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Il caso

Convento dei Celestini, Italia Nostra alla Soprintendenza: “Bergamo non può perdere così un pezzo di storia”

"Preoccupati del forte rischio di banalizzare l’uso (magari residenziale o commerciale) di un complesso che è stato luogo di preghiera, poi divenuto luogo di assistenza e di servizio alla città"

Continua a tenere banco il caso della messa in vendita del complesso dell’ex Convento dei Celestini a Bergamo: dopo l’intervento del Fai, è ora la sezione bergamasca di Italia Nostra, l’Associazione nazionale per la tutela del patrimonio storico, artistico e naturale della nazione, a portare il tema all’attenzione della Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio per le province di Bergamo e Brescia.

“In relazione a diversi articoli comparsi sulla stampa e di segnalazioni allarmate di nostri soci, richiamiamo l’attenzione di codesta Soprintendenza sulla notizia relativa alla messa in vendita del complesso chiesa e convento dei Celestini situato nel quartiere di Borgo Santa Caterina a Bergamo.

È unanimemente riconosciuto e sancito dal vincolo culturale in essere il valore storico, architettonico, religioso e sociale di tale complesso.

Peraltro ci risulta che su questo immobile gravi anche un impegno testamentario relativo alla destinazione d’uso sociale del donatore all’attuale proprietà (Suore Sacramentine).

Ebbene la nostra preoccupazione non è solo relativa agli interventi edilizi che la nuova proprietà potrebbe realizzare (e che necessitano comunque di un controllo autorevole da parte di codesta Soprintendenza) ma anche dello svilimento dell’uso che la proprietà ne potrebbe fare.

Un rischio che, tanto per esemplificare, il complesso di Astino ha corso negli anni ’80. Non vorremmo quindi che le intenzioni testamentarie del lungimirante benefattore Lodovico Goisis e tutta la precedente storia di questo luogo così significativo per Bergamo andassero in fumo solo per garantire lavori di manutenzione che, probabilmente è vero, le suore non possono permettersi.

Ma anche la città di Bergamo non si può permettere di perdere un pezzo di storia.

Non è un caso che nel 2016 anche il FAI lo inserì nei luoghi del cuore proprio per la continuità d’uso di funzioni assistenziali e sociali nonostante l’espansione urbanistica nell’intorno. Cerchiamo altre soluzioni facendo leva anche sui vincoli esistenti e sull’interesse che la città manifesta per questo luogo, perché non venga stravolto con vendite inopportune che costituirebbero un vulnus inaccettabile.

Ci appelliamo quindi ad un vostro autorevole intervento per scongiurare questo rischio. Nel contempo chiediamo se, comunque, la vendita di un bene vincolato come questo sia soggetto ad autorizzazione da parte della Soprintendenza e quali siano i casi in cui può essere non autorizzata.

Rimaniamo a disposizione per qualunque tipo di contributo necessario da parte della nostra Associazione”.

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