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Parla la nipote

“Mio zio Franco non sarebbe morto se suo figlio Francesco avesse cambiato lavoro”

A un anno dall'omicidio per il quale è stato condannato il primogenito, Raffaella Colleoni ricorda l'ex militante leghista: "Ha vissuto per il lavoro e per gli ideali che gli sono costati soldi, gelosie e falsità gratuite"

Dalmine. “Mio zio Franco era un uomo buono e non meritava quella fine. Francesco avrebbe dovuto cambiare posto di lavoro, così non sarebbe successo nulla”. Raffaella Colleoni ricorda l’ex militante della Lega, ucciso a 68 anni il 2 gennaio 2021 nel cortile del suo ristorante Il Carroccio dopo una violenta lite con il figlio, condannato in primo grado a 21 anni di carcere.

La 49enne, originaria di Gorle ma da dieci anni alle Maldive dove dirige un resort, era molto legata a suo zio, lo sentiva spesso e quando tornava in Italia per le vacanze andava a pranzo da lui.

Raffaella, che persona era Franco Colleoni?

Mio zio era una persona sempre disponibile, pronto alla battuta e amante della compagnia. Ha vissuto per il lavoro e per gli ideali che gli sono costati soldi, gelosie, incomprensioni e falsità gratuite, così come emerso dal processo. Purtroppo non ha potuto rispondere e difendersi: questo è ciò che ferisce e addolora maggiormente me e gli altri familiari che gli hanno voluto bene.

C’è qualcosa in particolare che non è emerso su di lui?

Ha lavorato tutta la vita per garantire un futuro alla sua famiglia. Era un uomo buono, onesto e gentile. Un punto di riferimento anche per fratelli, familiari e nipoti. Sempre disponibile all’ascolto, generoso e altruista. Aveva sempre dei bei gesti e delle parole, mai banali, per tutti. Sicuramente soffriva, anche se non sempre lo dimostrava, per le incomprensioni con i figli di cui, comunque, andava orgoglioso.

Quando l’ha visto per l’ultima volta?

L’ultima volta è stato a luglio 2020 al suo ristorante, quando ero rientrata a Bergamo per le vacanze. Abbiamo chiacchierato di vari argomenti e scherzato, come avveniva tutte le volte che ci vedevamo, e portato del cibo ai suoi cani che adorava. L’ultimo messaggio l’ho ricevuto il giorno prima della sua morte quando ci siamo scambiati gli auguri di buon anno. La presenza nella mia vita era però abbastanza costante, attraverso messaggi e pranzi non appena possibile. Inoltre il giorno dopo Natale era stato con la sua compagna a casa di mio fratello.

Quale insegnamento le ha lasciato?

Da mio zio Franco ho imparato che con il duro lavoro, l’entusiasmo, la dedizione e la forza di volontà si possono raggiungere grandi obiettivi.

Di suo figlio Francesco invece cosa ne pensa?

Visto la lontananza e la differenza di età, ci siamo frequentati troppo poco per conoscerlo veramente, ma ritengo che avesse tutti i mezzi, l’istruzione e le possibilità per trovare un altro lavoro, visto che aveva un pensiero divergente da quello dello zio Franco, sul modo di gestire il ristorante. Sicuramente in questo modo non si sarebbe arrivati all’epilogo tanto crudele e tragico.

È giusta la sua condanna?

Credo che le decisioni del Tribunale debbano essere rispettate. Vi sarà poi, per chi crede, il giudizio di Dio.

Dal processo è emerso che tra loro non c’erano buoni rapporti, ne era al corrente?

Ricordo perfettamente quanto mio zio fosse contento dei suoi figli e legato a loro. Quando Francesco lavorava in Australia, Franco telefonava più volte a settimana per avere sue notizie sulla salute e sul lavoro. Aveva, inoltre, collaborato con Federico, l’altro figlio, nella gestione del ristorante per diversi anni e recentemente gli aveva regalato parte del terreno adiacente alla cascina. Ero a conoscenza che i rapporti, tantissimi anni fa, erano a volte tesi, ma in quale famiglia non capita di scontrarsi perché si hanno idee differenti? Mio zio può aver commesso degli errori ma sempre in buona fede e con il pensiero costantemente rivolto ai suoi figli.

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