Grumello del Monte. Don Alberto Carrara dice di sentire ancora “sua” quella parrocchia. “Là sono stato per diciannove anni – premette prima di lasciarsi andare a qualche considerazione -. Non conoscevo Anselmo Campa, che forse non abitava a Grumello quando ci abitavo io. Ma conosco bene il condominio dove abitava, il circolino Arci dove si ritrovava con gli amici”.
Anselmo Campa è l’imprenditore di 56 anni ucciso a martellate lo scorso 19 aprile. Tra i motivi che avrebbero spinto il giovane Luca El Maccaoui (22enne nato in Italia da genitori marocchini) a togliergli la vita, ci sarebbe anche una Renault Clio che Campa aveva comprato e dato in uso a lui e alla figlia Federica, ai tempi del loro fidanzamento. Un’automobile comunque sempre rimasta intestata all’imprenditore e della quale avrebbe chiesto più volte conto a El Maccaoui, dopo che il 22enne si era lasciato con Federica (la quale da tre mesi si trovava in Egitto per lavorare come animatrice).
“Intanto, l’evidenza più impressionante: non solo si muore per poco (‘si muore per poco anche in questi giorni di incidenti sul lavoro e di incidenti stradali’, riflette il sacerdote) ma si uccide anche per poco. Basta una bega per pochi soldi e si rischia una gragnuola di martellate in testa”.
Ma ciò che impressiona più don Alberto è il fatto che, dopo aver ammazzato in quel modo Anselmo Campa, il giovane si sia recato in aeroporto a ricevere l’ex-fidanzata e abbia fatto le condoglianze alla ex-moglie della vittima. “Viene da chiedersi: ma questo ragazzo è capace di prendere sul serio la realtà in cui vive e soprattutto le persone che incontra? Amore e odio, legami e ammazzamenti feroci, per lui, possono tranquillamente convivere. Soprattutto – conclude il sacerdote – questo caso ci ricorda che nella nostra società ci sono degli anelli deboli. Sono quelli che si lasciano più facilmente suggestionare. Basta poco e passano subito all’azione. Generalizzando e moralizzando un poco, si potrebbe dire che sono venuti a mancare molti freni morali. A furia di protestare contro le reprimende morali, non si reprime più nulla. O, detto in altri termini, la cultura eccessivamente permissiva non dispone più dei motivi efficaci per dire che qualcosa non è permesso”.
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