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Atalanta, un nuovo rosso stop: Boga e Muriel, si può fare di più fotogallery

La Dea sbatte contro il muro di Mourinho e non si rialza. Un passo indietro contro un avversario diretto: per l'Europa serve un'altra marcia

Una delusione. Un passo indietro, come fossero due: perché non solo è andato storto il risultato, ma hai perso un confronto diretto per l’Europa, se non per la Champions.

E se a Firenze potevi dire di essere uscito a testa alta, per quel gol regolare di Malinovskyi non concesso, quindi per un risultato bugiardo, alla Roma basta un gol confezionato dalla solita coppia Zaniolo-Abraham, che già all’andata avevano fatto quel che volevano, per mettere ko un’Atalanta non all’altezza.

All’Olimpico, più ancora che in altre situazioni, è emerso quanto conti l’assenza di un centravanti di ruolo. Certe volte ci si può arrangiare e ad Atene contro un’Olympiacos poco concreta la soluzione tutti trequartisti era andata più che bene. E anche l’Atalanta era stata brava a portare presto la sfida dalla propria parte, con un Malinovskyi implacabile.

Contro la Roma la lezione dell’andata era stata troppo pesante, per non provocare una bella voglia di rivincita. Poi non sempre è facile tradurre le intenzioni nella realtà. E se il dato più significativo di Roma-Atalanta è un 65 per cento di possesso palla per la Dea, non ci si può entusiasmare andando poi a vedere i tiri, appena 7 di cui solo 4 in porta. Vero che anche la Roma ne ha fatti solo 4 in porta (13 in totale) ma è bastato il duetto Zaniolo-Abraham per fare un gol, in un cambio di fronte veloce.

Certo, la differenza si vede anche lì: loro ribaltano l’azione e trovano in area due attaccanti veri che ti risolvono la partita. I nerazzurri sono andati avanti con azioni elaborate, macchinose, prive di quella velocità e intensità che avevano proposto contro la Sampdoria.

Dovevamo dimenticarci quell’Atalanta molto brillante e pensare che sarebbe stata una partita completamente diversa, contro quel furbo di Mourinho. Che poi, cosa ha fatto di così speciale? Ha alzato il muro davanti all’area giallorossa, puntando tutto sul contropiede e qualche spazio ogni tanto l’ha trovato. Per dirla tutta: saranno pur contenti del risultato, i romanisti, ma che soddisfazione c’è a giocare così?

Però, tornando a questa Dea piuttosto bruttina, il limite principale resta quello della scarsa incisività contro le squadre che si chiudono. Non hai chi sa saltare l’uomo, all’inizio restano in panchina Boga, Muriel, Malinovskyi. Tutti con motivi validi per non partire dall’inizio: Boga con la Samp aveva convinto poco, Muriel non aveva giocato, Malinovskyi era in dubbio fino alla vigilia.

Poi, quando sono entrati nel secondo tempo perché bisognava per forza provare a rimettere le cose a posto, solo Ruslan è stato all’altezza del suo compito. Peccato che non abbia trovato l’occasione giusta per colpire (giocando con il batticuore e il lutto al braccio per la tragica situazione che sta attraversando il suo Paese).

L’Atalanta ha perso perché troppi giocatori non sono stati all’altezza. Lo stesso Gasperini, se avesse osato di più… Strano, lui che non è certo un difensivista come Mourinho, ma evidentemente non si fidava abbastanza di chi aveva in panchina: contava forse di più su Pasalic, che però contro una squadra (non solo la difesa) così schierata non è mai stato pericoloso, lo stesso Miranchuk ha ballato lontano dall’area e quando ha provato a entrare è stato buttato giù senza tanti complimenti.

Sarà anche leggero, Aleksej, ma forse ha ragione Pessina quando dice “non ho capito il metro di giudizio arbitrale”. Compreso l’intervento duro di Abraham, più da rosso che da giallo, su Demiral. E poco più di dieci minuti dopo Abraham ha deciso la partita…

Ma non è colpa dell’arbitro se Boga e Muriel non sono stati in grado di far saltare il muro giallorosso e se, alla fine, De Roon è stato espulso. Poteva evitare a quel punto di protestare, al 94′ non sarebbe cambiato nulla.

Adesso c’è poco da piangersi addosso: giovedì arriva il Bayer Leverkusen che ha fermato il Bayern, bisogna subito rialzare la testa per continuare a onorare un’Europa che può ancora sorridere alla Dea.

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