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Lettere

La denuncia

“Quattro ore in coda al freddo per il tampone anti Covid ai bambini malati: che vergogna!”

Riceviamo e pubblichiamo una lettera testimonianza dell'odissea di una nonna per fare i tamponi alla nipote di 4 anni al Matteo Rota nella giornata di lunedì 27 dicembre

Riceviamo e pubblichiamo una lettera testimonianza dell’odissea di una nonna per fare i tamponi alla nipote di 4 anni al Matteo Rota nella giornata di lunedì 27 dicembre.

Buonasera,
sono una nonna reduce (in senso letterale e metaforico) da un pomeriggio allucinante nel cortile dell’Istituto Matteo Rota di Bergamo, dove mi sono recata per supportare mia nipote Alice – età 4 anni e un mese – e suo padre in coda oggi pomeriggio dalle 16.20 alle 18.50 nel cortile del suddetto Istituto e dalle 18.50 alle 19.15 all’interno del locale “dedicato” ai tamponi (con assembramento ben visibile sia in atrio sia su scale di accesso ad ambulatori, scale a doppio senso peraltro, come la porta di accesso/ uscita ai locali).

Mi era già successo con il nipotino di 12 mesi qualche settimana fa, ma era mattina e c’era il sole (fatta eccezione per il freddo, la coda all’esterno, la assenza di un locale di cambio per i neonati, ma tant’è, non possiamo noi Cittadini pretendere l’impossibile da una regione così efficiente). Coda di “sole” due ore e mezzo, peraltro, non lamentiamoci sempre invano.

Oggi però la situazione era veramente scandalosa e agghiacciante, sia per la temperatura esterna, sia per il numero delle persone in coda (doppia coda, una per la Scuola, una per Asst-pg23, leggi bimbi con prescrizione pediatrica di tampone). Faccio presente che una bimba di 4 anni con febbre alta dalla notte di Natale e fino a ieri, tosse e laringite, non viene portata a fare tampone per riammissione alla scuola materna… Il tampone è stato prescritto stamattina – vista la sintomatologia – alle 8.00 dalla pediatra di base, che ha indicato a mia figlia di presentarsi per le 13 al Matteo Rota.

Alle 13 ci è stato detto in loco che i tamponi per i bambini sarebbero stati eseguiti dalle 15 (dove stava scritto? Da nessuna parte e nemmeno la pediatra ne era al corrente) e con impegnativa del medico. Torniamo a casa, la bimba non è ancora in condizioni di salute buone. Telefonato alla pediatra di turno, la quale non solo è ignara di cambio orario, ma pure della necessità di impegnativa, avendo avuto indicazioni diverse dall’Alto. Ci invia la richiesta e si riparte nel pomeriggio.

Non è possibile che i bambini stiano in coda per 4/5 ore (3 se come noi abitano relativamente vicini al luogo) in dicembre, all’aperto e sotto la pioggia, in attesa di un tampone che ci dica se i sintomi che presentano sono da covid. Con due code che si assembrano all’ingresso (unico) dei locali preposti (perchè due code diverse se poi si mescolano in un spingi spingi generale?), e diventano un’unica coda nell’atrio e sulle scale, con uscita e entrata in comune, senza alcun addetto non solo a dirigere il traffico, ma a dare informazioni (se non altro) a genitori stremati e basiti dall’attesa fuori e al buio dalle 17 in poi? Per i fortunati che avevano l’auto (riuscendo a trovare parcheggio, si intende), i bimbi potevano anche stare in auto con un genitore. Sempre che l’altro non avesse un neonato a casa da gestire, o non fosse al lavoro. Nei casi fortunatissimi (come il nostro) è subentrata la nonna (fa nulla se a 64 anni forse sarebbe stato meglio non frequentare certe code…dopo tanto strombazzare contro assembramenti).

Mi domando e soprattutto vi domando: altre soluzioni civili e umane per i bambini e i loro genitori sono proprio impossibili nella gloriosa Regione Lombardia? Eppure al Papa Giovanni (fatta terza dose vaccino il 21 dicembre) era un gran rutilare di volontari che accudivano i vaccinandi, che davano prescrizioni di distanziamento (!), che accompagnavano noi adulti alle sedie. Mi sfugge qualcosa?

Rimane il fatto che mia nipote e tutti i bambini oggi in coda, se saranno negativi al Covid, sicuramente aggraveranno le loro condizioni di salute già peraltro compromesse da tosse, raffreddore, tracheiti e laringiti e febbre.

Una vergogna, impossibile da credere se non la si vive direttamente.

Stefania Martegani

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