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L'intervista

Francesco Mandelli e i Dead Vision in concerto al Druso: “La musica è libertà”

Ci vuole un gran coraggio, e un pizzico di sana follia, per formare una garage punk band nel ventunesimo secolo. E questo basterebbe per etichettare come coraggiosi indiscussi i Dead Visions, che saranno venerdì 15 ottobre sul palco del Druso di Ranica.

Ci vuole un gran coraggio, e un pizzico di sana follia, per formare una garage punk band nel ventunesimo secolo. E questo basterebbe per etichettare come coraggiosi indiscussi i Dead Visions, che saranno venerdì 15 ottobre sul palco del Druso di Ranica.

I Dead Visions si stabilizzano nel 2018, quando Francesco Mandelli, noto attore, sceneggiatore, regista, scrittore e conduttore televisivo, decide di unirsi come cantante alla line-up toscana composta da Cesar P. Bigelow (Not Right), Federico Giammattei, Carlo Alberto Maria Rossi (Seed’n’Feed) e Sergio Innocenti (Los Dragos), rispettivamente alle due chitarre, al basso e alla batteria.

Il loro è un punk con una mission: far riflettere con la musica. Il r’n’r privo di fronzoli o edulcorazioni rimane, ma a questo si aggiungono le riflessioni sulla vita e sul mondo attuale. Una presa di posizione che merita rispetto e che si concretizza in “A Sea Of Trubles”, l’album di esordio della band.

“Mi piace questo disco perché indossa le vesti della musica punk, ma ha l’anima del soggetto più maturo in grado di analizzare i problemi della vita da un punto di vista più profondo, consapevole”, ha spiegato Francesco Mandelli, voce del gruppo.

Per preservare l’energia delle performance dal vivo, “A Sea Of Troubles” è stato registrato interamente in presa diretta, su nastro, e poi mixato nell’ormai leggendario Henhouse Studio di Alberto Ferrari, musicista bergamasco e frontman dei Verdena. La produzione è di Iacopo Bigagli, attuale chitarrista della band e fonico, tra gli altri, per The Soft Moon, Boy Harsher, Dirty Fences.

Francesco, come è iniziata la tua storia con i Dead Visions?

Tutto è nato grazie all’amicizia con Jacopo Bigagli, fonico e attuale chitarrista della band. Al termine di una giornata passata insieme, mi fece ascoltare una demo dei Dead Visions: capii immediatamente la direzione della band. Rimasi subito colpito. Così da tre anni viaggio frequentemente tra Milano, dove abito, e Lucca, dove vive il resto della band.

Il tuo passato artistico è segnato da altre esperienze musicali, come quella con gli Orange. Cosa ti ha spinto a unirti ai Dead Visions?

Il progetto è super interessante. I Dead Visions sono i migliori con cui abbia mai suonato: entrare a far parte di questa band per me ha significato fare un grande salto di qualità, musicalmente parlando. Nel 2020 è uscito “A Sea Of Troubles”, il nostro primo album, e ora stiamo lavorando al secondo.

“A Sea Of Troubles”, un mare di guai. Una garage punk band che cita Shakespeare. Siete coraggiosi.

Dentro questo album raccontiamo una parte di vita molto ampia, che va oltre il periodo di scrittura e registrazione delle tracce. Mi piace questo disco perché indossa le vesti della musica punk, ma ha l’anima del soggetto più maturo in grado di analizzare i problemi della vita da un punto di vista più profondo, consapevole.

In effetti il titolo e, ancor di più, l’artwork di copertina in cui sono raffigurate delle lattine in mezzo al mare, ci ricordano uno dei più grandi problemi del nostro tempo: dall’inquinamento globale.

Esattamente. Stiamo mandando all’aria il pianeta e il pianeta ce lo sta facendo notare. Oggi navighiamo in un mare di immondizia, fisica e metaforica. Una condizione a cui la gente sembra essersi abituata. Trovo assurdo e disarmante questo atteggiamento da parte delle persone. È la premessa che ti porta a non avere più il controllo dei problemi e della vita stessa.

Che approccio hai ai problemi della vita?

Ti assicuro che difficilmente non risolo i problemi mi si presentano. Esistono due modi risolverli. Il primo è affrontarli con spalle larghe, infinita forza mentale e resilienza. Il secondo è avere la mente positiva e farsi guidare dalla vita stessa. L’importante è non rimanere focalizzati solo su se stessi, escludendo tutto ciò che accade intorno a noi. Vivere in questo modo equivale a suonare sempre solo una nota, quando invece ne abbiamo a disposizione ben quindici. Usando tutti i colori possibili fai buona musica. Lo stesso vale per l’esistenza di ciascuno: stando concentrati solo su noi stessi non vivremo mai una buona vita.

“I got you”, una delle tracce del vostro album, esprime questa riflessione.

Si, è un pezzo dedicato a tutto quello che non riusciamo a prendere in considerazione perché troppo presi da noi stessi. Oggi siamo portati a credere che per essere felici bisogna essere per forza egoisti, pensare prima di tutto a noi stessi. In certi momenti della vita, questo può succedere, ma in generale non credo nel fine che giustifica i mezzi. Bisogna imparare a realizzare se stessi insieme agli altri e non escludendo gli altri. Solo così si può essere felici e liberi.

Quello della libertà è un tema caro ai Dead Visions. “Black Seagull” parla di incantesimi e maledizioni, delle situazioni che imprigionano e della forza. Come liberarsi da catene del quotidiano?

“Black Seagull” è un brano che si presta a diverse interpretazioni. Una di queste è che oggi siamo tutti vittime di un sistema di comunicazione binario, soprattutto sui social. “Like” o “Non like”. Questa è una contraddizione gigantesca dovuta al fatto che gli uomini non sono per nulla binari. Limitarci alle sole nostre credenze, non contemplando il diverso, ci rende prigionieri e poveri di pensiero. Per essere liberi dobbiamo stare con gli altri, circondarci di persone che ci fanno stare bene, che non necessariamente la pensano come te.

A proposito di frequentare le giuste persone, il tuo percorso professionale e di vita è segnato dall’amicizia con Alberto Ferrari, voce dei Verdena, che ha anche ospitato sul suo Henhouse il mixaggio di “A Sea Of Troubles”

Sono fan dei Verdena dal 1999, mi piace tutto di loro. Hanno sempre avuto una personalità pazzesca e una rara genialità musicale. I Verdena per restare liberi non sono mai scesi a compromessi. Questo li ha portato a fare album densi e diversi l’uno dall’altro. Tra me e i Verdena c’è un rapporto di ammirazione e amicizia. Anche per questo, e credendo fortemente nella qualità del progetto, ho proposto ad Alberto di lavorare al mixaggio dell’album.

Nella tua vita ci sono cinema, televisione, radio, romanzi, ma anche musica. Che ruolo ha nella tua vita quest’ultima?

Per me la musica è libertà. È tutto. Confesso di essere più appassionato di musica, piuttosto che di cinema e teatro, il mio lavoro. C’è un aspetto per cui mi ritengo fortunato: facendo altro nella vita, mi dedico alla musica con una leggerezza che non uso nel mio mestiere. Faccio musica per me stesso, per essere felice.

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