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Fim cisl a congresso

Il mondo metalmeccanico e i giovani: “Senza non si vincono le sfide del futuro”

La “base” sindacale su cui si muove la Fim bergamasca è costituita dagli 87.000 dipendenti. Sotto i 30 anni solo il 17% degli occupati, e meno del 3% gli “apprendisti”

Caravaggio. Il congresso della Fim Cisl di Bergamo, categoria tra le maggiori del settore a livello nazionale, con i suoi 12mila iscritti, ha portato a Vidalengo di Caravaggio oltre 300 delegati che eleggeranno le figure politiche del sindacato. Luca Nieri e la sua segreteria, composta da Elena Scippa e Luca Tonelli, si ricandidano al completo confidando in un lavoro di rappresentanza e tutela articolato sul territorio er che negli ultimi anni ha prodotto risultati sensibili.

La “base” sindacale su cui si muove la Fim bergamasca è costituita dagli 87.000 dipendenti. Il contratto maggiormente rappresentativo è quello di Fedemeccanica, con oltre 57000 lavoratori, distribuiti su oltre 1700 aziende, poi quello Artigiano, per più di 19.000 lavoratori artigiani, in quasi 6000 realtà.

Oltre il 65% degli occupati metalmeccanici si colloca in aziende con una classe dimensionale tra i 10 e i 250 dipendenti (17% da 0 a 9 dipendenti, 34% tra i 10 e 49 dipendenti, 31% tra i 50 e 250 dipendenti, 18% oltre i 251 dipendenti).

Una provincia prevalentemente manifatturiera, costituita da un buon 56,6% di operai e 36,2% di impiegati; ma l’elemento che colpisce maggiormente è la concentrazione di operai nelle realtà da 0 a 249 dipendenti, dove si sfiora quasi il 60% degli occupati, contro il 51 % nelle aziende con oltre 250 dipendenti, dove sempre di più i “colletti bianchi”, nelle realtà più grandi e complesse, si apprestano a superare il numero degli operai.

“Se non avviene un forte rinnovamento generazionale nel mercato del lavoro, stenteremo anche nell’innovazione, perché è proprio la popolazione occupata più avanzata in età la meno alfabetizzata digitalmente e più difficilmente riconvertibile in un nuovo mondo tecnologico dai cambiamenti velocissimi. Senza giovani o con pochi giovani non vinceremo le sfide delle nuove tecnologie e pagheremo prezzi altissimi nella transizione tecnologica del mondo del lavoro”. Luca Nieri disegna così l’orizzonte dell’occupazione metalmeccanica della provincia, ma non solo, dal palco del congresso.

L’analisi del segretario generale uscente parte dalla struttura dell’occupazione meccanica: i lavoratori delle aziende del settore in provincia divisi per classi di età formano una grossa concentrazione nella fascia tra i 30 e 49 anni, il 55,6%, una quota importante di over 50, un 26,7%, e chiudono i giovani, dai 15 a 29 anni, con un 17,6%.

L’apprendistato è uno strumento ancora poco utilizzato, solo il 2,9% tra i contratti in essere, mentre forte, tra le tute blu più giovani il ricorso a contratti interinali o comunque a tempo determinato.

“Se la tecnologia rappresenta uno strumento fondamentale per il futuro del nostro Paese non possiamo che sottolineare che senza giovani non c’è un domani per nessuna comunità: giovani e innovazione sono uno snodo fondamentale, un binomio indissolubile. I cambiamenti climatici e le catastrofi naturali, unite ad un mercato del lavoro fortemente cambiato e in continua mutazione, si ripercuotono sulla società sempre più disgregata, nevrotica e orfana delle vecchie certezze, ed è sempre più importante rappresentare le istanze dei giovani lavoratori di oggi e di domani attraverso un sindacato capace di coinvolgere e dare cittadinanza a chi oggi si ritrova smarrito”.

Nessuno, è l’accusa di Nieri, ha mai pensato concretamente ai giovani, a partire dalla mancanza di norme e misure che aiutino e agevolino maternità e paternità, per proseguire sulla carenza di politiche di conciliazione, situazione che ha condannato il Paese a essere una realtà a bassa fecondità.

“Essere meno significa anche contare meno, aver meno potere di influenza sulle scelte future del paese. Quindi bisogna creare le condizioni perché il protagonismo giovanile possa affermarsi e occuparsi prioritariamente della transizione generazionale. Affrontare il nodo giovani ha una valenza importante, anche se non esplicita, ma che racchiude alcune tematiche delle future transizioni. Significa fare i conti con tre questioni decisive”.

Nella sua relazione congressuale, Nieri insiste sulle gravi differenze di genere che anche tra i giovani esistono nell’accesso al lavoro, in particolare a livello retributivo. Poi, su quelle territoriali, tra centro, nord e sud. Infine, la situazione degli immigrati di seconda generazione e la loro integrazione.

“Puntare sulla centralità dei giovani significa necessariamente scommettere sull’abbattimento delle disuguaglianze e sul forte investimento sulla crescita e valorizzazione delle loro competenze. Sono troppi i giovani con un basso titolo di studio rispetto ai propri coetanei europei. Tutto ciò va riprogettato con una visione strategica, epocale e continua, che metta in sinergia le migliori competenze del Paese, ricreando uno slancio collettivo, in cui scuola, università, mondo del lavoro puntino sulle risorse giovanili e femminili, creando il protagonismo di questi soggetti sociali, creativi, visionari e concreti. Così, ricostruiamo in loro una fiducia nel futuro, ma soprattutto in questa società, garantendo loro maggiori occasioni di occupazioni dignitose, rilanciando attraverso la contrattazione l’alternanza scuola lavoro, l’apprendistato duale e professionalizzante, promuovendo percorsi scolastici verso ITS e costruendo pratiche di recupero per i giovani che hanno abbandonato prematuramente la formazione scolastica. Alle staffette generazionali e ai contratti di espansione serviranno piani e gestioni programmate e condivise di ricambio generazionale”.

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