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Il ricordo

Roberto Masotti: un grande fotografo, ma soprattutto un grande uomo di musica

Ricordare Roberto Masotti, fotografo di fama internazionale il cui nome è anche indissolubilmente legato alle vicende musicali, soprattutto jazzistiche, di Bergamo, è doloroso ma nel contempo confortante

Ricordare un amico appena scomparso non è facile, soprattutto se era un caro amico con il quale si sono condivisi tanti bei momenti.

Ricordare Roberto Masotti, fotografo di fama internazionale il cui nome è anche indissolubilmente legato alle vicende musicali, soprattutto jazzistiche, di Bergamo, è quindi per chi scrive doloroso ma nel contempo confortante, oltre che importante per tutti data la statura umana e professionale di chi si sta parlando.

Roberto Masotti si è spento nella notte di domenica scorsa: era nato a Ravenna nel 1947 e si era stabilito a Milano nei primi anni Settanta, insieme a Silvia Lelli, sua compagna nella vita di tutti i giorni come nell’arte della fotografia. Silvia e Roberto crearono in seguito il marchio Lelli & Masotti, diventando tra l’altro, per quasi vent’anni, fotografi ufficiali del Teatro alla Scala.

Con Roberto ci siamo conosciuti nei primi anni Ottanta, a Pavia, a un concerto al Teatro Fraschini del gruppo del trombettista Kenny Wheeler: a quell’epoca Roberto era anche – e lo sarebbe stato per molti anni ancora – l’ufficio stampa italiano di ECM, famosissima e prestigiosissima etichetta discografica tedesca che, per intenderci, ha in catalogo innumerevoli dischi di Keith Jarrett, Jan Garbarek e di un’infinità di altri artisti, incluso lo stesso Wheeler.

Da appassionato di musica quale ero da tempo, e agli inizi della mia attività giornalistica, il suo nome mi era già familiare: negli anni Settanta, Roberto era stato tra le firme, non solo fotografiche, di Gong, rivista di cui oggi non molti si ricordano ma che per una generazione di ascoltatori affamati di sonorità fuori dagli schemi è stata illuminante, fondamentale. Sempre in quegli anni Roberto realizzò, proprio a Bergamo, diverse foto che avrebbero poi fatto letteralmente il giro del mondo, comparendo su copertine di dischi, in libri e mostre. Alludo alle foto, diventate in breve iconiche, di Keith Jarrett del 1973 e dell’Art Ensemble of Chicago dell’anno dopo.

 

Roberto Masotti (foto Gianfranco Rota)

 

Quelle di Jarrett, scattate in Piazza Vecchia e dintorni, finirono sulle copertine di Treasure Island della Impulse! e di Solo Concerts – Bremen Lausanne di ECM, per poi confluire nel recente volume Keith Jarrett, a portrait edito da Sei per Sei.

Un altro lavoro cruciale di Roberto Masotti rimane la serie denominata You tourned the tables on me, 115 jazzisti d’avanguardia, ma anche esponenti di varie altre aree delle sonorità contemporanee, ritratti attorno a un vecchio tavolino.

Ma uno dei ricordi personali più intensi rimanda alla mostra Jazz Area, allestita nel 1999 a Pavia, nell’ambito della prima edizione della rassegna “Dialoghi: jazz per due” da me curata per 18 anni, e poi ripresa da Bergamo Jazz nel 2002.

Parlando ancora di Bergamo Jazz, Roberto è stato poi coinvolto nella mostra collettiva, con relativo volume, allestita dal festival nel 2017. Esattamente un anno fa è stato quindi ospite della seconda puntata della serie di video “Bergamo Jazz Memories”, girata sul palcoscenico del Teatro Donizetti. In quell’occasione, al nostro fianco e del percussionista Dudu Kouate, c’era Don Moye, batterista dell’Art Ensemble of Chicago. Fu un incontro ricco di emozioni, per chi scrive ma anche, mi auguro, per chi vorrà vedere o rivedere il video.

 

Keith Jarret

 

Questi sono alcuni degli episodi che, ancora a caldo, vengono in mente parlando di Roberto Masotti, non solamente un grande fotografo.

Sì, perché Roberto è stato innanzitutto un uomo di musica a tutto campo, una mente curiosa e visionaria che attraverso le sue immagini, ma anche installazioni e performance, ha saputo comunicare un’idea di musica senza preconcetti, spaziando dal jazz alla classica, dal rock alle sperimentazioni più radicali e audaci. Nel suo caso si deve quindi parlare di Musiche, riprendendo il titolo di un’altra sua bellissima mostra (e di Silvia).

Un’ultima concessione alla memoria personale: su una parete del mio studio è appesa una stampa di una foto dell’Art Ensemble of Chicago: era il 20 marzo del 1974, al Teatro Donizetti. Grazie Roberto per avermela regalata e soprattutto grazie per aver fatto dell’arte della fotografia un’arte del suono!

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