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L'intervento

Papa Francesco: “Basta morti sul lavoro. È importante dare dignità all’uomo”

Papa Bergoglio rilancia l’appello: "Basta morti sul lavoro. È importante dare dignità all’uomo che lavora ma anche dare dignità al lavoro dell’uomo perché l’uomo è signore e non schiavo del lavoro"

Si cerca la visibilità ma Dio sceglie gli invisibili. Basta morti sul lavoro. Immense tragedie passano sotto silenzio. L’inverno demografico “è una tragedia” per l’Italia Papa Francesco nel secondo Natale di pandemia propone a tutti le sue forti lezioni.

Dio si rivela ma gli uomini non capiscono
“Gesù nasce per servire e noi passiamo gli anni a inseguire il successo. Si fa piccolo e noi continuiamo a cercare la grandezza. Si abbassa e noi vogliamo salire sul piedistallo. Indica l’umiltà e noi pretendiamo di apparire. Va in cerca dei pastori e degli invisibili e noi cerchiamo visibilità”. È il contrasto del Vangelo: “Colui che abbraccia l’universo ha bisogno di essere tenuto in braccio. Lui, che ha fatto il sole, deve essere scaldato. La tenerezza ha bisogno di essere coccolata. L’amore infinito ha un cuore minuscolo. Il creatore del mondo è senza dimora”. Allora “lasciamoci alle spalle i rimpianti per la grandezza che non abbiamo. Rinunciamo alle lamentele e all’avidità. Gesù, la tua piccolezza non mi spaventa, la tua fragilità non mi inquieta”.
“Gesù alla nascita è circondato da piccoli, poveri, pastori che lavorano”. Papa Bergoglio rilancia l’appello: “Basta morti sul lavoro. È importante dare dignità all’uomo che lavora ma anche dare dignità al lavoro dell’uomo perché l’uomo è signore e non schiavo del lavoro”. Gesù nasce tra i dimenticati delle periferie e nobilita gli esclusi. “Accogliere la piccolezza significa abbracciare Gesù nei piccoli di oggi; accarezziamolo nei bisognosi perché si è identificato in loro. Attorno a Gesù tutto si ricompone in unità: non ci sono solo gli ultimi e i pastori, ma anche i dotti e i ricchi, i magi. Torniamo a Betlemme: una luce si è accesa e ci ricorda che siamo figli della luce”. Il Vangelo racconta la nascita di Gesù cominciando dal censimento dell’imperatore Cesare Augusto, “ma subito ci porta a Betlemme dove di grande non c’è nulla: solo un bambino in fasce”.

Nelle crisi del mondo c’è la via del dialogo
Nel messaggio natalizio “urbi et orbi, alla città e al mondo” fa una panoramica sulla situazione mondiale, crisi e conflitti, necessità di leggere tutto alla luce della speranza “in tempo di pandemia in cui la capacità di relazioni è messa a dura prova”. L’unico antidoto è il dialogo come risposta a conflitti, crisi e contraddizioni, “che sembrano non finire mai, immense tragedie che passano sotto silenzio il dolore e la disperazione di tanti fratelli e sorelle”. Il popolo siriano “vive da oltre un decennio una guerra che provoca molte vittime e un numero incalcolabile di profughi”; l’Iraq fatica a rialzarsi; nello Yemen si consuma “un’immane tragedia”; tra israeliani e palestinesi continuano le tensioni.

Le Chiese cristiane di Terra Santa vivono tempi difficili anche per la pandemia
Il Libano “soffre una crisi senza precedenti e condizioni economiche e sociali preoccupanti”. Implora Gesù “di suscitare nei cuori riconciliazione e fraternità; dona pace e concordia al Medio Oriente e al mondo; sostieni quanti sono impegnati a dare assistenza alle popolazioni”. Il popolo afghano da oltre quarant’anni “è messo a dura prova”; in Myanmar “intolleranza e violenza colpiscono anche la comunità cristiana e i luoghi di culto”. Prega che “non dilaghino in Ucraina le metastasi di un conflitto incancrenito”. Ricorda l’Etiopia; le popolazioni del Sahel colpite dal terrorismo; Sudan e Sud Sudan “afflitti da divisioni, disoccupazione e disparità economica”. Auspica: “Prevalgano nei cuori dei popoli del continente americano i valori della solidarietà, della riconciliazione e della convivenza, attraverso il dialogo, il rispetto reciproco e il riconoscimento dei diritti e dei valori culturali”.
Non dimentica piaghe del nostro tempo: dilagano violenza sulle donne; bullismo e abusi; solitudine di anziani e malati. Ribadisce: la famiglia “è luogo primario dell’educazione”. Al “Dio con noi” chiede di rendere “i cuori generosi per far giungere le cure necessarie, specie i vaccini, alle popolazioni bisognose” e di ricompensare coloro che si prendono cura dei familiari, dei malati, dei deboli. Invita a non essere “indifferenti di fronte al dramma di migranti, profughi e rifugiati che ci chiedono di non girarci dall’altra parte, di non rinnegare l’umanità che ci accomuna, di fare nostre le loro storie”. Invita alla cura della casa comune pensando ai giovani.

“Dio ha scelto una famiglia umile e semplice”
La domenica della Santa Famiglia quest’anno ha soppiantato il protomartire Stefano. Per il Papa “la famiglia è la storia da cui proveniamo. È bello vedere Gesù nella trama degli affetti familiari, che nasce e cresce nell’abbraccio e nelle preoccupazioni dei suoi. Proveniamo da una storia intessuta di legami d’amore. Forse non siamo nati in una famiglia eccezionale e senza problemi, ma è la nostra storia, sono le nostre radici: se le tagliamo, la vita inaridisce! Dio ci ha creati non per essere condottieri solitari, ma per camminare insieme. Ogni giorno si impara a essere famiglia, ad ascoltarsi e capirsi, ad affrontare conflitti e difficoltà. Si vince con le piccole attenzioni, con gesti semplici, curando i dettagli e ci aiuta parlare in famiglia e dialogare con i nonni”.

Troppo telefonino. L’inverno demografico dell’Italia
“Per custodire l’armonia in famiglia bisogna combattere la dittatura dell’io. Quando l’io si gonfia è pericoloso; quando, invece di ascoltarci, ci rinfacciamo gli sbagli; quando, invece di dialogare, ci isoliamo con il telefonino e ognuno parla col telefonino. Tra le mura domestiche da silenzi troppo lunghi e da egoismi non curati nascono e crescono i conflitti. Si arriva a violenze fisiche e morali. Questo lacera l’armonia e uccide la famiglia». Francesco prende molto sul serio la denatalità in Italia e ne parla spesso, anche se i giornali di destra montano un’indegna gazzarra. È preoccupato «per l’inverno demografico in Italia”. Tanti hanno perso fiducia e non si fanno più figli: “Questa è una tragedia. L’inverno demografico va contro il nostro futuro”.

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