Ottobre è il mese della consapevolezza del disturbo da deficit di attenzione/iperattività, da molti conosciuto con l’acronimo inglese Adhd. Si tratta di un disturbo del neurosviluppo caratterizzato da livelli invalidanti di disorganizzazione, disattenzione e/o iperattività-impulsività diagnosticato in circa il 5% dei bambini e 2.5% degli adulti.
Per approfondirne gli aspetti clinici abbiamo chiesto spiegazioni ad Alessia Giana, psicologa, psicoterapeuta (nella foto qui sotto) sistemico-familiare e vice-fondatrice insieme a Sabrina Verzeletti del Servizio bergamasco neuropsicologia, centro di prima certificazione DSA a Telgate.
La dottoressa Giana ha conosciuto l’Adhd attraverso Thomas, un bambino con diagnosi di Adhd di tipo moderato, a cui offriva ripetizioni durante gli anni del liceo. Thomas l’ha messa davvero a dura prova soprattutto quando, molto stanco, le lanciava tutto ciò che poteva trovare nel suo astuccio. L’esperienza però, nonostante i momenti difficili si è trasformata nel trampolino di lancio verso una sfida prima personale e poi professionale: quella di aiutare tutti i bambini come lui attraverso una lunga formazione specifica su questo disturbo.
Per descrivere cosa sia l’Adhd, secondo la psicologa, non esiste immagine migliore di una bomba che cambia colore a seconda del momento della giornata: dal rosso delle esplosioni di rabbia incontrollate al nero degli atteggiamenti oppositivi verso gli altri. Per questo motivo purtroppo la diagnosi di questo disturbo è ancora molto stigmatizzata.
Alessia Giana ci racconta infatti che molti insegnanti davanti a una certificazione di Adhd hanno come prima reazione quella di mettersi le mani nei capelli e iniziare a immaginare un anno scolastico pieno di lotte.
Questo purtroppo si traduce nell’etichettare un alunno come “combina-guai” sia in classe che fuori traducendosi in isolamento da parte dei compagni e dell’intera comunità scolastica. Si tratta di un vero peccato perché l’energia dei bambini con Adhd può trasformarsi in una bomba multicolore fatta di sensibilità e creatività di cui tutti abbiamo bisogno.
L’Adhd è un disturbo neurobiologico, i tratti permangono tutta la vita e vanno considerati come caratteristiche della persona. Nel corso della crescita problematiche come l’iperattività e l’impulsività riducono progressivamente anche se l’agitazione motoria può trasformarsi in una sorta di inquietudine interna da tenere monitorata per evitare il presentarsi di disturbi d’ansia, depressivi o abusi di sostanze.
Il consiglio è quello di una presa in carico a partire dai primissimi anni della scuola elementare per capire fin da subito il confine sottile tra “lo fa apposta” o “non riesce a controllarsi” ed evitare reazioni che potrebbero solo aggravare il problema compromettendo il benessere familiare. Il supporto di un team clinico e una sempre maggiore conoscenza dell’Adhd sono le chiavi essenziali per stabilire relazioni che possano contribuire all’integrazione e alla valorizzazione delle qualità a discapito della stigmatizzazione.
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