Mercoledì 13 ottobre si celebra in tutto il mondo il World trombosis day: la trombosi, coagulo che ostruisce il circolo sanguigno in una vena o in un’arteria, è la terza malattia cardiovascolare più comune dopo l’ischemia miocardica e l’ictus cerebrale ed è connessa a due gravi complicanze: l’embolia polmonare e la sindrome post-trombotica.
L’argomento è di grande attualità. Anche perché le scoperte nella fase iniziale della pandemia sugli effetti più acuti del Covid hanno evidenziato relazioni pericolose tra il virus e la trombosi. Del resto, anche altre malattie virali – come l’influenza – possono causare disturbi della coagulazione: non sorprende, dunque, che anche il Covid-19 abbia questo effetto.
Di questo e molto altro abbiamo parlato con due esperti: Andrea d’Alessio, Responsabile Medicina Interna del Policlinico di Zingonia, e Anna Falanga, direttore dell’Unità di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale dell’ospedale Papa Giovanni.
Il primo è membro del Comitato Tecnico Scientifico della della Fondazione Artet, coordinato proprio dalla dottoressa Falanga. “La trombosi è tra i maggior killer del nostro secolo – spiega quest’ultima -. Ne abbiamo sentito parlare molto nell’ultimo anno e mezzo, ma conoscerne i sintomi è sempre importante. Una diagnosi tempestiva è fondamentale per curarla e salvare delle vite”.
La Fondazione – nata nel 2018 per svolgere attività di ricerca scientifica nel campo delle relazioni tra trombosi, emostasi e tumori – mette al servizio della società le conoscenze scientifiche relative a questi campi, promuovendo progetti di cura e assistenza dedicati ai pazienti fragili che necessitano di terapie anticoagulanti, antitrombotiche e/o trasfusionali.
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