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Il discorso del sindaco

Celebrazioni 4 novembre in forma ridotta: lo scorso anno entravamo nel secondo lockdown fotogallery

Corona d'alloro in Rocca, commemorazione alla lapide dei Caduti e al monumento ai Fratelli Calvi, Alzabandiera, discorso del sindaco in piazza Vittorio Veneto e Inno d'Italia suonato dalle campane

Bergamo. Niente corteo, niente schieramento delle forze militari, ma una riflessione profonda sul periodo che stiamo vivendo.

Anche quest’anno, come nel 2021, le celebrazioni in occasione del 4 novembre, giornata dell’Unità nazionale e delle Forze armate, si sono svolte in forma ridotta, nel rispetto delle norme anti-contagio da Covid-19. Certo non siamo nella stessa situazione del 2020: il 5 novembre tornavamo in lockdown: bar e ristoranti chiusi, coprifuoco, smartworking.

Questa mattina alla Rocca è stata deposta la corona d’alloro ai Caduti in guerra, poi le autorità si sono spostate in piazza Matteotti per la commemorazione alla lapide dei Caduti a Palazzo Frizzoni e al monumento ai Fratelli Calvi.

Poi l’alzabandiera in piazza Vittorio Veneto, il messaggio del Presidente della Repubblica e l’intervento del sindaco Giorgio Gori. Le campane hanno suonato l’Inno d’Italia.

“Il 4 novembre 1918, con l’armistizio di Villa Giusti, per l’Italia si concludeva vittoriosamente la “Grande Guerra” contro l’Austria: un conflitto iniziato il 24 maggio 1915 e che per 41 mesi coinvolse oltre 5 milioni di combattenti, militari e civili, uomini e donne, in nome della conclusione del processo di “completamento dell’Unità nazionale con la liberazione ed il ritorno all’Italia” di Trento, Trieste e dei territori.

La guerra, che già da quasi un anno sconvolgeva l’intera Europa, era la prima “ guerra totale ” della storia dell’Umanità: il primo conflitto altamente tecnologico e di massa che coinvolse in tutto il continente circa 70 milioni di combattenti e che provocò oltre 20 milioni tra feriti e invalidi, per non parlare delle sofferenze delle famiglie, delle vedove e degli orfani il cui numero è sconosciuto, e quasi 8 milioni di morti, dei quali quasi 600.000 Italiani.

Le conseguenze di questo conflitto hanno sconvolto, nel profondo, le società europee ed anche quella italiana, sia nelle strutture politiche che in quelle economiche, sociali e culturali tanto da creare le premesse per la nascita e l’avvento del fascismo in Italia e di governi autoritari in molti Paesi europei.

Nella memoria collettiva degli Italiani, pur con un percorso ondivago, non si è mai dimenticata quella immane tragedia ed in ogni città, da allora, di fronte al Monumento ai Caduti, il 4 novembre di ogni anno si celebrano la ricorrenza della Vittoria e del ricordo dei Caduti.

Il 4 novembre non è però solo celebrazione della Vittoria, lontana nel tempo, non è solo ricordo dei Caduti, memoria che il tempo non cancella, è anche la Celebrazione della “Giornata dell’ Unità Nazionale e delle Forze Armate”: una ricorrenza che esprime la vicinanza e l’affetto di un Popolo, e di noi Bergamaschi, alle Forze Armate, fondamentale strumento a garanzia della pace, della sicurezza e delle libere e democratiche istituzioni in Italia e nel mondo, nelle aree flagellate da conflitti in cui i militari sono inviati, su mandato internazionale, per promuovere la pace e la sicurezza.

Due altri avvenimenti storici, però, meritano oggi di essere ricordati. Il primo: nel periodo finale della Guerra (nell’autunno- inverno del 1918) la nostra Città, come l’intero Paese, fu colpita da una violentissima epidemia, che la guerra aveva indirettamente provocato e che causò molte più vittime della stessa Guerra: una pandemia, diremmo oggi, battezzata impropriamente “la Spagnola”, che attutì di molto i festeggiamenti per la conclusione della Guerra. Bergamo ha rivissuto una situazione analoga lo scorso anno: il dolore soggettivo e collettivo, questa volta, ha potuto esprimersi senza le censure che le autorità imposero un secolo fa in nome della Guerra. Da allora, quella sconvolgente pandemia è stata relegata nelle cantine della memoria, se ne sa poco, non ci sono cippi o lapidi a ricordarla, ma ciò che visse anche la nostra Città fu di una drammaticità spaventosa: e credo che proprio l’esperienza dello scorso anno ci dovrebbe spingere a comprendere quale fu la dimensione e la gravità di quella vicenda, appendice di una terribile Guerra, che a Bergamo provocò diverse migliaia di vittime.

Il secondo: il 28 ottobre 1921, tutta la Nazione venne coinvolta in un rito collettivo, intensamente vissuto dalla popolazione: la partenza del treno con feretro del “Milite Ignoto”, da Aquileia a Roma, e la sua tumulazione, il 4 novembre, nel Vittoriano, poi indicato come Altare della Patria. Fu un avvenimento epocale mai vissuto prima dal nostro Paese, ancora fragile e confuso nel primo dopoguerra: mai nella sua storia l’Italia aveva visto una tale commossa partecipazione che univa tutto il popolo italiano, tutti i ceti sociali, tutte le espressioni politiche e culturali, comprese le opposizioni che si erano battute contro l’entrata i guerra: per alcuni il Milite ignoto era il simbolo del soldato eroe morto per la grandezza della Patria, per altro era il simbolo del proletario morto per una guerra non sua, ma tutti lo celebrarono come rappresentante anonimo del dramma che la Nazione aveva vissuto: forse nemmeno il 25 Aprile del 1945 fu altrettanto unificante.

Anche la nostra Città visse quei giorni con commozione: dal 28 ottobre, giorno nel quale Maria Bergamas, madre di un giovane militare triestino, morto in guerra e mai identificato, scelse tra gli undici feretri che le erano stati posti dinanzi quello che sarebbe poi stato trasportato a Roma per diventare il simbolo del “Milite Ignoto”, cioè di tutti i militari Caduti in Guerra, Bergamo fu percorsa da cortei silenziosi e le case furono quasi tutte imbandierate a lutto. Questo per tutto il periodo del viaggio del treno da Aquileia a Roma, viaggio lentissimo a causa dell’immensa folla che ovunque era presente lungo i binari. Il 4 di novembre, poi, per tutto il giorno le aree centrali della Città furono invase da una folla che nessuna autorità si aspettava, una folla ordinata che seguiva con commozione le informazioni degli avvenimenti romani: lo spazio in cui si raccolse era quello del nuovo centro cittadino che sarebbe diventato, in pochi anni, anche il centro della memoria, con la Torre dei Caduti, piazza Vittorio Veneto, piazza Piave e la toponomastica a ricordo delle battaglie di Guerra.

Oggi, nel Centenario della traslazione e della solenne tumulazione del Milite Ignoto nel sacello dell’Altare della Patria, celebriamo dunque anche quel Soldato, inizialmente voluto come “di nessuno” e subito percepito come “di tutti”. A lui, al Milite Ignoto, il Consiglio comunale di Bergamo ha deliberato il 27 settembre scorso di conferire la Cittadinanza Onoraria, così come hanno deciso di fare in questa circostanza migliaia di altri Comuni italiani. E’ il segno dei nostri sentimenti verso tutti coloro che quel Milite rappresenta, e che oggi sentiamo tutti ugualmente figli della nostra Città.”

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