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L'intervento

Trapianto di cuore di maiale sull’uomo tra dubbi e considerazioni etiche

Don Lorenzo Testa, docente di teologia morale: "Non mancano problematiche da considerare con molta calma, e non solo dal punto di vista medico-scientifico, ma anche dal punto di vista etico"

I trapianti di organi sono una grande conquista della medicina che aprono possibilità di vita a molte persone. Bergamo con il suo ospedale Papa Giovanni è un centro tra i principali in Italia. Dopo l’analisi del professor Michele Colledan (leggi qui), ora pubblichiamo l’intervento di don Lorenzo Testa, docente di teologia morale.

Lo scorso 10 gennaio è stata data la notizia del primo xenotrapianto di cuore. Si tratta di un cuore proveniente da un maiale e trapiantato in un uomo di 57 anni, David Bennet, affetto da una grave aritmia che lo avrebbe condotto alla morte in poco tempo e per il quale non c’erano alternative per la sua sopravvivenza.

La notizia ha suscitato un certo interesse e ha aperto delle prospettive fino ad oggi ritenute impossibili. Infatti, negli scorsi decenni sono stati effettuati trapianti con organi provenienti da animali, ma l’esito è stato insoddisfacente. La possibilità di prelevare organi da animali e trapiantarli nell’uomo rappresenta una speranza di sopravvivenza per tante persone. Si tratta quindi di una buona notizia, anche in riferimento al fatto che gli organi umani disponibili per il trapianto sono di gran lunga inferiori alle richieste. Certo, non mancano problematiche da considerare con molta calma, e non solo dal punto di vista medico-scientifico, ma anche dal punto di vista etico. Mi permetto soffermarmi su quest’ultimo aspetto con alcune considerazioni.

La prima è strettamente legata alla prassi medica, perché non è mai buono dal punto di vista etico ciò che non è corretto e sufficientemente sicuro dal punto di vista scientifico. Occorre cioè che questi trapianti garantiscano una sufficiente prospettiva di successo e non creino al paziente danni maggiori rispetto alla patologia di cui soffre o addirittura la morte. La ricerca ha fatto dei passi da gigante in questa direzione, modificando geneticamente gli organi animali in modo da superare il problema del rigetto, delle patologie (soprattutto infezioni) che possono essere trasmesse dall’animale all’uomo e, nel nostro caso, della crescita eccessiva del tessuto cardiaco suino.

Questi progressi della medicina costituiscono l’indispensabile premessa che ha reso possibile il trapianto di cuore avvenuto recentemente, anche se dobbiamo attendere le prossime settimane per valutare la riuscita dell’intervento.

Un’altra considerazione verte sull’impiego di animali modificati geneticamente al fine di prelevare organi per il trapianto.

È lecito utilizzare egli animali come fonte di organi per i trapianti e a tal fine modificarli geneticamente? Questa domanda si lega a quella più ampia relativa alla eticità della sperimentazione animale. La risposta è affermativa, dal momento che è in gioco la salvezza della vita umana. È chiaro che occorre evitare agli animali sofferenze non giustificate, verificare che l’intervento sia necessario e ragionevole, evitare modifiche genetiche non controllabili che possano modificare la biodiversità. Su questo tema è già intervenuto il Comitato nazionale per la bioetica con due documenti nel 1999 e del 2020. Qui si incontra un tema ampio e discusso, dal momento che molte voci si levano nell’opinione pubblica contro qualsiasi tipo di sperimentazione che coinvolga gli animali. Ciò è segno di un accresciuto rispetto per l’animale e, insieme, del fatto che esso in molti casi viene sempre più percepito come domestico, cioè “uno di casa”, se non addirittura “uno di famiglia”. Questa percezione non può impedire che, a determinate condizioni, l’animale venga utilizzato per la ricerca medico-scientifica.

C’è poi da considerare l’impatto dell’impianto dell’organo sull’identità del ricevente. Chi riceve un organo, sia da persona umana e soprattutto da animale, può mutare la percezione di sé e può provare veri e propri traumi e problemi identitari (l’organo trapiantato non è semplicemente un “pezzo di ricambio” ma è una parte di un corpo estraneo che entra a far parte del corpo di chi lo riceve). Occorre dunque verificare che l’organo non incida sull’integrità dell’identità psicologica e genetica della persona. Un cuore impiantato dal punto di vista oggettivo non provoca modifiche dell’identità personale del ricevente, visto che il cuore è un organo meramente funzionale, tuttavia dal punto di vista soggettivo va verificata la valenza simbolica di questo organo sull’identità del ricevente.

È inoltre necessario, come per ogni sperimentazione medica, il consenso informato del ricevente, che comporta la corretta informazione sulla patologia, sulla prognosi, sull’intervento, sulla probabilità di successo e i rischi connessi.

Un ultimo aspetto riguarda gli interessi finanziari. Lo xenotrapianto richiede un’ingente quantità di risorse sanitarie ed economiche. Chi fornisce queste risorse? Per quale interesse? E ancora: queste ingenti risorse non potrebbero essere utilizzare per altri interventi terapeutici più sicuri rispetto allo xenotrapianto? Certo, quando lo xenotrapianto è l’unica possibilità per salvare la vita a una persona, la liceità dell’utilizzo di grandi risorse una giustificazione, che certo dovrà essere verificata anche alla luce del decorso medico del trapiantato e dei futuri scenari della medicina.

Don Lorenzo Testa
Docente di teologia morale presso la Scuola di teologia del Seminario vescovile di Bergamo e l’Istituto superiore di Scienze religiose di Bergamo. Membro del Comitato etico della provincia di Bergamo.

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