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La lettera di intenti

Case di Comunità, a Bergamo anche il supporto di terzo settore e volontariato per la salute dei cittadini

Firmata una lettera di intenti che impegna gli aderenti a garantire, in un'ottica di sussidiarietà, il riconoscimento e la promozione del ruolo degli enti del Terzo settore e delle associazioni di volontariato, nella loro funzione complementare del prendersi cura delle persone e della comunità

Bergamo. L’ultima scommessa della sanità in Lombardia risponde al nome delle case di comunità, strutture socio-sanitarie integrate col Servizio Sanitario Regionale che si presentano come punto di riferimento continuativo per i cittadini che ne hanno libero e gratuito accesso.

Strutture polivalenti che garantiscono sia funzioni di  assistenza sanitaria primaria che attività di prevenzione, grazie alla contemporanea presenza di equipe di medici di medicina generale, pediatri, medici specialisti, infermieri e altri professionisti della salute (tecnici di laboratorio, ostetriche, psicologi, ecc.) che operano in raccordo anche con la rete delle farmacie territoriali.

Un progetto sul quale il territorio bergamasco si è mosso subito con grande decisione, arrivando già all’attivazione di tre strutture: in città in via Borgo Palazzo, a Calcinate e a Gazzaniga.

Merito di una sinergia forte che si è sprigionata sul territorio, una comunione di intenti che ora tutte le realtà coinvolte, dagli enti sanitari, ai comuni e al terzo settore, hanno voluto mettere nero su bianco.

La lettera di intenti siglata prevede che i firmatari si impegnino a garantire, in un’ottica di sussidiarietà, il riconoscimento e la promozione del ruolo degli enti del Terzo settore e delle associazioni di volontariato, nella loro funzione complementare del prendersi cura delle persone e della comunità.

“Oggi, tutti insieme, prendiamo un impegno sulle case delle comunità – ha sottolineato il direttore generale di Ats Bergamo Massimo Giupponi – Sette ordini professionali, 22 associazioni, tre distretti dei Comuni con la rappresentanza dei sindaci, la Fondazione della Comunità Bergamasca, le sigle sindacali Cgil, Cisl e Uil, l’Istituto Mario Negri, la Fondazione per la sicurezza e la sanità, Aler. Un progetto che nasce da un colloquio profondo tra il sistema sanitario e le amministrazioni comunali che hanno deciso di accompagnare lo sviluppo dei temi del Pnrr non guardandosi da lontano ma agendo insieme. Questo è l’unico territorio in tutta Italia in cui esiste un impegno reciproco per fare in modo che le misure della missione cinque (il Sociale) e della missione sei (la Sanità) siano raccordati il più possibile. Siamo di fronte a una dichiarazione di responsabilità reciproca, ma deve esserci un passaggio culturale per cui il “noi” ha la precedenza sull'”Io”. Dobbiamo essere consapevoli del fatto che possiamo raggiungere obiettivi solo se le nostre organizzazioni operano in collegamento con le altre. Ognuno deve fare il pezzetto di propria competenza, perchè il noi esalta le differenze se condividiamo percorsi e obiettivo finale”.

In provincia di Bergamo sono previste 21 case di comunità: oltre alle 3 già attive, nel corso del 2022 ne partiranno altre 10 (la prima a Grumello del Monte a maggio) e un ospedale di comunità, che al suo interno ha a disposizione venti posti letto per la degenza riservata ai pazienti in dimissione.

“Siamo solo all’inizio – ha continuato Giupponi – All’interno di ogni struttura si farà ciò che serve, integrando i servizi necessari per quello specifico territorio: quindi non tutte le case di comunità proporranno le stesse cose. Serve dunque un grande lavoro di studio sull’offerta attuale, sui registri di fragilità, sulle prestazioni sanitarie. Al momento tramite le case di comunità siamo arrivati a 180-200 segnalazioni dai medici di base verso i punti unici di accesso, alle quali ovviamente vanno aggiunti gli accessi spontanei”.

Un lavoro complesso che non è passato inosservato ai piani alti, dall’assessorato al Welfare di Regione Lombardia fino al ministero.

Ed è proprio il sottosegretario alla Salute Andrea Costa a tesserne le lodi: “A Bergamo si sta facendo qualcosa di molto importante e ricco di significato – ha detto in un videomessaggio – Le grandi sfide, come già dimostrato nei primi mesi della pandemia da questo territorio, si affrontano solo di squadra e ognuno deve essere messo nelle condizioni di far valere le proprie capacità.  Dobbiamo ridisegnare un sistema sanitario più vicino alle esigenze dei cittadini. La sanità non deve prendersi cura solo della malattia, ma anche della persona. Il coinvolgimento del terzo settore è un principio straordinario, quella sussidiarietà di cui tanto si parla, ma che oggi si concretizza. Spero sia da esempio per altre realtà del nostro Paese, nella piena consapevolezza che oggi dobbiamo mettere tutti nelle condizioni di dare il proprio contributo per i cittadini”.

“In questa città, che tanto ha sofferto – ha aggiunto la vicepresidente e assessore al Welfare Letizia Moratti – e che è stata capace, anche grazie all’insegnamento morale della sua storica rete di volontariato, di risollevarsi, la firma di questa lettera d’intenti, che valorizza il ruolo del Terzo settore e del Volontariato all’interno delle Case di Comunità, ha un grande valore simbolico. Il 25 febbraio sono venuta a Bergamo per inaugurare la prima Casa di Comunità. Successivamente altre Case ed Ospedali di Comunità si sono aggiunti in Lombardia. Sta prendendo forma quella rete territoriale che ci siamo posti l’obiettivo di costruire e che alla fine conterà 218 case e 71 ospedali di comunità. Il 40% sarà realizzato entro la fine di quest’anno. È un grande impegno economico che però per diventare efficace ha bisogno di una visione condivisa e della capacità di lavorare insieme: sindaci, operatori sanitari, medici e infermieri, operatori del terzo settore e volontari. La capacità di lavorare in team è fondamentale”.

Convinti della bontà del progetto anche tutti i direttori delle tre Asst territoriali: Beatrice Stasi, per il Papa Giovanni XXIII, Francecsco Locati, Bergamo Est, Peter Assembergs, Bergamo Ovest

Un importante ruolo di ricerca sulle politiche della salute è stato infine affidato all’Istituto Mario Negri: “Abbiamo già realizzato un progetto condiviso con la Regione per valutare il bacino di utenza nei territori in cui si trovano le case di comunità – ha spiegato il direttore Giuseppe Remuzzi – Vogliamo capire chi accede a questo servizio e se davvero ha rappresentato una soluzione. Ci piacerebbe coinvolgere tutti, vorremmo trasformare tutto questo in quesiti di ricerca nella pratica clinica per ottenere partecipazione maggiore di cittadini e professionisti nei processi della salute. Sarebbe bello poter dire quali bisogni sono stati affrontati e quali no, dove i professionisti collaborano e dove no, se è meglio che lo facciano oppure no. Partendo insieme all’inizio dell’attività delle case della comunità abbiamo davvero l’opportunità di valutarne l’impatto sul territorio”.

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