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La criminologa

“Possessività, narcisismo, paura dell’abbandono”: cosa può aver scatenato il killer di Carol Maltesi

Martina Di Mattia: "Non si è trattato di un raptus. Non esistono passioni così forti da cancellare completamente la nostra capacità di controllo dell’aggressività"

Martina di Mattia, psicologa e criminologa clinica bergamasca, parte da una premessa. “Non ho visionato nessun atto e alcuna documentazione relativa al caso e mi sto basando sulle informazioni apprese dai media. Ritengo però che alla base dell’omicidio di Carol Maltesi non ci sia stato un ‘raptus’ e nemmeno di un gioco erotico finito male” come sostenuto dal reo confesso Davide Fontana. “Spesso – aggiunge – il delitto viene visto come il prodotto di una ‘gelosia malata’, che porta l’aggressore alla perdita del proprio autocontrollo. In realtà, il controllo e la gestione dell’aggressività sono tra le prime regole sociali apprese dall’essere umano. Non esistono passioni così forti da cancellare completamente la nostra capacità di controllo dell’aggressività, impeti che possano addirittura farci commettere un omicidio sono più unici che rari. Infatti, nella maggior parte dei casi dei femminicidi, gli assassini non sono malati psichiatrici o incapaci di intendere e di volere. Spesso la possessività, i tratti dominanti-narcisisti, la paura dell’abbandono possono portare a compiere crimini efferati come quello di Carol”.

Questo il parere dell’esperta sull’efferato delitto della 26enne attrice hard conosciuta con lo pseudonimo di Charlotte Angie, i cui resti sono stati trovati domenica 20 marzo in un dirupo a Paline di Borno, in Val Camonica, nel Bresciano, al confine con la provincia di Bergamo.

Davide Fontana, 43enne impiegato di banca, ha confessato di averla uccisa, svelando ai carabinieri i dettagli del brutale fatto. Dopo l’uccisione si è disfatto del cadavere sfigurando il viso della donna, facendola a pezzi e lasciando per mesi i resti nel congelatore prima di liberarsene.

Dottoressa di Mattia, ancora una volta la vittima è una donna e l’omicida un uomo. Cosa spinge a uccidere, tagliare a pezzi e abbandonare il corpo di una donna?

Purtroppo siamo di fronte all’ennesimo caso di femminicidio, negli ultimi anni stiamo assistendo a un aumento esponenziale di tale fenomeno e tutto ciò è davvero allarmante. Dai report della Polizia emerge che nell’anno 2021, nel nostro Paese, sono stati commessi 295 omicidi, con 118 vittime di sesso femminile di cui 102 uccise in ambito familiare-affettivo e di queste, 70 sono state uccise dal partner o dall’ex partner. Da quanto riportato dai mass media, pare che tra la vittima e il suo carnefice ci sia stata una breve relazione. Non è dato sapere il motivo della rottura, ma tanti sono i punti da chiarire, non escludo che l’uomo volesse controllare ed esercitare il potere sulla vittima. In questa tipologia di delitti, non è infrequente la presenza di criminogenesi e di strutture personologiche improntate a fattori quali la prepotenza, la possessività, l’arroganza magari compensatoria, forse dettata da panico di fronte alla prospettiva dell’abbandono, ma in ogni caso fondata sulla mancata considerazione dell’altro con i suoi diritti e le sue esigenze. Lo smembramento del corpo aveva con molta probabilità lo scopo di rendere irriconoscibile la vittima e occultarne così più facilmente il cadavere.

Cosa può essere scattato nella testa dell’omicida?

In questo caso la motivazione non è di natura materiale, ma di tipo psicologico e quindi espressivo. In questi casi l’affermazione del proprio potere è spesso la causa del delitto, un potere che spesso viene esercitato per difendere una fragile autostima.

Secondo lei si è reso conto dell’efferatezza di questo delitto?

Penso di sì, pare abbia predisposto e messo in atto un’intricata strategia di occultamento del cadavere.

La tempistica ha un ruolo importante. Com’è possibile aver conservato il corpo in freezer per diverse settimane?

A mio parere si tratta di un assassino organizzato, dopo aver commesso l’efferato omicidio, ha pensato a un piano per disfarsi del cadavere della vittima. La sua lucidità non l’ha mai abbandonato nemmeno le settimane successive al delitto durante le quali ha pagato l’affitto di casa della vittima e ha risposto ai messaggi che la ragazza riceveva sul suo telefono cellulare da parenti e amici, il tutto per non destare alcun sospetto e depistare le indagini.

Anche il luogo in cui è stato abbandonato il cadavere è curioso. Averlo lasciato in un luogo remoto, in mezzo alla natura, che significato può avere?

Il luogo in cui è stato ritrovato il cadavere della vittima dista a più di un centinaio di chilometri dal luogo in cui si è consumato il delitto, è probabile che Davide Fontana, non essendo riuscito a disfarsi del corpo carbonizzandolo, abbia scelto un luogo a lui noto, distante da Rescaldina ma allo stesso tempo sperduto, come dichiarato dall’uomo che ha ritrovato il corpo. I sacchi contenenti le parti del corpo non sono stati ritrovati tanto distanti dal ciglio della strada, probabilmente deve essersene sbarazzato frettolosamente per timore di essere visto.

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