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Bergamo, in 10 anni perse 92 edicole: “Il modello originale non funziona più, serve ampliare l’offerta”

In provincia sono 213 i punti vendita attivi, contro i 305 del 2011 e i 276 del 2016: "Crollo delle vendite, riduzione dei margini e sostegni dallo Stato insufficienti"

Bergamo. Il primo elemento di crisi è una tendenza in atto da tempo, senza inversioni di rotta nemmeno momentanee: in Italia si vendono sempre meno quotidiani cartacei.

Guardando ai dati delle vendite individuali del mese di settembre, certificati dalla società specializzata Accertamenti Diffusione Stampa, la situazione è da profondo rosso: rispetto allo stesso mese dello scorso anno, tra i 20 quotidiani più diffusi in Italia, le perdite vanno dal -0,07% de “La Verità” al -38,05% di “Tuttosport”, con contrazioni pesanti anche per la top 3 “Corriere della Sera” (4,71%), “la Repubblica” (-19,45%) e “La Gazzetta dello Sport” (-6,7%).

Dall'altro lato, con un mercato che viaggia sempre di più verso l'informazione online, in tempo reale e di rapido consumo, anche gli editori si sono adeguati rendendo più corposa l'offerta digitale, gratuita o a pagamento.

Uno scenario ormai ben delineato che ha portato rapidamente a un crollo verticale dei margini in favore degli edicolanti, sempre più in difficoltà nella gestione di un'attività diventata al limite dell'insostenibile.

Al terzo trimestre 2021, secondo i dati della Camera di Commercio di Bergamo, i punti vendita che hanno come attività principale quella di "Commercio al dettaglio di giornali, riviste e periodici", identificata con codice ATECO 47.62.10, sono 213: ben 63 in meno rispetto allo stesso periodo del 2016 (erano 276) e 92 in meno dal 2011 (305).

Un dato che va spiegato, perchè tra queste 213 ci sono sicuramente le imprese che vendono esclusivamente quotidiani, ma anche punti vendita che vi affiancano un'attività secondaria, dai tabacchi alla somministrazione di cibi e bevande.

Insomma, le edicole in senso stretto potrebbero essere molte di meno.

Solo qualche settimana fa vi avevamo raccontato della chiusura dell'ultima rimasta nel quartiere cittadino di Colognola: una serrata che in quel caso non era legata a ragioni economiche ma di salute, anche se l'edicolante non aveva faticato ad ammettere le difficoltà del mestiere, comprese quelle fisiche (qui l'intervista). 

"Perchè il lavoro si sviluppa su sette giorni la settimana, con turni anche molto lunghi - conferma Oscar Fusini, direttore di Ascom Bergamo - Purtroppo la riduzione dei margini, ma soprattutto la graduale riduzione dei pezzi venduti, hanno portato a ridurre in modo drastico la remunerazione. Teniamo presente che 25 anni fa, spesso, coi guadagni di un'edicola si manteneva un'intera famiglia, con moglie e marito che potevano permettersi di lavorare insieme e darsi una mano, vivendo molto dignitosamente. Oggi, invece, con la vendita dei soli giornali, non è pensabile sostenere l'attività ed è questo il problema che affligge la categoria. Nonostante il calo costante possiamo dire che la gente i giornali continua a comprarli, ma su tantissimi prodotti il prezzo di copertina, e contestualmente il margine, sono scesi. I punti vendita esclusivi sono in gravi situazioni economiche: il governo a più riprese ha provato a sostenerli mettendo in campo dei bonus che sono stati un piccolo aiuto, ma insufficiente a garantire la sostenibilità dell'attività".

Chi da tempo prova a proporre un cambio di mentalità nel settore è Giorgio Corno, titolare della DIF Spa, società che si occupa della distribuzione di giornali nelle edicole di Bergamo e provincia: "Da tempo stiamo assistendo a continue chiusure di punti vendita esclusivi, che vivono solo di quotidiani e riviste. A fronte di una riduzione del mercato editoriale nessuna società potrebbe permettersi di mantenere una cinquantina di punti vendita nella città di Bergamo. Sicuramente l'informazione online ha un po' eroso questo mercato. Cosa si può fare? I punti vendita devono ibridare la propria offerta, devono riuscire a integrarla vendendo anche altro. I giornali rendono un punto vendita più interessante, ma diventa anche difficile ampliare la merceologia in chioschi di 6-7 metri quadrati. Qualche edicolante con un po' più di spirito imprenditoriale si è trasferito in negozi veri e propri e ha fatto un altro tipo di business. Il Comune di Bergamo, da questo punto di vista, ha iniziato un percorso virtuoso per consentire agli edicolanti di aumentare le dimensioni del proprio punto vendita (QUI i dettagli). Perchè è vero che le edicole oggi devono vendere altro, ma devono anche essere messi nelle condizioni di poterlo fare".

Il problema, aggiunge Corno, è soprattutto dei chioschi che rappresentano il punto debole della catena e che per il 90% si trovano in città o in paesi di grandi dimensioni come Treviglio e Seriate: "Nei centri più piccoli, invece, più che edicole troviamo dei bazar".

Sulle chiusure il titolare della DIF aggiunge ulteriore carne al fuoco: "I numeri visti in precedenza sono attendibili, ma tra le motivazioni inseriamo anche il possibile mancato ricambio generazionale. Il lavoro è molto impegnativo, duro, ma garantisce anche un presidio insostituibile all'interno di una piazza o un quartiere. Qualcuno mi dice sempre che l'edicola è il social network originale: ci si trova, si discute. Sono valori importanti, che devono trovare un equilibrio anche nella parte commerciale".

Nella sua proposta, l'azienda sta cercando di spingere sui prodotti alternativi: "Dai sacchetti della differenziata alle bombole per gasare l'acqua - spiega Corno - Vogliamo aiutare le edicole a diversificare, perchè il prodotto tradizionale, le figurine o il giocattolino per i bambini vanno bene ma non bastano più. La sfida più importante è quella dell'ibridazione commerciale che non tutti si sentiranno di sostenere, ma è un percorso che merita di essere esplorato e seguito: noi vogliamo esserne parte attiva".

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