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La storia

La hostess bergamasca: “Così Alitalia mi ha lasciata a terra”

Proposte inaccettabili con il passaggio in Ita: "Stipendio decurtato del 50 per cento lavorando il doppio. Prendo di più stando a casa in cassa integrazione a zero ore"

Bergamo. “È precipitato tutto a fine agosto, pensavamo che con il passaggio da Alitalia a Ita tutto il personale venisse riassorbito, ma abbiamo scoperto che i piani della dirigenza erano altri”.

A parlare è una hostess bergamasca, M.G, 45 anni, certificata nel 1999 e in Alitalia dal 2013, ora in cassa integrazione a zero ore per almeno un anno, costretta per motivi familiari a rinunciare all’offerta di impiego proposta dalla nuova compagnia di bandiera.

Mi sono trovata con le spalle al muro, non mi aspettavo un trattamento del genere. Quest’estate abbiamo lavorato tanto, i voli erano pieni e lo scorso anno un Decreto Legge ha riconosciuto il contratto dei dipendenti Alitalia come Contratto Nazionale, che sarebbe quindi stato applicato anche da Ita. Invece le condizioni che ci hanno proposto non erano certo quelle che pensavamo, che tra l’altro erano state applicate nei tre cambi di gestione che Alitalia ha subito negli ultimi dieci anni. Questa volta non è andata così e tante persone, quelle che hanno avuto la fortuna di essere ricontattate dalla compagnia, hanno dovuto rinunciare al proprio posto di lavoro”.

Dei 10mila dipendenti di Alitalia, ne sono state riassorbiti solamente 2.800, un terzo degli aerei è stato venduto e solamente cinque macchine sono impiegate per il lungo raggio: “Non capiamo la nuova politica della compagnia e ci chiediamo quale possa essere la sua posizione sul mercato. Non è competitiva né sulle tratte già coperte dalle low cost, visto che i costi dei biglietti sono nettamente superiori, né sul lungo raggio perché la maggior parte delle tratte sono state soppresse. Ne hanno tra l’altro inserite alcune singolari, come la Milano-Pescara”.

I primi di settembre i dipendenti Alitalia hanno cominciato a capire che la riconferma in Ita non era così scontata. “Mi è arrivata un’email dove mi chiedevano di partecipare ad una selezione. Un passaggio che sorprende, visto che lavoro in compagnia da otto anni e che hanno chiesto di fare lo stesso anche a dipendenti con quarant’anni di servizio. Ho partecipato ed è stato umiliante perché dopo 23 anni non avevo nulla da dimostrare. Mi hanno poi inviato il regolamento aziendale con la proposta lavorativa e mi è crollato il mondo addosso”.

M.G. ha due figli ed era stata assunta in Alitalia con un contratto part time: “Mi proponevano un rientro full time, con anzianità zero, un abbattimento in busta paga dal 40 al 50 per cento, riduzione del 30 per cento dei riposi minimi, riduzione delle ferie, tutto questo lavorando il doppio rispetto a quanto facevo prima. La scelta è stata obbligata, anche perché queste nuove condizioni erano inconciliabili con la gestione familiare. Considerate le soste fuori casa non sarei riuscita ad organizzarmi con i figli e affidarli ad una babysitter mi sarebbe costato tre volte tanto il mio stipendio, tenendo conto che la diaria è pari a 42 euro, somma che dovrebbe coprire il carburante per raggiungere l’aeroporto, colazione, pranzo e cena. Il paradosso è che stando in cassa integrazione prendo di più rispetto a quanto mi hanno offerto per lavorare a tempo pieno”.

Numerose le proteste del personale Alitalia, ogni giorno a Roma c’è un presidio davanti al Ministero: “Non abbiamo assolutamente compreso il criterio di selezione. Ci sono genitori single che non sono stati selezionati, coppie dove non è stato chiamato né uno né l’altro coniuge, mamme e papà con la 104 e figli disabili o genitori anziani da accudire, una mia amica separata è rimasta senza lavoro con due gemelli di pochi anni a carico. La situazione per tanta gente è davvero drammatica. Ci sentiamo abbandonati, soprattutto se consideriamo che Ita è di proprietà al 100% dello Stato. Invece di tutelarci è il Governo che ci mette in queste condizioni e questo non è accettabile”.

 

 

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