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Report 29 marzo/4 aprile

Covid, finito lo stato di emergenza ma non la pandemia: a Bergamo positivi in crescita del 7,4%

Pressoché stabili i pazienti ricoverati in Area Medica all’ospedale cittadino, salgono i decessi

Dopo il piccolo incremento registrato la settimana scorsa, un nuovo ribasso. A livello nazionale, negli ultimi 7 giorni i contagi certificati da tampone sono stati 479.644, in calo del 2,8% rispetto allo stesso periodo della settimana scorsa, quando ne avevamo contati 493.674. La variazione percentuale è minima, ma significativa dopo tre settimane di crescita. Media giornaliera 68.521 (da 68.716). Il tasso di positività medio è ora al 14,13% (era al 14,91%).

Stabile il numero dei test eseguiti, che si è ormai attestato su valori più che dimezzati (-57%) rispetto ai massimi toccati nella settimana epidemiologica 8-14 gennaio (7.705.857): del tutto inadeguato per tracciare correttamente la diffusione del virus che potrebbe, per l’ennesima volta in questi due anni, beneficiare di un bacino di replicazione silente a causa dei positivi asintomatici non rilevati con apposite attività di screening.

Tornano a crescere i decessi: questa settimana i morti sono stati 1.032, mentre lunedì scorso ne contavamo 973. Sarà importante osservare i numeri delle prossime settimane, perché la crescita dei contagi – rapidissima in quelle scorse – avrà un riverbero abbastanza plausibile sulla mortalità.

Lo stesso aumento si registra per i dati sull’impatto ospedaliero: i ricoveri nel periodo sono stati 10.241 (erano 9.496) nei reparti Covid; mentre quelli in terapia intensiva sono in lieve calo: 483 (erano 487 sette giorni fa).

Aumenta invece il numero dei nuovi ingressi in terapia intensiva che passa da 316 a 339. L’indice di occupazione nei Reparti Covid sale al 15,8% (precedente 14,6%). Stabile quello nei Reparti di Terapia Intensiva al 4,9%. I pazienti in isolamento domiciliare sono 1.263.581 (erano 1.244.073).

Scende la curva dei contagi: da 0,51 a 0,47. Sale il valore di Rt nazionale: da 1,14 a 1,2. Come l’indice di contagio ogni 100 mila abitanti: da 870 a 860.

Lombardia e Bergamo

Rispetto al dato nazionale, in Lombardia assistiamo a un aumento dei positivi, che passano da 56.594 a 57.856 (+1,6%).

Aumenta anche il numero dei ricoverati in Area Covid: sono 1.107 gli attuali (erano 967); mentre per quelli relativi alle Terapie Intensive si registra un lieve calo: da 47 a 45.

Incrementa invece il numero dei nuovi ingressi in T.I. che passa da 20 a 22.

In forza di questi numeri, scende l’indice di occupazione nei Reparti di Terapia Intensiva: dal 2,6% al 2,5% e sale quello relativo ai Reparti Covid, dall’ 9,2% al 10,6%.

Questa settimana aumenta il numero dei decessi: nel periodo sono stati 132 rispetto ai 123 del precedente.

Continua l’aumento per quanto riguarda gli attualmente positivi, ora 165.582 (153.586 la settimana scorsa), che va di pari passo con quello delle persone attualmente in isolamento domiciliare, che sono 164.430 (erano 152.572).

Risale leggermente l’incidenza dei casi ogni 100mila abitanti: da 560 a 580; così come l’indice medio settimanale di positività che passa dal 12,15 % al 12,26%.

Sale anche in provincia di Bergamo il numero dei nuovi casi: i positivi sono stati infatti 3.691 rispetto ai 3.437 del periodo precedente (+7,4%).

Rimangono pressoché stabili i pazienti ricoverati in Area Medica all’ospedale cittadino: nel periodo si è passati da 41 a 39, mentre quelli ricoverati in Terapia Intensiva sono 8 (+1).

Risale l’indice di contagio ogni 100 mila abitanti: da 310 a 336.

Nel periodo osservato si sono registrati 14 decessi, il doppio del precedente.

Finito lo stato d’emergenza, non la pandemia

Dopo due anni, quasi in sordina, è stato sciolto il Comitato tecnico scientifico. Un termine che abbiamo sentito parte della nostra quotidianità per diversi mesi. È un punto di svolta significativo. La fine dello stato d’emergenza sancirà nel giro di quattro settimane (a partire dal 1° maggio) anche lo stop a Green pass e mascherine. Con un parziale addio iniziato già il 1°aprile.
L’Italia si avvia insomma al ritorno alla normalità, o meglio alla convivenza con il virus che, comunque, continua a circolare ampiamente.

