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Il giallo

Ricerche col drone nel dirupo tra Borno e Azzone, dove è stato trovato il cadavere della donna

Gli inquirenti cercano un indizio, un minimo elemento che possa indirizzare l'indagine: nessun riscontro dalle impronte digitali

Le indagini sul cadavere della donna fatta a pezzi e ritrovata al confine tra Borno e Azzone, tra le province di Brescia e Bergamo, vanno avanti senza tralasciare alcuna ipotesi: gli inquirenti, guidati dalla pm Lorena Ghibaudo, stanno cercando anche il minimo indizio, un elemento che li possa indirizzare verso una prima pista per provare a ricostruire i dettagli di un omicidio efferato che sta sconvolgendo questo territorio a metà tra l’alta Val Camonica e la Val di Scalve.

L’attesa per il risultato del confronto tra le impronte digitali rilevate sul corpo dall’Istituto di Medicina Legale di Brescia e quelle contenute nella banca dati si è rivelata vana: la consultazione ha dato esito negativo e dunque ancora nulla si sa di quella donna, di età apparente compresa tra i 35 e i 50 anni, che ignoti hanno dissezionato in 15 pezzi e reso irriconoscibile in volto con dell’acido o del fuoco, prima di metterla in alcuni sacchi neri e abbandonarla non lontano dalla strada che attraversa i boschi di Paline. 

Il dirupo dove un allevatore della zona li ha notati nella mattinata di mercoledì è stato fatto sorvolare da un drone, per capire se in quella zona impervia possano essere rimasti elementi che potrebbero rivelarsi utili all’indagine. Su quel punto esatto non è puntata alcuna telecamera, anche se altre più lontane lungo la Strada provinciale 5 potrebbero aver catturato immagini preziose.

Ma perchè l’assassino ha scelto di lasciare quei sacchi a pochi passi da una piazzola di sosta quando, qualche metro più in là, il terreno presenta uno strapiombo ben più alto e pieno di rovi che sicuramente avrebbero reso più complicata l’individuazione?

Non conosce bene la zona? Voleva forse che venissero ritrovati? La paura di essere scoperto lo ha spinto a lasciarli nel punto esatto dove, presumibilmente, si è fermato con il proprio mezzo? O, al contrario, era talmente sicuro di come aveva agito da non temere che gli inquirenti potessero risalire all’identità della donna?

Interrogativi che da giorni assillano procura, carabinieri e abitanti della zona: non è escluso che il cadavere possa essere stato conservato in un luogo sicuro per diverso tempo, in attesa magari di comprendere le eventuali reazioni suscitate dalla scomparsa della donna, prima di procedere con l’abbandono.

Di pari passo continuano anche gli esami autoptici sui resti della povera donna, alla quale è stato prelevato anche il dna, non troppo alta e di corporatura minuta: un dettaglio, questo, che ha fatto escludere che il cadavere potesse essere quello di Souad Alloumi, la 29enne di origine marocchina scomparsa nel 2018 e per l’omicidio della quale il marito è stato condannato all’ergastolo.

Un nome che era emerso in quanto sarebbe lei l’unica donna che risulta ufficialmente scomparsa nelle province di Brescia e Bergamo: possibile, quindi, che si possa trattare di una persona non regolare o non registrata sul territorio nazionale, o trasportata fino al luogo del ritrovamento da molto lontano.

L’indagine riparte ancora da lì, da quel dirupo e da quel poco di noto che finora c’è: come quelle unghie lunghe e smaltate di viola.

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