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L'intervista

Green pass obbligatorio, Foglieni: “Noi organizzati, ma con fornitori esteri rischiamo l’intoppo”

L'imprenditore a capo del Gruppo Fecs e vicepresidente di Confindustria Bergamo pone il problema dei trasportatori provenienti dall'estero: "Nemmeno sanno cosa sia il certificato verde"

Verdellino. “Tra i nostri dipendenti abbiamo una quota di vaccinati del 99%, ma il problema maggiore sarà la gestione dei fornitori che arrivano dall’estero e che del Green pass non sanno nulla”.

È un allarme serio quello lanciato da Olivo Foglieni, numero uno del Gruppo Fecs, holding industriale con sede a Verdellino che rappresenta un insieme integrato di attività di grande rilievo nel settore del recupero e riciclo di materie prime metalliche, e vicepresidente di Confindustria Bergamo con delega all’Ambiente e alla Sicurezza.

Un imprenditore abituato a guardare alla concretezza delle cose e che sull’obbligatorietà del Green pass per i lavoratori sposta subito il tavolo della discussione sulle difficoltà che la nuova normativa, in vigore da venerdì 15 ottobre, creerà alle aziende che, come le sue, dipendono per oltre il 50% da materiali importati dall’estero.

“Chiaramente ci siamo adattati alla normativa, con un conseguente aggravio di costi  – spiega – Abbiamo acquisito le app per il controllo dell’esistenza e della validità del Green pass e incaricato alcuni dipendenti di effettuare le verifiche al mattino e all’inizio dei turni. Avendo già una struttura interna, composta da responsabile della sicurezza, medico del lavoro e una squadra creata appositamente per gli infortuni, abbiamo deciso di affidare a loro queste operazioni. Che ci costeranno in termini economici e di tempo. Per la prima settimana i controlli saranno su base giornaliera, perchè vogliamo capire come funziona e avere un’idea chiara della cosa. Poi mi auguro che il legislatore faccia qualcosa di diverso, perchè sarà molto difficile continuare a sostenere l’attività”.

Il problema maggiore, come detto, nasce dal fatto che le aziende del Gruppo Fecs si affidano per buona parte a trasportatori esteri, in arrivo da tutta Europa: “Nemmeno sanno cosa sia il Green pass, perchè i loro paesi non lo prevedono – continua Foglieni. Prevediamo un grosso intoppo e problematiche importanti su questo tipo di forniture. Gli arrivi sono programmati da tempo e ciò ci ha consentito di metterci in contatto con largo anticipo coi fornitori, quantomeno per avvisarli di presentarsi almeno con un tampone negativo. Chi arriva dall’Est Europa, ad esempio, ed è stato vaccinato con Sputnik non si vede riconosciuta la vaccinazione. Di base c’è una grossa incongruenza legislativa a livello comunitario che nei primi giorni ci creeranno grossi problemi”.

Il rischio, alto, è quello di ritrovarsi con una fila di mezzi pesanti in attesa di entrare in azienda e con l’impossibilità di concedere il via libera: “Una soluzione, al momento, non esiste – ammette con amarezza – Quella meno invasiva, forse, sarebbe di fare tamponi rapidi sul posto, nei parcheggi, e aspettarne l’esito. Ma non mi pare fattibile, anche solo per l’impossibilità di costringere un autista a sottoporsi al test. Non vogliamo di certo violare le norme, ma questo è il collo di bottiglia che temiamo di più di questo provvedimento”.

 

 

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