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L'analisi

Previsto l’ingresso in Italia per lavoro di oltre 69mila extracomunitari, la Cgil: “Non bastano”

La quota è più alta rispetto agli anni passati, ma secondo il sindacato di via Garibaldi non è ancora sufficiente a risolvere i problemi di carenza di personale nei settori lavorativi individuati e coinvolti dal decreto

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale di lunedì scorso, è entrato in vigore il nuovo Decreto Flussi 2021. Prevede l’ingresso in Italia di un massimo di 69.700 cittadini non comunitari per motivi di lavoro subordinato stagionale e non stagionale e di lavoro autonomo.

Saranno 27.700 gli ingressi autorizzati per motivi di lavoro non stagionale e di lavoro autonomo, tra cui 20.000 lavoratori nei settori dell’autotrasporto, dell’edilizia e turistico-alberghiero da Paesi che abbiano sottoscritto o stanno per sottoscrivere accordi di cooperazione in materia migratoria.

Per motivi di lavoro subordinato stagionale saranno ammessi 42.000 cittadini non comunitari residenti all’estero, da ripartire tra le regioni e le province autonome a cura del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Tutte le domande potranno essere presentate fino al 17 marzo 2022.

“La quota prevista, quasi 70mila persone, è più alta rispetto a quelle stabilite dai decreti degli anni scorsi (di emersione e flussi), ma siamo ancora distanti dal risolvere i problemi di carenza di personale nei settori lavorativi individuati e coinvolti dal decreto – ha commentato Annalisa Colombo, segretaria della CGIL e responsabile dell’Ufficio Migranti CGIL di Bergamo – Tra l’altro restano scoperti interi altri comparti, ad esempio quello del lavoro domestico, che pure era stato interessato da un decreto riservato all’emersione nel 2020, provvedimento con obiettivi alti ma dagli effetti piuttosto limitati e dalle lungaggini davvero incredibili: da fonti della Prefettura di Bergamo abbiamo saputo in questi giorni che, a un anno e mezzo dalla  chiusura dei termini, è stata presa in considerazione solo poco più della metà delle domande presentate. Possiamo solo immaginare cosa significherà per il personale delle Prefetture (quella di Bergamo compresa), da tempo carente nei numeri in maniera strutturale, dover processare le nuove domande che arriveranno in risposta a questo ultimo decreto. In molti territori si continua a far operare organici composti da lavoratori interinali, da rinnovare ogni sei mesi. Non si può andare avanti così”.

“La verità è che servirebbe una revisione completa delle politiche sull’immigrazione – conclude Colombo – Non si va lontano prevedendo quote così limitate, che tra l’altro interessano solo alcuni Paesi extra Ue, escludendone altri, ad esempio quasi tutti quelli del Sud America, quando invece sappiamo bene che con quelle nazioni l’Italia ha una lunga tradizione migratoria”.

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