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L'opinione

Vittorio Feltri riabilita i rom: “Non è vero che non lavorano e non vanno a scuola”

In un articolo apparso su Libero Quotidiano il giornalista più politicamente scorretto si lancia in un'analisi della condizione delle popolazioni nomadi in Italia

Il giornalista Vittorio Feltri riabilita i rom.  Suona strano, viste le posizioni considerate razziste manifestate dal direttore di Libero in diverse occasioni.

Come è noto, Feltri non ha certo peli sulla lingua e non si fa problemi ad utilizzare appellativi che generano indignazione nei più. E non si preoccupa nemmeno di esprimere le sue posizioni, spesso provocatorie, nei confronti di neri, musulmani, meridionali. Nel suo essere politicamente scorretto non risparmia certo le donne.

Eppure, in un articolo apparso su Libero Quotidiano, il direttore si lancia in un’analisi circa la condizione della popolazione rom e sfata alcuni luoghi comuni.

“Normalmente i cosiddetti nomadi indossano abiti sdruciti, abbastanza sporchi, cosicché il loro aspetto non è rassicurante e genera il sospetto in molti cittadini di trovarsi di fronte a uomini, donne e perfino bambini per nulla affidabili. Questi pregiudizi ormai si sono affrancati, anche perché una minoranza di zingari, essendo ridotta in miseria, si dedica ad attività illecite, borseggi, furti in appartamenti, addirittura spaccio di stupefacenti”, scrive Feltri.

La condizione in cui si trovano a vivere nei campi, definiti dal giornalista “ammassi di catapecchie, roulotte sgangherate, dove la cura e l’igiene non rappresentano regole rispettate”, genera l’idea che i rom “abbiano dato vita a bande di farabutti intente soltanto a commettere reati. In verità, la tendenza a delinquere si registra in ogni categoria sociale, come si evince esaminando le carte giudiziarie. E poiché i nomadi hanno le stigmate dei poveracci sono sospettati di essere più furfanti di altri abitanti della penisola che pure realizzano abusi benché prediligano il doppiopetto di sartoria”.

“Non è vero che i bambini e i ragazzi baraccati non frequentino in assoluto le aule dell’obbligo. Una grande quantità di questi si presenta, magari malconcia, negli istituti delle primarie e spesso delle secondarie – prosegue l’articolo -. Eppure, in questo settore, non disponiamo di una elaborazione statistica, in quanto manca il numero base, e cioè quanti siano in Italia i rom e i loro eredi. Questo rende impossibile una analisi accurata della questione legata all’educazione”.

“Si dà il caso che vari zingari campino ancora di espedienti, per necessità, il recupero dei ferri vecchi, per esempio, e altresì il furto non sono estranei alle loro “imprese”. Tuttavia una fetta di popolazione rom lavora regolarmente nelle imprese di pulizia, nelle stazioni di lavaggio automobili e in altri settori dove l’occupazione si trova non per vie ufficiali, sindacali. Ciò avviene perché il rom, essendo spesso riconoscibile dall’aspetto, non gradisce essere giudicato ‘speciale'”.

Ma, secondo Feltri, “il vero dramma è un altro. I campi di concentramento zingari sono ancora numerosi purtroppo perché nessuno della pubblica amministrazione se ne interessa fornendo a questa gente alternative decenti. La quale è oggetto non solamente di discriminazione ma addirittura di razzismo. Non è sempre stato così. Diciamo pure che la situazione è involuta e non di poco. Circa cinquant’anni orsono, quando scrivevo per la Notte di Nino Nutrizio, fui inviato al cimitero di Trescore Balneario (provincia di Bergamo) per descrivere un settore del camposanto riservato agli zingari. Osservando le tombe rimasi di stucco. Era una più ricca e curata dell’altra.
La più importante e sontuosa era quella del re degli zingari, sulla quale troneggiava la gigantografia del monarca. Quale sia lo status quo oggi è difficile dire, ma non è arduo informarsi per avere le idee chiare”.

E conclude: “I campi di sterminio nazisti erano gremiti di zingari, ma di queste vittime – chissà per quale oscuro motivo – non ci rammentiamo mai, quasi come se non fossero degne di nota. Un’ultima considerazione abbastanza curiosa. Nella comunità rom non si registrano femminicidi. Sarà proprio un caso?”.

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