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L'omicidio

Treviglio, i vicini: “Silvana parlava della pistola e diceva che l’avrebbe usata” fotogallery video

Silvana Erzembergher, accusata dell'omicidio del 62enne Luigi Casati, era già stata denunciata dalla moglie della vittima per aggressione nell'estate 2021: "Ogni scusa buona per litigare, li aveva presi di mira". Giallo sul porto d'armi

Treviglio. Ai vicini di casa Silvana Erzembergher l’aveva confidato più volte, senza farne mistero. “Diceva di avere una pistola e che prima o poi l’avrebbe usata”, raccontano alcuni abitanti di via Brasside a Treviglio che, a differenza dei coniugi Casati, assicurano di non avere mai avuto problemi con quella signora dallo sguardo glaciale, come senz’altro appare nel video circolato sui social che ritrae gli istanti immediatamente successivi all’omicidio, girato proprio da un’abitante della palazzina al civico 2/D.

 

 

La molla che ha fatto scattare la follia omicida della donna – 71 anni, vedova, madre di due figli con un passato da ambulante – nei confronti del povero Luigi Casati e della moglie, Monica Leoni, è stata quasi sicuramente l’ultima lite di una lunga serie. Nata esattamente come le altre per futili motivi, ricostruiscono i carabinieri: da presunti e non meglio specificati “rumori” contestati alla coppia all’abbaiare della loro cagnolina Chanel.

 

Che screzi e tensioni andassero avanti da tempo lo confermano gli abitanti stessi della palazzina, situata alla periferia nord di Treviglio. Come Anna Leoni, omonima della moglie della vittima. “Ogni scusa era buona per litigare, ma per qualche ragione – precisa – era Silvana ad avercela con loro. E sì, non nascondeva di avere una pistola”. Ma al fatto che un giorno avrebbe davvero fatto fuoco con quella revolver, forse nessuno ha dato troppo credito.

Luigi Casati, 62 anni, metalmeccanico in pensione, è invece morto a pochi passi dall’androne di casa, freddato da tre colpi in volto e al petto; la moglie, 58 anni, ex dipendente in una ditta che produce fiale, è stata raggiunta da altri due proiettili mentre era inginocchiata accanto al corpo esanime del marito: uno l’ha colpita di striscio al fianco, l’altro le si è conficcato nella gamba destra procurandole una grave emorragia. Ricoverata all’ospedale Papa Giovanni di Bergamo, è considerata fuori pericolo.

Allo stato, l’accusa per Silvana Erzembergher è di omicidio volontario aggravato e tentato omicidio. La donna, sentita a lungo dai carabinieri e dal pubblico ministero Guido Schininà, pare abbia anche accusato un malore mentre si trovava in caserma.

Gianluca Rossoni, uno dei vicini, ha sentito molto bene i colpi di pistola: tre ravvicinati, intervallati da alcune urla, poi gli altri due. “All’inizio pensavo fossero dei petardi, poi ho visto Monica e Luigi distesi a terra – si limita a raccontare, visibilmente scosso -. Io e mia moglie abbiamo subito chiamato il 118 e ci siamo barricati in casa”.

 

 

Francesca Turiani, che abita nel palazzo accanto, ha visto con i suoi occhi la sparatoria: “Quando ho sentito gli spari sono uscita sul balcone e ho visto una signora che aveva l’arma in mano e la puntava contro l’uomo già a terra. Poco dopo è arrivata la moglie che si è accucciata su di lui, a quel punto ha sparato anche a lei un colpo alla gamba”.

 

 

Altri vicini raccontano di un precedente piuttosto significativo, avvenuto nell’estate del 2021. In quell’occasione la Erzembergher avrebbe inseguito Monica Leoni con un grosso bastone, non è chiaro se colpendola o meno all’altezza della spalla. Sul posto erano intervenute le forze dell’Ordine e una denuncia è stata depositata in caserma a Treviglio.

L’interrogativo che molti si pongono, ora, è il seguente: perché alla denuncia non è seguita la revoca del porto d’armi alla 71enne fermata per omicidio?

Secondo quanto ricostruito finora, nella querela Monica Leoni – per ragioni da chiarire – non avrebbe fornito ai carabinieri il nome esatto della vicina di casa. Un particolare sul quale sono in corso accertamenti.

Il motivo è chiaro: quella denuncia avrebbe potuto far scattare la revoca da parte della Prefettura del porto d’armi. Evitando – forse – la tragedia che si è consumata in tutta la sua efferatezza alle 7,40 di giovedì mattina.

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