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Arte

A bergamo

Disegno, pittura e scultura: le mostre da non perdere prima di Natale

“Gianfranco Ferroni. La durata della memoria” allestita a Palazzo Bassi Rathgeb a Bergamo, “Il racconto di sé” 27 autoritratti di pittori bergamaschi al Macs di Romano di Lombardia, Nino Galizzi all’ex Ateneo di Città Alta e Giovanni Sana con “Tempo sospeso” alla Galleria 104 in città

Bergamo. Ma chi l’ha detto che l’interesse per la pittura e la scultura arretra. Le mostre allestite tra città e provincia in questa stagione sembrano piuttosto affermare il contrario.

Prima delle feste c’è tempo ancora una settimana per visitare alcune tra le più interessanti o curiose esposizioni del territorio i cui protagonisti restano nei binari di una tradizione tecnica plurisecolare, disegno, scultura, pittura, con concessioni esclusive alla molteplicità dei materiali.

Chiude il 15 dicembre la bella mostra-omaggio a Gianfranco Ferroni nel ventennale della morte. Curata da Chiara Gatti e Arialdo Ceribelli, la rassegna “Gianfranco Ferroni. La durata della memoria” allestita a Palazzo Bassi Rathgeb (via Pignolo 76), mette in fila trenta opere tra dipinti e disegni prodotte negli anni Settanta. È il momento di una maturità assai riconoscibile del pittore, rigoroso, essenziale, concettuale. “Porta chiusa”, “Lo studio. Sequenza”, “Interno con proiettore”, “Analisi di un pavimento. Londra” , “Metropolitana – Ingresso”, “Carrello con oggetti e lampada” sono tutte opere accomunate da un’immobilità rarefatta, da una radicale assenza di figure umane, da una razionalità neo-metafisica che traduce l’ inconfondibile figurazione di Ferroni fuori dal tempo, in una dimensione tutta interiore, mentale e spirituale. “È la pittura che dipinge la pittura”, come chiarisce Chiara Gatti in catalogo: “le scene immobilizzate come fotogrammi di una pellicola cinematografica in movimento dimostrano l’ossessione per lo studio di ogni inquadratura dove l’angolo ottico o il punto di visuale si alza e si abbassa sulla linea di un periometro fiscio, sullo zoccolo di una parete”. In fin dei conti, una pittura che ritrae se stessa indagando in modo assillante, ma non a fondo chiuso, le proprie potenzialità. La mostra è aperta da lunedì a venerdì dalle 8.30 alle 18.30 (chiusa nel weekend).

4 mostre a dicembre

Se invece ci interessa la figura umana come via d’introspezione, fino al 12 dicembre il Macs di Romano di Lombardia porta in scena ben 27 autoritratti di pittori bergamaschi. L’autoritratto è per definizione lo specchio di una riflessione meditata e la mostra “Il racconto di sé” mette in primo piano i volti noti della scena orobica del Novecento, da Trento Longaretti, Mario Cornali, Orfeo Locatelli, Franco Normanni, Ignazio Nicoli, a Silvia Manfredini, Carlo Previtali, Vittorio Consonni, Cosetta Arzuffi. “Qualche anno fa – spiega monsignor Tarcisio Tironi, direttore del Macs – su invito dell’amico Ignazio Bresciani visitai la sua abitazione accompagnato dall’indimenticabile Bruno Cassinelli. Mi colpì la sfilata di immagini: una processione su tre file di anelli rotondi delle stesse dimensioni dove venticinque (ora ventisette) artisti raccontavano di sé”. Si realizza così, dopo il rinvio di un anno, la mostra dei ritratti della collezione che fu iniziata da Ignazio Bresciani 37 anni fa e portata avanti con pervicacia fino al 2020. Questi gli altri artisti, al contempo modello e pittore, i cui volti ritratti si ammirano in mostra: Cesare Benaglia, Natale Bertuletti, Angelo Capelli, Mino Marra, Edgardo Salvi, Candido Baggi, Gianni Bergamelli, Giancarlo Defendi, Luigi Giliberto, Gianluigi Lizioli, Mario Pozzoni, Giovanni Sirtoli, Mario Jannucci, Simone Morelli, Cecco Previtali, Guglielmo Salvetti, Luana Raffuzzi, Serenella Angeloni. Per chi ha familiarità col panorama pittorico locale, la visita è come un incontro tra amici, tra i volti di chi è scomparso e gli sguardi di chi è ancora ben attivo sulla scena della cultura e dell’arte.
L’esposizione, corredata da catalogo, è allestita nella sala Alberti (Piazza Fiume) a Romano di Lombardia ed è visitabile il sabato e la domenica dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 16 alle 18.30.

