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La storia

Rossella Guida: “Non potevo permettere che l’agenzia investigativa di mio padre finisse con lui”

Rossella Guida, penalista e agente investigativo, a capo della Guida & Canino Investigazioni

Era il 2018 e Rossella Guida, allora trentenne, dopo la laurea in Legge all’Università Cattolica di Milano aveva iniziato ad esercitare come avvocata penalista. Il suo lavoro le piaceva, e mai avrebbe pensato che di lì a poco tutto sarebbe cambiato.

Il papà – già comandante della Stazione dei Carabinieri di Capriate e fondatore dell’omonima Agenzia di investigazioni (Guida & Canino) – si ammala gravemente e i tre figli si trovano di fronte ad una scelta: chi si sentiva di cambiare vita e diventare investigatore privato?

“L’agenzia investigativa è nominale – ci racconta Rossella – se muore il titolare, cessa di esistere. La licenza per esercitare la professione è rilasciata dalla Prefettura che verifica sia i titoli del richiedente, cioè gli studi compiuti, sia la presenza di requisiti personali, come la rispettabilità e l’onorabilità, oltre all’assenza di precedenti penali. Rispetto ai miei fratelli – l’uno avvocato e l’altra giornalista – io avevo già un po’ di dimestichezza con il lavoro, quanto meno per l’aspetto amministrativo perché durante l’università aiutavo mio padre con la contabilità. Così, mi sono fatta avanti e ho deciso di cambiare vita. Ora, con il socio che scelse mio padre, Ezio Canino, gestisco l’agenzia di investigazioni”.

Mentre il papà era in ospedale, ormai in fin di vita, Rossella ha stretto i denti e si è buttata a capofitto nell’impresa. “Non c’era tempo da perdere. Sono partita per Roma, dove ho seguito un corso di perfezionamento teorico-pratico in investigazioni private, pubbliche, sicurezza, psicologia e materie giuridico-economiche; dopodiché ce l’ho fatta: mi è stata riconosciuta la licenza investigativa”.

Il papà di Rossella è mancato di lì a poco.

Rossella ha ereditato dal papà anche una società di sicurezza non armata che si occupa di servizi di portierato e sicurezza sussidiaria. “Con gli adempimenti Covid-19, controllo degli accessi aziendali, misurazione della temperatura corporea e controllo di Green pass. Abbiamo dovuto adattarci ad una modalità di lavoro completamente diversa da quella che conoscevamo e abbiamo dovuto fronteggiare anche la preoccupazione – tutt’altro che indifferente – di continuare a far lavorare (legittimamente) gli operatori nonostante la difficilissima situazione sanitaria (e direi anche familiare) di tutti”.

“È stata dura raccogliere il testimone di entrambe le attività e tenere il ritmo. Non ho smesso di studiare; avevo bisogno di capirne di più di economia e comunicazione e mi sono iscritta al master Go.In della Camera di Commercio di Bergamo con l’Università di Bergamo. Fosse stato per me mi sarei iscritta anche ad una seconda laurea…”.

Ma cosa fa un investigatore privato? “Ci occupiamo di investigazioni familiari e aziendali tra cui, prevalentemente, presunti tradimenti, sviamento della clientela o finte malattie professionali. La mia solida formazione giuridica e penale unita alla lunga esperienza investigativa di Ezio, anche lui ex carabiniere come papà, è la combinazione perfetta per il nostro lavoro: così delicato, che richiede precisione, dedizione, grande professionalità. Le persone che si rivolgono a noi spesso ci chiedono cose che però non è possibile fare. Un’ottima conoscenza del Codice penale e la capacità di spiegare e far comprendere cosa è lecito e cosa non lo è, è indispensabile. Noi interveniamo solo se esiste una motivazione giuridica come, per esempio, l’infedeltà coniugale, un dubbio sul comportamento di un dipendente che ha presentato un certificato medico che si mette in dubbio o che si presume svolga un altro lavoro non compatibile. Non c’è mandato investigativo senza un presunto diritto da tutelare. Sia chiaro: non è possibile, senza alcun motivo, far pedinare una persona (reato di stalking, ndr), violare la privacy leggendo messaggi personali sul cellulare o altro tipo di corrispondenza o installare microspie in casa del coniuge che si presume infedele. Chi compie questi atti al di fuori dalla legge, sia chiaro, commette un reato”.

Pedinamenti, appostamenti di ore per verificare spostamenti e incontri, travestimenti e telecamere pronte a scattare fotografie che non lasciano spazio a dubbi: sono questi gli strumenti del mestiere dell’investigatore privato. Indagini condotte con assoluta discrezione, dissimulando il più possibile.
“Mio padre – racconta Rossella – quando ero piccola mi portava spesso con lui nei pedinamenti. Un papà con bimba al seguito non è esattamente l’immagine che si ha dell’investigatore privato, quindi può essere più efficace, non dà nell’occhio”.

Un lavoro che Rossella ha sentito sempre più suo, giorno dopo giorno. “Anche se non è così compatibile con le esigenze di una famiglia. Ho una bimba di due anni e mezzo e un marito che con me ha condiviso questa scelta. Senza una forte condivisione delle responsabilità familiari sarebbe impossibile. Il mio cellulare è sempre acceso, anche di notte”.
Anche l’investigatore privato cerca di conciliare vita e lavoro. “Al momento – ci dice Rossella – cerco di non occuparmi più in prima persona dei pedinamenti che potrebbero, per esempio, dover essere effettuati di notte o nelle festività, nel tentativo, che si costruisce giorno per giorno di rendere questo lavoro compatibile con una vita famigliare il più possibile normale”.

I pregiudizi di genere non mancano anche in questo settore. “Non nascondiamoci dietro ad un dito: una giovane donna investigatrice è poco credibile: se mi presentassi ai clienti da sola avrei molte meno chance di concludere il mandato. Per fortuna il lavoro d’agenzia non è solo quello ‘sulla strada’. Siamo chiamati a raccogliere informazioni rilevanti che entrano in fascicoli giudiziari e vengono utilizzati nei procedimenti. Passo molto del mio tempo a scrivere i report dell’attività, che devono essere molto curati, precisi. Governo molto bene la materia legale e mi muovo perfettamente tra Codici e norme. Un report curato può fare la differenza in un processo sia che si tratti di una separazione giudiziale che in materia di lavoro. La parte principale del mio lavoro è questa, insieme alla gestione commerciale, organizzativa e amministrativa di entrambe le società”.

Quanto costa documentare un tradimento? Difficile dirlo così; dipende da molti fattori, tra cui l’area geografica da controllare e il tempo da dedicare alle indagini. Il mio collega, per esempio, recentemente durante un pedinamento è arrivato in Slovenia. Poi c’è la reportistica, che richiede alte competenze. Quando riceviamo il cliente, valutiamo insieme a lui il budget. Diciamo che, in linea di massima, per partire con le indagini bisognerebbe mettere in conto un investimento di almeno 1.500-2000”.
“Elementare, Watson”.

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