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L'intervista

Nuova pillola anti-Covid, Ariela Benigni: “Risultati promettenti nella sperimentazione”

La dottoressa Ariela Benigni, dell’Istituto Mario Negri, illustra le novità relative alla nuova pillola anti-Covid della Merck

“I dati che si stanno raccogliendo finora nella sperimentazione sono buoni: sembra una terapia promettente”. Così la dottoressa Ariela Benigni, segretario scientifico e coordinatore delle ricerche delle sedi di Bergamo e Ranica dell’Istituto Mario Negri, si esprime in merito alla nuova pillola anti-Covid che stanno testando l’azienda farmaceutica MSD – nota come Merck negli Stati Uniti e in Canada – e Ridgeback Biotherapeutics.

Il farmaco, chiamato Molnupiravir, è un antivirale orale sperimentale per il trattamento di SARS-Cov-2 negli adulti e nei giorni scorsi l’Agenzia europea per i medicinali (EMA) ha avviato una revisione continua per analizzarne l’efficacia: per saperne di più abbiamo intervistato la dottoressa Benigni.

Siamo a una svolta nella ricerca di cure specifiche efficaci contro il Covid?

Nel caso del Covid-19 è difficile parlare di svolte perché bisogna acquisire ancora tante evidenze in itinere prima di poter esprimere valutazioni: non avendo un’esperienza pregressa è sempre meglio essere cauti e valutare i dati del momento. Questo farmaco, però, sembra promettente: potenzialmente potrebbe avere le caratteristiche che ci possono far sperare di aver trovato una molecola utile per il trattamento del Covid-19.

E l’Ema ha avviato le analisi su questo farmaco, giusto?

Ha avviato una procedura di revisione continua, quella che in gergo si chiama rolling review. Invece di esaminare tutto il dossier che contiene le prove sperimentali e cliniche che sono state eseguite, l’agenzia europea per i medicinali valuta i dati man mano che vengono prodotti e questo accelera i tempi. Non è una procedura nuova e nemmeno d’emergenza: esiste già ma non viene applicata sempre. Considerando che abbiamo bisogno di nuove evidenze, però, deve valutare una mole di dati sulla qualità, sulla sicurezza e sull’efficacia del prodotto analizzandoli progressivamente.

Cosa prevede questo iter?

L’Ema li valuterà e la revisione continuerà fino a quando non ci saranno prove sufficienti per consentire all’azienda di presentare una domanda formale di autorizzazione all’immissione in commercio del farmaco. Non c’è una scadenza entro la quale l’Agenzia dovrà necessariamente prendere una decisione: tutto dipenderà dai dati che le vengono forniti. È difficile, quindi, ipotizzare una tempistica entro cui verrà formulata la risposta, ma in linea di massima potrebbe essere questione di mesi.

E cosa sappiamo di questa molecola?

Il nome “Molnupiravir” è ispirato al Mjölnir, il martello usato da Thor, figlio di Odino, la divinità norrena e germanica corrispondente a Giove/Zeus. È un nome che è stato dato perché è una molecola diversa dalle altre e si contraddistingue per un meccanismo d’azione molto peculiare. Inizialmente era stata sviluppata contro il virus dell’encefalite equina e, come tutti i farmaci, è stata il risultato di progetti di ricerca universitari. Più precisamente, è stata sviluppata dall’Emory University e, in particolare, da un’azienda no-profit legata a questa università in Atlanta. Successivamente è stato dato il permesso di continuare gli studi alla Vanderbilt university che ha poi ceduto la licenza alla Ridgeback Biotherapeutics in Florida.

Come funziona questo farmaco?

Quando viene ingerito, subisce una piccola modificazione e la sua struttura diventa molto simile a una base dell’Rna. Sappiamo che l’Rna del virus è formato da tante basi e questo farmaco ne imita gli elementi costitutivi: quando il virus entra nella nostra cellula il suo compito è di duplicarsi cioè di creare copie di se stesso, del suo genoma costituito da Rna. Maggiore è la quantità di Rna che si forma e maggiore sono le particelle virali che si genereranno così l’infezione si propaga. Quando l’Rna si duplica, Molnupiravir si sostituisce ad alcune basi perché è molto simile a loro dal punto di vista chimico.

E cosa accade?

Molnupiravir, che nel dosaggio in corso di sperimentazione viene somministrato almeno per cinque giorni, si inserisce ogni volta che il filamento di Rna si duplica fino a quando si accumulano così tante alterazioni che l’Rna del virus non riesce più a replicarsi e il virus viene eliminato. Questo fenomeno prende il nome di mutagenesi letale.

Come sta andando la sperimentazione?

L’azienda sta valutando la sicurezza e la tempistica di somministrazione considerando il peculiare funzionamento alla base di questo farmaco. E c’è un altro aspetto da tenere presente: rispetto ad altri antivirali come il Remdesivir o gli anticorpi monoclonali che si possono ricevere per via endovenosa o per iniezione, il Molnupiravir si prende per via orale, quindi non sarebbe necessario recarsi in ospedale. Il medico potrebbe prescriverlo e sarebbe possibile assumerlo direttamente a casa: potrebbe essere una futura cura domiciliare.

Va assunto precocemente?

In linea generale, quando si contrae il Covid-19, prima si prendono i farmaci per curarlo meglio è. Nel caso di Molnupiravir, i pazienti sono stati trattati entro cinque giorni dalla comparsa dei primi sintomi e negli studi che sono stati condotti finora si è visto che questo farmaco è in grado di ridurre del 50% il rischio di ospedalizzazione e di morte in adulti che hanno una forma lieve o moderata di malattia. Sono stati inclusi, inoltre, soggetti con almeno un fattore di rischio (età e patologie pregresse come obesità, diabete e malattie cardiovascolari), che avrebbe potuto determinare un’evoluzione severa dell’infezione. I risultati ottenuti sono buoni e non sono stati riscontrati particolari eventi avversi ma sicuramente bisogna analizzare un campione più numeroso di pazienti. Ma c’è un’altra cosa importante

Quale?

Questo farmaco è efficace indipendentemente dalla variante che viene contratta perchè va a interferire con la replicazione del virus. Che sia mutato o meno, tutti gli errori che vengono accumulati nell’Rna ne provocano l’eliminazione. Diviene utile, quindi, anche qualora si diffondessero nuove varianti. Va ricordato, comunque, che si tratta di una cura che non sostituisce la vaccinazione, che rimane uno strumento di prevenzione fondamentale.

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