4 mostre a dicembre

Per chi preferisce la scultura, in Città Alta all’ex Ateneo è visibile fino al 12 dicembre una selezione di opere dello scultore Nino Galizzi. Nella cornice di una collettiva di pittori contemporanei del gruppo Bagutta (dell’omonima galleria in Corso Garibaldi a Milano) si inserisce una serie di statuine in bronzo e gesso- alcune figure intere, teste e busti mutilati alla maniera classica – che riaccende l’attenzione su uno scultore forse un po’ dimenticato ma meritevole e accreditato della scena bergamasca del Novecento. Di Nino Galizzi, nato a Bergamo nel 1891 e formatosi tra la Fantoni e l’Accademia Carrara, abbiamo quotidianamente sotto gli occhi le statue dell’Italia etrusca e romana sulla facciata principale del Palazzo delle Poste, le allegorie dei fiumi Brembo e Serio sul fronte dei portici del Sentierone, i bronzei Sonno e Sogno alla Camera di Commercio nel cuore del centro piacentiniano e vari altri bassorilievi e sculture dislocati nei luoghi pubblici della città, realizzati negli anni del fascismo e seguenti.
Le piccole opere esposte all’ex Ateneo , affiancate anche da qualche fotografia di Galizzi sotto le armi, articolano un sintetico racconto plastico, di tono familiare, che fa nascere il desiderio di conoscere di più la produzione non pubblica dello scultore scomparso nel 1975– di cui nel 1960 il critico Miklos Varga annotava “il particolare ritmo dialettico, composto di delicati accenti plastici, soffusi di trame mistiche e sensuali”.

4 mostre a dicembre

Di registro completamente differente, più contemporaneo e pop, tra surrealismo e lezioni astratte, è il linguaggio del bergamasco Giovanni Sana. La sua mostra “Tempo sospeso” è allestita alla Galleria 104 di Bergamo fino al 12 dicembre.
Il potere immaginativo della tridimensione e la scansione misurata dell’architettura si incontrano in installazioni policrome in gesso, legno, gas-cemento: Sana lavora per sottrazione, riduce all’essenza i corpi, gli oggetti, la natura. Il risultato sono forme ibride, tra concretezza materica e proiezione immaginativa, che dissolvono le distinzioni tra interno ed esterno e giocano in libertà con geometrie non euclidee. È la rivincita delle piccole cose, intimamente legate alla nostra quotidianità e riscoperte nei mesi del lockdown: l’artista, che riflette proprio su quel “tempo sospeso”, ci restituisce l’esperienza del distanziamento forzato sotto forma di orizzonti verso cui tendere, fughe sognate e labirinti senza uscita. Si tratta, fondamentalmente, di dispositivi del pensiero, macchine per ricordare e per immaginare, in tempi duri per l’esercizio delle proprie facoltà di “umani”.

La mostra, allestita in via Borgo Palazzo 104, è aperta nei seguenti orari: dal martedì al venerdì dalle 17 alle 19, sabato 17 – 19.30, domenica 10 – 12.30.

4 mostre a dicembre
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