Bergamo. “Viviana Caglioni è deceduta in seguito alle lesioni riportate nella caduta provocata dallo spintone del suo fidanzato Cristian Michele Locatelli, che però non voleva ucciderla”. È questa in sintesi la motivazione con cui nel novembre scorso la Corte presieduta dal giudice Giovanni Petillo ha condannato a 18 anni di carcere il 43enne per la morte della ragazza, avvenuta il 6 aprile 2020.
Viviana si spense a 34 anni dopo una settimana di agonia, in seguito all’aggressione e allo spintone che provocò la caduta. Era il 31 marzo del 2020, in pieno lockdown, e i fatti si svolsero a casa Caglioni, una villetta malridotta di due piani in via Maironi da Ponte, nel quartiere cittadino di Valverde ai piedi di Città Alta.
La giovane donna, tossicodipendente come il suo compagno, spirò all’ospedale Papa Giovanni dove era stata ricoverata con segni di violenza all’inguine, all’addome, in volto, sulle labbra e alla testa.
A puntare il dito contro Locatelli lo zio della vittima, che la sera del 31 marzo era in casa con la coppia e la madre di Viviana, Silvana Roncoli: fin dai primi interrogatori Gianpietro Roncoli l’ha accusato di aver picchiato sua nipote per oltre mezzora e di essere stato a sua volta minacciato di morte quando cercò di intervenire.
Nei giorni scorsi sono state rese note le motivazioni della sentenza, in cui si legge, tra le altre cose, che “Locatelli non voleva ucciderla in quanto mosso da un senso di gelosia e possesso della compagna”. Parole che fanno discutere, in particolare il pm Paolo Mandurino: il magistrato ha annunciato che farà ricorso contro la sentenza nel tentativo di ottenere l’ergastolo di Locatelli.
L’uomo, dalla sua cella del carcere di Bergamo, continua a respingere le accuse parlando di una brutta caduta di Viviana, con problemi di tossicodipendenza, che avrebbe prima sbattuto contro un mobile e poi, forse, anche contro il muro. “Se ripenso a quella sera mi viene la pelle d’oca – le sue parole durante il processo – , l’ho vista a terra moribonda e nessuno voleva chiamare i soccorsi. Ricordo che suo zio disse in dialetto che se li avessimo chiamati, sarebbero intervenuti i centri sociali e avrebbero portato via tutto. A lui non interessava nulla di quella ragazza e di sua madre, infatti litigavano spesso”.
commenta