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Domenica 5 dicembre

Evaristo, Giorgio e Raimond: l’Anpi ricorda i tre partigiani massacrati a Cantiglio

La notte tra il 3 e il 4 dicembre del 1943, mentre stavano presidiando la Val Taleggio, furono presi e uccisi brutalmente

Cantiglio. Si chiamavano Giorgio Issel, Evaristo Galizzi e Raimond Marcel Jabin. Il primo veniva da Genova (aveva parenti in Val Brembana), il secondo era un ragazzo di San Giovanni Bianco, il terzo un aviatore francese scampato alla prigionia di guerra.

Insieme a pochi altri, la notte tra il 3 e il 4 dicembre del 1943, stavano presidiando un gruppo di cascine disabitate in Val Taleggio, località Cantiglio, diventate base di una banda partigiana appena costituita. Nel sonno, sono stati presi e massacrati brutalmente da 150 uomini tra fascisti e SS tedesche.

È l’eccidio partigiano di Cantiglio: sarà ricordato domenica 5 dicembre, per iniziativa della sezione Valle Brembana dell’ANPI, in collaborazione con i Comuni di San Giovanni Bianco e Taleggio.

L’appuntamento è alle 8,30 al Ponte del Becco, in Val Taleggio, per una escursione di gruppo a Cantiglio. Lì, alle 11,15, ci sarà il saluto delle autorità locali, la deposizione di una corona d’alloro alla lapide che ricorda la strage e un momento di commemorazione dei tre caduti, a cui è intitolata la piazza principale di San Giovanni Bianco. A seguire si terrà un rinfresco per tutti i presenti.

Spiega Claudio Plevani, Presidente della sezione ANPI “Giuseppe Giupponi Fuì” della Valle Brembana: “Questi tre partigiani sono morti perché avevano fatto la scelta di stare dalla parte giusta. Guai a dimenticare che fu grazie al loro sacrificio, insieme a quello di altre migliaia di partigiani nel resto d’Italia, che il nostro Paese, distrutto da vent’anni di dittatura sanguinaria, riconquistò la libertà e la democrazia e vide la nascita della Repubblica e della sua Carta Costituzionale, oggi attuale più che mai. Per questo vogliamo ricordarli e onorarli”.

La brigata di Cantiglio guidata da Giorgio Issel era costituita da alcune decine di uomini, tra cui diversi ragazzi di San Giovanni Bianco. Molti di loro, nella notte del rastrellamento, si erano allontanati proprio perché temevano un attacco dei fascisti. I pochi rimasti di guardia, dormivano credendosi protetti dalla forte nevicata. “Cercai con ogni mezzo di dare un segnale ai Partigiani – raccontò in seguito il parroco don Ugo Gerosa, che fu costretto dai fascisti a guidarli verso il rifugio -. Accendevo la luce della canonica, accendevo fiammiferi con la scusa di fumare. Ma tutto fu inutile”.

In pochi riuscirono a scappare, chi non venne trucidato fu spedito nel lager di Dachau. Il giorno seguente fascisti e SS incendiarono tutte le cascine e la piccola chiesa della frazione.

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