Dicono di ispirarsi alla non violenza, ma fomentano spesso l’odio. Arrivando a definire “nazisti” il sindaco di un paese della Valle Seriana e un primario dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Colpevoli – secondo loro – di nascondere la verità sui vaccini e la pandemia Covid-19, ridotta a una semplice “truffa”.
Nelle loro chat, si susseguono pensieri a tratti agghiaccianti. Ci limitiamo a riportarne uno: “vaccino=gas e ospedale=lager. Nazismo 2.0”. “Loro” sono i membri del gruppo ViVi, i fanatici no-vax che di recente hanno imbrattato a colpi di bomboletta spray il centro vaccinale di Dalmine e le pareti del cimitero di Nembro, il paese più martoriato durante la prima ondata Covid (“un’azione precisa in un punto strategico”, così ne parlano sui social). Gli stessi che a dicembre hanno lasciato decine di volantini sulle auto dei dipendenti dell’ospedale di Bergamo, definendoli “collaboratori della dittatura sanitaria”.
Atti che rivendicano con orgoglio sulle chat di Telegram, dove fanno propaganda e reclutano quelli che chiamano “guerrieri”. I loro modelli? Citano Gandhi e il subcomandante Marcos, rivoluzionario messicano in passamontagna, ex portavoce dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale.
Per accedere al “reclutamento”, occorre prima accettare le regole di quello che chiamano il “dodecalogo”. Ovvero 12 punti chiave che inquadrano l’azione e la filosofia del gruppo. Una sorta di codice d’onore.
Al primo posto c’è l’importanza di diffondere e indossare il loro simbolo (una doppia W rossa inscritta dentro un cerchio rosso, ispirata al film “V per Vendetta”) come foto profilo sui social. Una regola che non si capisce del tutto come possa favorire il secondo punto chiave: l’anonimato (“saremo anonimi e nascosti finché la guerra lo richiederà”).
Ci sono poi alcuni suggerimenti pratici: ad esempio ridurre al minimo gli incontri di persona tra “guerrieri”, senza mai formare “squadre fisse”. Incentivando, in pratica, azioni da cani sciolti.
Il gruppo, attivo in tutta Italia, è recentemente finito nel mirino della Procura di Genova, dopo le minacce al presidente della Liguria Giovanni Toti e al primario del reparto di malattie infettive dell’ospedale San Martino, Matteo Bassetti. Le indagini hanno portato anche in provincia di Bergamo: a Serina, in Valle Brembana, dove lo scorso novembre la polizia ha perquisito un 20enne del posto. Sui recenti blitz a Nembro e Dalmine, indagano ora i carabinieri.
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