è mai stato, possa bastare a continuare scongiurarne l’avvio. Restano poi le problematiche legate a una frana da 2.100.000 metri cubi, sul fronte del Monte Saresano, dietro la fabbrica, tutt’altro che ferma e che, ad oggi, si muove ancora circa di 0,26 e 0,34 mm/giorno, quindi circa il triplo rispetto al trend storico di quel pendio. Un problema senz’altro grave, integrato nel ricorso ma che riguarda il cementificio nel suo complesso e non il solo css-c, problema affrontato, quindi, attraverso richiesta specifica alla Provincia di Bergamo, circa la necessità di aprire un Riesame dell’AlA con una Valutazione di Impatto Ambientale che determini se e come sia eventualmente compatibile la prosecuzione dell’attività cementiera in sicurezza nell’impianto di Tavernola, tutelando sia i lavoratori dipendenti, che tutti ali altri lavoratori rivieraschi nel settore turistico e indotto, nonché agli abitanti e gli ulteriori interessi paesaggistici, ambientali, di salute ecc. … in campo. In caso di frana, la sicurezza va intesa anche rispetto all’ipotesi di versamento nelle acque del lago, di sostanze inquinanti necessarie per il processo produttivo, come pet-coke, ammoniaca, clinker e diversi materiali catalogati come rifiuti ed utilizzati come materie prime secondarie, nel forno da cemento”.

“Una valutazione che riteniamo necessaria a seguito dell’attivazione di una frana cosi imponente che potrebbe cadere in tutto o in parte, e ciò, ribadiamo, a tutela dei tavernolesi ma non solo – continua il sindaco – La Valutazione di Impatto Ambientale (V.I.A.), legata al riesame dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (A.1.A.) del cementificio, in relazione all’accelerazione preoccupante della frana avvenuta nel 2021 e non ancora scongiurata, è per noi un passaggio imprescindibile, un percorso irrinunciabile, un dovere morale. Non ci pare possibile che una frana di queste proporzioni non porti ad attivare una VIA! È da chiarire se la Provincia, nonostante l’evento franoso dal febbraio 2021, rimanga della stessa opinione riportata nella sentenza sul CSS-C, anche esaminando più in generale l’intero cementificio, nel contesto di revisione dell’AlA per la frana, e cioè che ‘l’impianto non sarebbe assoggettabile V.lA. perché l’attività sarebbe iniziata prima dell’entrata in vigore delle disposizioni nazionali e comunitarie in materia e le disposizioni che impongono una revisione della valutazione in caso di particolari eventi presuppongono che l’attività sia stata originariamente assoggettata ad essa’, frase questa, a nostro avviso, intesa ad escludere quegli impianti/attività per i quali la VIA non è prevista (non i cementifici), diversamente, infatti, ci sarebbe, di fatto, una sorta di diritto perpetuo permanere ‘a prescindere dall’accadimento di qualsiasi evento’.
Almeno sul fatto che la frana sia da annoverare tra i cosiddetti ‘particolari eventi’, infine, ci parrebbe non essere dubbio. Secondo la Provincia, si legge nella sentenza, che ‘non sarebbe affatto scontato che il cementificio possa riprendere la propria attività’ e, pur se l’impianto ad oggi è in marcia, significa che le valutazioni non sono finite. Ma chi dovrebbe decidere sulla ripresa dell’attività del cementificio (se di ripresa si può parlare, visto che non è fermo)? Secondo noi, come già spiegato, tutti i soggetti interessati, attraverso un procedimento pubblico di V.I.A. (Valutazione di Impatto Ambientale), data la situazione di rischio frana e onda anomala, di portata non certo ordinaria, e ciò a completamento e a supporto degli utili ‘intensi profili di discrezionalità’ (così come definiti nella sentenza) di cui dispone la Provincia in questa materia, tutto ciò anche in relazione alle numerose prese di posizione, espresse in questi anni, dai Comuni rivieraschi bergamaschi e bresciani, dalle Comunità Montane, dal G16, ecc. … a sostegno di Tavernola, non solo contro l’utilizzo di combustibili alternativi ma, più in generale, sulla dismissione-riconversione dell’impianto”.

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