A complicare la situazione, nelle prossime settimane, sono in particolare due misure scattate dal primo aprile:

1) Il termine del periodo che obbligava le farmacie a offrire i test tampone con un prezzo calmierato, fattore che potrebbe far ulteriormente diminuire i tamponi totali.

2) L’apertura ai test “fai da te”, ovvero eseguiti a casa, che incorporano il doppio problema di una bassa affidabilità e di un quasi sempre scorretto modo di esecuzione (eseguire un tampone nasale può sembrare una banalità, ma non lo è: se fatto male, sarà sempre negativo).

Se a questi aspetti aggiungiamo il progressivo allentamento o abbandono delle misure di mitigazione (mascherine incluse), di fatto stiamo nuovamente costruendo un ambiente destinato a favorire la circolazione e le replicazione del Sars-CoV-2. Dando precocemente per chiusa la fase epidemica (difficile crederlo con circa 70.000 positivi “ufficiali” al giorno, senza contare quelli non rilevati) accettiamo di fatto un numero di casi giornalieri su livelli molto alti, con tutte le ricadute che abbiamo già visto e vissuto in questi anni di emergenza.

In sintesi:

1) È un buon momento per procedere ad allentamenti mirati, perché la somma tra persone vaccinate e immunizzate per via naturale è su livelli mai raggiunti in precedenza, quindi in grado di limitare le manifestazioni cliniche della malattia (e in misura inferiore il contagio).

2) È il momento peggiore per ritornare a una normalità completa o quasi, perché la circolazione virale resta molto sostenuta: se identifichiamo il prossimo autunno come momento a rischio per una nuova ondata epidemica sarebbe meglio arrivarci con numeri bassissimi, vista la capacità delle attuali varianti di generare milioni di casi in poche settimane.

Focus Cina

In Cina stiamo assistendo a uno scenario opposto. Da quando Omicron è arrivata nel paese, la strategia Zero Covid che aveva fatto di Pechino un esempio per tutto il mondo, si è riscoperta fragile. Troppo veloce, la diffusione di questa variante. Persino per le rigidissime misure cinesi, fatte di test di massa, quarantene e lockdown locali.

Così il Paese si è ritrovato nel mezzo del lockdown più grande dall’inizio della pandemia, perché il contagio è arrivato con forza a Shangai e ora coinvolge oltre 20 milioni di persone. Va detto che le autorità cinesi hanno fatto di tutto, questa volta, per evitare la chiusura. Anche perché Shangai è il motore economico del Paese. E i cinesi temono che questa paralisi possa destabilizzare l’economia nazionale.

Ma il numero di contagi, per un Paese che comunque ha deciso debellare il virus, senza conviverci come sta invece facendo l’Occidente, ha imposto le restrizioni.

Le scene sono quelle già viste. Per esempio, tutte le aziende all’interno delle aree di blocco devono condurre operazioni a porte chiuse o consentire al personale di lavorare da casa. Le società di servizi pubblici, come quelle che si occupano di acqua, elettricità, carburante, gas, comunicazioni, trasporti, forniture di carne e verdura, continuano a essere operative. I trasporti pubblici, compresi autobus, metropolitane, traghetti, taxi e auto che effettuano chiamate online, sono completamente sospesi durante il lockdown. Solo i veicoli speciali, come quelli per la prevenzione della pandemia o le ambulanze, sono ammessi sulle strade locali in aree chiuse

La Vaccinazione in Cina

In questa fase sarà anche utile verificare come funzionerà, e se funzionerà, la massiccia campagna di vaccinazione cinese. I numeri ufficiali dicono che in Cina 1,34 miliardi di persone hanno completato il ciclo di vaccinazione: l’87,9% della popolazione. I vaccini approvati e somministrati sono in totale sei, quattro dei quali a virus inattivato. E sono tutti diversi da quelli somministrati nei Paesi occidentali.

Secondo un articolo pubblicato da Nature, ad oggi cinquantadue milioni di cinesi di età superiore ai 60 anni non sono ancora state vaccinate completamente. Addirittura i più vulnerabili, quelli di età superiore agli 80 anni, sono i meno vaccinati, con solo il 20% che ha ricevuto il ciclo completo.

Inoltre, uno studio indica che il vaccino Sinovac, uno dei due principali vaccini usati in Cina, è efficace nel ridurre i casi gravi e i decessi, ma senza una dose booster non riesce a conferire alti livelli di protezione agli over 60.

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