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Cinema

La recensione

“Inventing Anna”: la diabolica storia vera della truffatrice Anna Sorokin

Una sedicente ricca ereditiera russo-tedesca viene arrestata con l’accusa di aver ingannato molte personalità note di New York guadagnando milioni di dollari

Titolo originale: Inventing Anna
Ideata da: Shonda Rhimes
Durata: 9 puntate da 65’ circa
Genere: Drammatico
Interpreti: Julia Garner, Anna Chlumsky, Arian Moayed, Katie Lowes, Alexis Floyd, Anders Holm
Programmazione: Netflix
Valutazione IMDB: 6.9/10

Vivian Kent (Anna Chlumsky) è una giovane giornalista d’inchiesta che sta indagando sul caso di Anna “Delvey” Sorokin (Julia Garner), celebre erede tedesca invischiata fino al collo negli ambienti dell’alta società borghese di New York.

La Delvey è furba, scaltra e molto attraente e per questo, oltre ai cuori dei vip della Grande Mela, è in grado di appropriarsi dei loro soldi con una maestria degna del miglior Lupin. In attesa che si apra il processo a suo carico, Vivian forma un singolare sodalizio con Anna, alternando momenti di forte ostilità ad altri di grande rispetto, nel tentativo di scoprire chi davvero sia la signorina Delvey.

Miniserie del 2022 prodotta da Netflix e ispirata alla vera storia di Anna Sorokin, “Inventing Anna” è la trasmissione più in voga del momento, capace in poco più di un mese di dominare le classifiche digitali di tutto il mondo.

Partendo dall’articolo del New York Magazine “How Anna Delvey Tricked New York’s Party People”, traducibile in “Come Anna Delvey ha ingannato la gente di New York”, la serie racconta l’incredibile storia di una delle truffatrici più diabolicamente ingegnose della nostra epoca, nascondendo al contempo dietro alla sua figura un tremendo dramma umano e sociale.

Inventing Anna

 

Cosa pensereste se vi dicessero che per qualcuno è stato possibile vivere nel lusso più sfrenato senza avere alcun genere di patrimonio e campando sulle spalle di altre persone? Follia? Fantascienza? Sogno? Può darsi, ma certo non basterebbe una pagina intera per descrivere tutte le sfumature di un individuo che, grazie ad una storia ben confezionata e recitata ancor meglio, è riuscita ad accerchiarsi di persone deboli e vulnerabili, sempre pronte a fare qualsiasi cosa per lei.

Dopo il successo planetario (e forse anche di più) di “Grey’s Anatomy”, Shonda Rhimes presta la sua penna geniale al colosso di Netflix che, al netto di un finanziamento importante, guadagna uno show unico nel suo genere, capace di far empatizzare lo spettatore con una protagonista sempre più spietata ma al contempo facendolo riflettere su quanti rapporti di tipo “Anna Delvey” ha avuto o ha ancora nella sua vita, perché in fondo non è poi così difficile essere sfruttati da persone malvagie durante i propri momenti di profonda fragilità.

Una storia strana e per certi versi inverosimile (anche se così non è), ma che sotto la superficie cela una forte condanna al ruolo della donna nella società moderna e alla subalternità che questa deve subire, unita poi ad una critica dello sfarzo al limite dell’immorale che molti giovani dell’elite newyorkese perpetrano, con l’unico fine di accrescere un non meglio identificato “prestigio” per aumentare la distanza tra classi sociali, rendendo così molto più semplice l’empatizzazione verso il loro carnefice.

Battuta migliore: “Lei incarna tutto ciò che c’è di sbagliato in America”

 

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