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Viste da vicino

Rosa, Roberta, Tetyana, Anna… perché le donne non fanno la guerra

Le donne si muovono in silenzio e non hanno bisogno come gli uomini di carri armati sulle cartine di Risiko. Le donne non fanno la guerra perchè da sempre sono chiamate a generare la vita. E anche quando non sono madri, non dimenticano quel loro ruolo di esserlo: portatrici di vita

Rosa non l’ho mai conosciuta di persona. Non so nemmeno che voce abbia. Eppure è sempre stata presente nel viaggio umanitario che da Telgate ci ha portato a Uzhhorod, nell’Ovest dell’Ucraina, dove si rifugiano migliaia di profughi dopo l’attacco militare russo.

Rosa è la moglie di Tarcisio Ravelli che ha guidato il gruppo di 11 volontari della Protezione Civile Ana di Telgate. È lei che ha preparato una borsa con la termos del caffè, i biscotti, le barrette energetiche e il cioccolato. È lei che chiamava periodicamente per sapere dove fossimo, come stava andando, se tutto stava procedendo per il verso giusto.

Una Penelope moderna che attende a casa. Non per questo una figura minore, anzi. Tutt’altro. È stata lei a muoversi accanto a Roberta, la figlia di Ravelli, per raccogliere il materiale da inviare in Ucraina. È lei che aspettava tutti a pranzo domenica.

L’altra donna del gruppo è Tetyana, 48 anni. Pronta a prendere in mano il volante del furgone, scrupolosa nei controlli dei documenti di viaggio delle persone e dei mezzi. Interprete e mediatrice, perennemente al telefono con mezzo mondo e pronta a risolvere qualsiasi cosa avesse il nome di problema. Ha riportato a casa, in Italia, il papà Vassili.

Poi c’era Anna, il nostro aiuto alla dogana tra l’Ungheria e l’Ucraina. È lei che ci ha aperto la mensa a notte fonda per un piatto caldo, è lei che ci ha guidato al magazzino per depositare il materiale raccolto, è lei che ci ha aperto le porte di casa per farci dormire tutti insieme perché non c’era albergo o casa libera, ogni edificio era occupato dalle migliaia di profughi. È ancora Anna che si è alzata a preparare il caffè a tutti noi, mentre ha servito le crocchette al gatto e sistemato il lavandino di casa.

Le donne, ragazzine e mature, le ho viste impegnatissime nella mensa di Uzhhorod: ogni giorno preparano 10 mila pasti ai profughi. Le più giovani siedono accanto ai bambini e giocano con loro per distrarli, altre sono impegnate in cucina, altre ancora confezionano sacchetti di cibo da recapitare ad anziani e disabili bloccati in casa.

Le donne non fanno la guerra, mandano semplicemente avanti il mondo. Non necessitano di confronti militari per dimostrare il loro valore.

Su quel tavolone immenso di Vladimir Putin ci sarebbe stata come minimo una caffettiera. O una tazza di tè e una fetta di torta. Perché, anche nelle trattative più difficili, le donne non smettono mai di essere tali: severe ed attente, ma pur sempre generose verso chi hanno di fronte.

Ho cercato nei libri di testo qualche regina vigliacca che abbia invaso o provocato guerre. Solitamente, se c’era una donna al comando di un regno c’è sempre stata un’alleanza, un’intesa. Quando e dove hanno governato le donne, nella Storia, le popolazioni a loro affidate hanno sempre vissuto tempi di progresso e di prosperità.

Prendete Hatshepsut (XV secolo a.C.) che fu la prima donna sovrano d’Egitto. Pensate: ha governato in un tempo in cui non esistevano nemmeno i vocaboli per riferirsi a un faraone donna. Eppure incoraggiò arti e commerci, dando slancio all’economia e all’istruzione. Cleopatra (69-30 a.C.) non fu da meno, parlava diverse lingue e poche volte necessitava di un interprete per comprendere i dialetti.

Teodora di Bisanzio (497-548) moglie dell’imperatore d’Oriente Giustiniano I, regnò al fianco del marito, con pari dignità e potere decisionale. Documenti dicono che in molte occasioni fosse la “mente” di importanti decisioni politiche e fu promotrice di molte leggi a tutela delle donne.
L’elenco è lungo e comprende anche l’Imperatrice Suiko (554-628) in Giappone o la potente Wu Zetian (624-705) in Cina, l’unica ad aver fondato una propria dinastia, la dinastia Zhou. Si potrebbe continuare. Gli esempi non mancano.

Oggi in Europa ci sono tre donne ai vertici: Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione europea; Roberta Metsola, Presidente del Parlamento Europeo e Christine Lagarde, Presidente della Banca centrale europea. Nelle trattative ufficiali scendono in campo gli uomini, perché devono dimostrare la loro forza. Ma state certi che queste tre donne stanno facendo moltissimo e non devono apparire su cannoni o con gli elmetti per dimostrarlo, e nemmeno in televisione. Sanno benissimo degli sgarbi che possono far loro certi capi di stato, anche solamente e semplicemente facendole accomodare in un soggiorno o scordandosi di dar loro la mano.

Prendete Iryna Vereshchuk, vicepremier e ministra per la reintegrazione dei territori ucraini temporaneamente occupati. Ogni giorno sui social dà informazioni sullo stato dei corridoi umanitari, fa il punto sulle vittime del conflitto, sulla situazione nelle varie città assediate, sulle difficili situazioni dei civili.

Sullo sfondo del Vecchio Mondo c’è poi una regina, Elisabetta II, 95 anni, che per garbo e ruolo non può esporsi o prendere posizioni. Ma manda messaggi chiarissimi. Nel ricevere il presidente del Canada, Justin Trudeau, nei giorni scorsi, si è fatta immortalare davanti a un mazzo di fiori azzurri e gialli, i colori della bandiera di Kiev. Così come la regina Letizia di Spagna si è presentata ad un evento con una camicia dai ricami che si ispirano al costume tradizionale ucraino.
Ma non fatevi distrarre. Sono solamente segnali, seppure ben calibrati.

Le donne si muovo in silenzio e non hanno bisogno come gli uomini di carri armati sulle cartine di Risiko.
Le donne non fanno la guerra perchè da sempre sono chiamate a generare la vita. E anche quando non sono madri, non dimenticano quel loro ruolo di esserlo: portatrici di vita.

Hanno in loro la vita, conoscono perfettamente l’attesa, vivono l’impegno e la dedizione per la cura, sanno il sapore amaro delle lacrime date dall’ingratitudine dei figli, patteggiano ogni giorno con chi le considerano minori nei diversi campi e nelle più disparate prove.

Le donne sono la vita: non potrebbero mai giocare con la morte. Per questo non fanno la guerra.

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