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Lo spettacolo

Gifuni diventa la voce di Aldo Moro: nelle lettere della prigionia la scoperta del passato dell’Italia

Lo spettacolo, a conclusione di “Appuntamento con la Storia”, la nuova sezione della Stagione di Prosa e Altri Percorsi della Fondazione Teatro Donizetti, è un monologo che nasce dallo studio sulle lettere dalla prigionia e sul memoriale di Aldo Moro

“Sono un uomo di teatro e ho fiducia nei testi. Essi rivelano molto più di ciò che sono”, si è presentato così Fabrizio Gifuni, attore di teatro, cinema e tv, tra i più quotati del panorama nazionale, sul palco del Teatro Donizetti poco prima di andare in scena con lo spettacolo “Con il vostro irridente silenzio”.

Lo spettacolo, a conclusione di “Appuntamento con la Storia”, la nuova sezione della Stagione di Prosa e Altri Percorsi della Fondazione Teatro Donizetti, è un monologo che nasce dallo studio sulle lettere dalla prigionia e sul memoriale di Aldo Moro.

Roma, via Fani, 16 marzo 1978. L’auto che trasportava Aldo Moro dalla sua abitazione alla Camera dei deputati viene intercettata e bloccata da un nucleo armato delle Brigate Rosse. In pochi minuti, sparando con armi automatiche, i brigatisti uccido i due carabinieri a bordo dell’auto di Moro, Oreste Leonardi e Domenico Ricci, e i tre poliziotti che viaggiavano sull’auto di scorta, Raffaele Iozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi. Alle 9 e 2 minuti i rapitori fuggono con Aldo Moro, che diventa un prigioniero politico sotto processo nelle mani delle Brigate Rosse.

“Moro scrive incessantemente, giorno e notte – spiega Gifuni al pubblico poco prima di iniziare la lettura -. Moltiplica le parole su carta: scrive lettere, si rivolge ai familiari, agli amici, ai colleghi di partito, ai rappresentanti delle istituzioni; annota brevi disposizioni testamentarie. E insieme compone un lungo testo politico, storico, personale – il cosiddetto memoriale – partendo dalle domande poste dai suoi carcerieri. Le lettere e il memoriale sono le ultime parole di Moro, l’insieme delle carte scritte nei 55 giorni della sua prigionia: quelle ritrovate o, meglio, quelle fino a noi pervenute. Un fiume di parole inarrestabile che si cercò subito di arginare, silenziare, mistificare, irridere. Moro non è Moro, veniva detto. La stampa, in modo pressoché unanime, sconfessò le sue parole, mentre Moro urlava il proprio sdegno per quest’ulteriore crudele tortura”.

Fabrizio Gifuni

Una storia sicuramente complessa, dove i segreti di stato si intrecciano alle paure di un uomo e della sua famiglia. Ma tutto ciò che andava compreso e scoperto è stato percepito e interiorizzato grazie alla lettura ostinata dell’attore che dalla voce passa attraverso il corpo arrivando dritta alla curiosità dello spettatore.

C’è stata una vera catarsi, come la chiamavano gli antichi greci, un momento in cui le menti e gli animi si sono accesi, interrogati, che ha raggiunto l’apice negli ultimi istanti dello spettacolo: mentre Aldo Moro/Fabrizio Gifuni legge l’ultima lettera alla moglie, l’”adorata Loretta”, e si chiede se ci sarà luce dopo la morte, sullo sfondo compaiono gli “ex amici democrastiani” inginocchiati in chiesa, con la testa tra le mani, ai funerali di Moro.

Fabrizio Gifuni

Con questo spettacolo, Gifuni non solo ha dato prova di essere un artista all’altezza delle parole che ha letto, ma è anche riuscito a dare concretezza all’essenza più vera del teatro, non di certo un luogo di svago, ma una dimensione in cui crescere insieme come persone e come comunità. Chi assiste a “Con il vostro irridente silenzio” esce dal teatro più consapevole del proprio passato, presente e futuro.

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