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Il giornalista di repubblica

Caso Berizzi, 10 odiatori seriali alla sbarra: “Voglio giustizia e rispetto della Costituzione” video

Il presidente della Federazione Nazionale della Stampa Beppe Giulietti: "Ci costituiremo parte civile, la rete non è una zona franca dove si può insultare e minacciare chiunque, è ora di capirlo"

Bergamo. Partito il processo per diffamazione e minaccia a carico di 10 presunti “odiatori da tastiera”, che in diverse occasioni avrebbero preso di mira il giornalista di Repubblica Paolo Berizzi.

Accanto a lui il presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana Beppe Giulietti, il segretario dell’Associazione Lombarda Giornalisti Paolo Perucchini, che chiederanno, nell’udienza di smistamento, di costituirsi parte civile insieme con l’Ordine Nazionale dei Giornalisti Italiani.

“Aspetto questo giorno da tre anni e spero di vedere in faccia le persone che mi hanno rivolto insulti e minacce, anche di morte, nascondendosi dietro ad uno schermo”, dichiara Berizzi prima di entrare in aula.

I fatti in questione risalgono al 2019. Frasi ingiuriose, minacciose, postate nelle pagine social relative al libro “Nazitalia” scritto dal giornalista. “Eh Berizzi, Berizzi, dormi sereno, quando creperai tu non ti cagherà nessuno, nessuno di quelli che ti ha spalleggiato qui, nessuno in redazione, gli schiavi funzionali come te sono solo pagati per obbedire, nessun vincolo né rispetto, solo interessi. Sparla e rosica, non sarà l’ultima coreografia, piccolo essere”. E ancora offese: “Berizzi è un infame che passa la vita a sparlare dei morti e a fotografare di nascosto i vivi”.

L’inviato di Repubblica, conosciuto soprattutto per le sue inchieste sul neofascismo, vive sotto scorta da tre anni,  e da un altro imputato viene definito  “sciacallo e pennivendolo”. Un altro: “Che miserabile sei, gente come te non dovrebbe avere il diritto di fare un lavoro come il tuo”.

I procedimenti aperti in tutta Italia che vedono Berizzi vittima dell’odio social, sono 16: “Sono militanti di estrema destra, fascisti, ultras delle curve nere. Gente che si nasconde dietro ad una tastiera: in gruppo fanno i leoni ma poi, presi singolarmente, diventano agnelli. In questi mesi infatti hanno provato a scrivere lettere, ad accampare scuse creative per evitare di andare alla sbarra. Ma io non mi fermo, vado fino in fondo. Voglio giustizia, non solo per me e per tutti coloro che mi sostengono oggi, ma anche perché credo che la Costituzione Italiana vada rispettata, una Costituzione antifascista e antirazzista”.

Il presidente della Fnsi Beppe Giulietti dichiara: “La rete non è una zona franca ed è ora di capirlo, non si può insultare chiunque, non si può minacciare. Nei confronti di Berizzi, come nei confronti di Liliana Segre, ci sono state vere e proprie minacce e diffamazioni, come se in rete fosse tutto concesso. Quindi questo è un processo che ha una assoluta valenza nazionale nella speranza che sia ora e tempo di porre un limite, perché non si tratta solo di minacce contro Berizzi ma contro decine di croniste e cronisti attaccati da odiatori di professione. È un attacco all’art. 21 della Costituzione, al diritto di cronaca e alla libertà d’informazione, ci sono donne e uomini sottoposti  a campagne quotidiane di aggressione, molte dei quali sono colleghe e colleghi precari”.

Presente in aula, un solo imputato che dichiara ai microfoni: “È la prima volta che vedo questo signore. Io non ho fatto nulla, non ho niente da nascondere”.

Prossima udienza il 12 luglio.

 

Processo Berizzi

 

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