Bergamo. Un momento di riflessione fondamentale sulla scuola, per capire quale sia la direzione di marcia da intraprendere: così il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi e il sindaco di Bergamo Giorgio Gori hanno “aperto” la sesta edizione degli Stati Generali della Scuola Digitale che venerdì 26 e sabato 27 novembre si terranno (in modalità mista, in presenza e da remoto con oltre cinquemila persone iscritte) all’ex centrale di Daste e Spalenga.
“Bergamo dimostra ancora una volta di essere un punto di eccellenza del Paese – ha sottolineato il ministro – Il Covid ci ha imposto di prendere atto che esistono possibilità di comunicazione e di relazione sulle quali non eravamo preparati: ha imposto una sorta di alfabetizzazione di massa sull’utilizzo di questi strumenti digitali. Siamo poi arrivati a un momento di caccia alle streghe verso la DAD: noi con scienza e coscienza dobbiamo essere attenti a comprendere non solo cosa è successo ma capire bene come andare avanti. Di fronte all’emergenza i nostri docenti hanno utilizzato tutti gli strumenti a disposizione: l’alternativa alla DAD non era la presenza ma l’assenza, il perdere qualsiasi connessione. Riconosciamo lo sforzo dei nostri docenti: è stato faticoso, abbiamo voluto tornare in presenza ma dobbiamo riprendere quella riflessione profonda, capace e avanzata che questi Stati Generali già l’anno scorso anno affrontavano”.
Sugli strumenti il ministro Bianchi ha ricordato la possibilità offerta dal Pnrr: “Abbiamo a disposizione 2,8 miliardi che vanno investiti in modo da renderli acceleratori di processi di crescita, matrice di moltiplicazione di altri interventi e non un semplice spesa specifica. Da una parte, è vero, dobbiamo investire per dotarci di questi strumenti, ma dall’altra è fondamentale farlo anche sulla formazione delle persone che li fanno funzionare. Chiaramente oggi non possiamo riproporre in digitale la stessa modalità didattica della lezione in presenza: dobbiamo lavorare su questo, pensando a quale scuola vogliamo nell’epoca della digitalizzazione. Non possiamo dimenticarci nemmeno della sfida per il cambiamento climatico e le due cose non possono essere disgiunte, perchè segnano i paletti della grande trasformazione sociale che stiamo vivendo. Non possiamo lasciare indietro nessuno e non possiamo permetterci di dividere il Paese e i Paese tra chi è in grado di utilizzare al meglio le tecnologie digitale e chi non ci riesce. Siamo di fronte a un percorso lungo, non possiamo pensare di recuperare in un solo anno ben 30 anni di ritardi che abbiamo accumulato: siamo chiamati a passare da una scuola che aveva come chiave di lettura la standardizzazione a una che garantisca a tutti prodotti personalizzati. Questa è la chiave della nuova rivoluzione. Non è soltanto un grande mandato sociale, ma anche una grande responsabilità verso i ragazzi e tutti noi”.
All’intervento di Patrizio Bianchi ha fatto seguito quello di Giorgio Gori: “Oggi siamo, a maggior ragione dopo la pandemia, nella piena consapevolezza che forse il titolo di questa manifestazione dovrebbe cambiare in ‘scuola nella società digitale’. Perchè la società è cambiata rapidamente e ancora lo farà. State lavorando sui giovani che abiteranno quella società: serve dare loro strumenti per essere cittadini e lavoratori in senso compiuto, avendo tutte le opportunità che si dischiudono davanti a loro”.
A chiudere la prima parte della mattinata le parole di Patrizia Graziani, responsabile dell’Ufficio Scolastico Provinciale: “Ho vissuto l’avventura del digitale dalla sua nascita. Anche io credo che serva un grande ripensamento della scuola, non solo a livello organizzativo. Sono stati due anni che hanno cambiato profondamente il mondo della scuola, serve un grande lavoro di revisione dell’impianto. Questa didattica a distanza, poi didattica digitale integrata, che è stata messa a processo è stata invece l’unico filo di relazione, indispensabile per gli studenti. La sfida e la priorità è abituare le menti giovani a un approccio a una didattica al digitale con semplici e utili strumenti che li possano accompagnare nel loro percorso educativo. La strada è già tracciata: dobbiamo colmare un gap digitale che stiamo scontando da tempo. Abbiamo scoperto che i nostri ragazzi nativi digitali sono esperti nel maneggiare lo smartphone ma poi quando si sono trovati di fronte a una piattaforma, entrare in un ambiente virtuale o crearlo, si sono mostrati impreparati. Una grande lezione per noi adulti che pensavamo a competenze differenti degli studenti. Ha messo in evidenza anche difficoltà, disagi e differenze che c’erano tra le nostre scuole. Un’esperienza che ha evidenziato la necessità di ripensare la formazione degli insegnanti nel digitale: non è più pensabile alla medesima lezione in presenza fatta tramite uno schermo, è evidente a tutti ormai che vada rivista questa modalità”.
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