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L’intervento

“Bergamo e Seriate: chi ha paura dei cittadini che leggono e si ritrovano nei parchi?”

Marco Sironi (consigliere comunale di "Sinistra per un'Altra Seriate") interviene sul cartello anti-bivacco apparso a Bergamo e traccia un paragone tra il capoluogo e la città dell’hinterland

Seriate. Marco Sironi (consigliere comunale di “Sinistra per un’Altra Seriate”) interviene sul cartello anti-bivacco apparso a Bergamo e traccia un paragone tra il capoluogo e la città dell’hinterland.

Amministrazioni dai colori politici diversi ma uguali nella logica securitaria.

Il Comune di Bergamo, centrosinistra, installa nei parchi pubblici cartelli contro il bivacco rappresentato con un uomo che sdraiato su una panchina legge un libro.

Un Comune che ambisce a diventare “capitale della cultura” si scaglia con fiero sprezzo del ridicolo contro la lettura, simbolo universale della cultura stessa.

Il Comune di Seriate, centrodestra a trazione leghista, a pagina 33 del Documento Unico Programmatico nella parte sulla sicurezza urbana si prefigge testualmente di “presidiare e sorvegliare i parchi pubblici ed i luoghi di aggregazione sociale, potenzialmente zone di devianza sociale”.

Entrambe le amministrazioni comunali, quella del capoluogo e quella della terza città della provincia, dimostrano la stessa micidiale logica securitaria considerando i parchi e gli spazi di aggregazione sociale luoghi pericolosi da sorvegliare e in cui vietare tutto: un pic nic familiare, il flirtare di due innamorati, una festa di qualche associazione in cui ci scappa magari un “sovversivo” barbecue e perfino la cultura, da vietare in particolare se si legge un libro sdraiati d’estate nel prato con un filo d’erba in bocca.

Marco Sironi Mimmo Lucano

Il tutto condito da telecamere alla “grande fratello” e da vigili costretti a controllare i giovinetti che frequentano e pomiciano nel parco piuttosto che presidiare il territorio là dove serve veramente. Perché il problema è assicurare il fantomatico “decoro”, dimenticando che proprio le politiche di entrambe queste Amministrazioni, con una cementificazione selvaggia e con la gentrificazione del territorio in funzione del santo turismo (il turista consuma non bivacca), hanno deturpato il decoro urbano e la vivibilità delle città.

Ogni territorio è davvero sicuro solo se la vita comunitaria dei cittadini, aggregata e vivace negli scambi culturali e sociali, lo contende alla malavita.

Meglio una città dove si “bivacca” nei parchi che quartieri desolati – quartieri dormitorio si diceva una volta – con case vuote perché inaccessibili a molti e con scarsi servizi. Meglio un parco vivo, dove si leggono libri sdraiati nel prato, si organizzano feste comunitarie piuttosto che luoghi freddi, blindati, senza panchine o con panchine con il maniglione in mezzo per non far dormire i “senza tetto”, spazi morti videosorvegliati e proprio per questo vuoti di umanità e frequentati solo da chi li vuole utilizzare per traffici illeciti.

Mi piace pensare a una grande Bergamo abitata dai ceti popolari, con quartieri e parchi vivacemente vissuti, con luoghi d’aggregazione come elementi fondamentali della partecipazione, piuttosto che a una città del lusso, un grande fast food alla Oriocenter, un mordi e fuggi per turisti in cerca di emozioni forti e ricordi deboli.

È molto significativo questo corrispondersi di destra e finta sinistra nel criminalizzare l’aggregazione spontanea nei luoghi che sono e devono restare beni comuni da fruire pienamente da parte della popolazione.

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