Riceviamo e pubblichiamo la lettera di una mamma di 4 figli, e nonna di sei nipoti, da sempre impegnata in una parrocchia della città.
Cara Bergamonews,
Per Paolo, nella lettera ai Galati, “la libertà non è un vivere libertino, secondo la carne ovvero secondo l’istinto, le voglie individuali e le proprie pulsioni egoistiche; al contrario, la libertà di Gesù ci conduce a essere a servizio gli uni degli altri. La vera libertà, in altre parole, si esprime pienamente nella carità”.
Così mi sento di cominciare questa lettera che invio alla vostra redazione, con le parole di Papa Francesco dette, qualche mese fa, nella sua catechesi.
Poche righe ma che arrivano dritte al cuore e, per certi versi, fanno più male di uno schiaffo. Specie se le si associa a quanto sta accadendo in questo tempo moderno, specie se ci guardiamo in giro. Basta accendere la televisione o leggere i giornali per rendersi conto di come la pietas non appartenga praticamente più a nessuno, né ai grandi della terra, ancora impegnati a farsi la guerra, né all’uomo della strada che della riconoscenza e della misericordia non sa proprio che farsene.
E una cosa più di tutte mi ha fatto riflettere, il fatto che il buon cuore sembra essere stato estratto dal petto anche di chi, della carità, ha fatto la sua missione.
E mi riferisco alla triste vicenda del convento dei Celestini, a quel lascito che riporta chiare volontà, quasi come fossero scolpite nei muri.
Evidentemente i tempi sono cambiati e con essi anche il cuore dell’uomo che si è indurito, forse perché provato da mille situazioni che non siamo più in grado di gestire.
Forse non siamo più in grado, o non lo siamo mai stati, di mettere da parte gli interessi personali per quelli della collettività, forse ci piace sentirci appagati e con la coscienza a posto quando facciamo un’opera di bene. Sempre però, fine a se stessa.
Forse non sappiamo guardare più in là del nostro naso, non sappiamo più guardare con gli occhi del cuore.
Forse, e me lo chiedo, chi ha votato la sua vita alla caritas dovrebbe continuare a darci lezioni di vita.
Forse.
Oppure, più semplicemente, forse, tutti dovremmo prendere a monito le parole di Papa Francesco quando, citando l’apostolo dei Gentili, dovremmo tornare ad esserlo tutti. Gentili, buoni, caritatevoli, servizievoli nei confronti degli altri, capaci, di trarre il buono dalle occasioni anche brutte della vita.
Oggi si parla tanto, tantissimo di profughi, di grandi e piccini che scappano dalla guerra. Molti di loro sono ospiti della nostra terra. Ecco, potremmo prendere spunto da quanto il mondo ci sbatte in faccia per aprire le porte all’altro, tendendo una mano, spalancando il nostro cuore.
Certi che nella vita tutto torna.
E, anche se non tornasse, dormiremmo tutti sogni più tranquilli. Il sonno dei giusti.
Lettera firmata
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