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La manifestazione

Bergamo, sabato e domenica il presidio dell’associazione ucraina “Zlaghoda”

La presidentessa Vyshnevska Yaroslava: "Cerchiamo famiglie bergamasche disposte ad accogliere i piccoli degli orfanotrofi"

Bergamo. Una manifestazione a sostegno del popolo ucraino. Questo è quanto è stato organizzato da “Zlaghoda”, associazione che raggruppa un centinaio di ucraini residenti a Bergamo e in provincia per il prossimo fine settimana. L’incontro sarà sabato e domenica, dalle 15 in avanti, ed è volto a sostenere i principi della pace e della fratellanza per aiutare la “nostra madre Ucraina in questi giorni difficili”.

L’appello è quello di presentarsi numerosi alla fontana situata tra viale Papa Giovanni e Porta Nuova ed è rivolto a tutti i cittadini residenti a Bergamo, come si legge nel volantino divulgato sulla pagina Facebook. “E’ la prima volta che organizziamo un raduno – racconta Vyshnevska Yaroslava, 49 anni, ucraina, presidentessa dell’associazione e da 26 anni residente in Italia-.

“La situazione è drammatica, davvero. È da 8 anni che siamo in guerra, ma questa volta è diverso – racconta Vyshnevska-, tanto che abbiamo deciso di interpellare tutte le autorità presenti sul territorio per farci aiutare. Oggi pomeriggio incontreremo il sindaco Giorgio Gori e, sia sabato sia domenica, saranno molti i politici, i rappresentanti sindacali della Cigl e della Cisl che sosterranno la nostra battaglia. Con noi ci sarà anche don Vasyl Marchukche, il nostro prete, e tanti cittadini, ucraini e non, che hanno scelto di starci vicino in un momento così delicato. Abbiamo bisogno di tutti, per far ascoltare la nostra voce. Attorno a noi vogliamo uomini e donne di pace per aiutarci, anche concretamente, a portare conforto ai nostri connazionali”.

La guerra è cominciata, ufficialmente, ieri mattina alle 5: “Lo sapevamo tutti che sarebbe andata a finire così. Del resto, Putin, l’aveva annunciato. Aveva anche detto che lui, personalmente, non avrebbe avuto nulla da perdere. Certo, lui non rischia di morire, di perdere i suoi cari o la sua casa. A lui non cadrà certamente una bomba sulla testa. E, sinceramente, non abbiamo nemmeno la speranza che finisca tutto presto. Certo, nel nostro cuore, continuiamo a crederci, ma sappiamo bene che non sarà così”.

E, intanto, in Ucraina, i negozi cominciano a svuotarsi e la paura è incontenibile: “Dobbiamo darci da fare e velocemente per raccogliere soldi, farmaci, scatolame e generi di prima necessità da inviare in Ucraina. Sarà un’impresa difficilissima perché non so se le dogane sono aperte, i voli sono bloccati. Ormai i negozi cominciano a svuotarsi, la gente non esce di casa e fa le scorte. Al momento luce e gas ci sono ancora e i collegamenti telefonici reggono. Ma non si sa ancora per quanto”.

E la preoccupazione, il pensiero che sconvolge e strozza le parole, va non solo ai familiari lontani, ma a tutta la popolazione in generale, specie ai più piccoli e agli anziani: “Putin aveva detto che avrebbe voluto difendere i suoi confini e ha finito, come prevedibile, con l’invadere tutta la nostra terra. Ha colpito e sta colpendo tutti i bersagli sensibili, come aeroporti e basi militari. E’ una tragedia, sarà un disastro. Il mio pensiero, davvero poco lucido in questo momento, va ai tanti bambini che vivono negli infiniti orfanotrofi, ai piccoli che non hanno nessuno che li curi e li possa mettere al riparo. Anche in questo senso chiedo un aiuto ai bergamaschi: troviamo insieme il modo di farli arrivare in Italia, a Bergamo, e di farli ospitare dalle nostre famiglie. Solo così possiamo salvarli”.

L’Ucraina è grande tre volte l’Italia, la popolazione fragile rappresenta la maggioranza della popolazione. Gente profondamente attaccata alle proprie radici, che non ne vuole proprio sapere di abbandonare la sua terra. Come i parenti di Vyshnevska: “Mio papà è venuto in Italia a trovarmi ed è ripartito il 19 febbraio, dopo essersi fermato per tre settimane. Appena abbiamo capito a cosa stavamo andando incontro, gli ho chiesto di tornare da me. Mi ha detto che non se ne parla. Ha 70 anni, ama la sua Uzhorod, la sua casa e vuole difendere, anche a costo della vita, quello che è suo. Mi ha detto che, se ci sarà mai una fine, per lui sarà lì, nella sua Ucraina. E questo non è solo il suo pensiero, ma anche quello di mia sorella, dei miei parenti che hanno scelto, consapevolmente, di rimanere lì a vivere un conflitto che ci ha tolto il respiro”.

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