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Lo sguardo di beppe

I ragazzi e la pandemia che stravolge i piani e i sogni

Lucrezia, 17 anni e Bertrand Russel: "Vi sono due maniere di scrivere sul futuro: una scientifica, l'altra utopistica"

Ho vinto il desiderio di commentare i dati elettorali, sorretto dal fatto che ormai tutti i giornali lo hanno già fatto. I numeri, queste realtà fredde, impietose, ma significative, hanno dato il responso e alcuni leader dal linguaggio abitualmente roboante nel parlare alla gente urlando mezze verità o addirittura bugie, smascherate poi dai fatti e dagli stessi numeri, hanno dovuto leccarsi le ferite.

Ma il vizio è duro a morire.

Non è bastato nemmeno il risultato negativo incassato da alcuni partiti a smorzare la voglia dei capitani di dimostrarsi in disaccordo con le dichiarazioni del capo del governo del quale sono essi stessi parte, sull’argomento tasse e catasto. La perseveranza nel mantenimento degli stessi atteggiamenti che sono stati alla base della débacle della tornata elettorale appena trascorsa, sarà ripagata probabilmente con la stessa moneta. Ma non essendo stato unto dal Signore come profeta, chiudo qui la parentesi relativa al voto.

Cedo il passo, invece, allo scritto di una giovane ragazza che nel trattare uno degli argomenti più problematici per i giovani, relativo al futuro, in un concatenarsi breve di pensieri e di osservazioni, con una dose di realismo difficile da trovare in persone di 17 anni, espone la sua visione di futuro.

Il tema da trattare era così enunciato: “Vi sono due maniere di scrivere sul futuro: una scientifica, l’altra utopistica“.

Ed ecco che dice Lucrezia: ”Questa frase di Bertrand Russel è un interessante spunto di riflessione. Pensare al futuro fa parte della natura umana. Fin da piccoli siamo stati spinti a sognare in grande, a immaginare un futuro sereno, una bella famiglia, il lavoro dei sogni, una casa, il tutto ottenuto senza particolari sforzi. Ricordo benissimo le domande, durante le cene di famiglia su che cosa avrei voluto essere nella vita e la mia risposta era sempre la stessa: avrei fatto il medico. Non so nemmeno da dove fosse nata questa idea; probabilmente dagli eroici racconti dei miei parenti che lavoravano in ambito ospedaliero, oppure dal fatto che all’epoca, semplicemente pensavo che fosse il lavoro più nobile e coraggioso che si potesse esercitare.

L’idea del futuro è una costante che ci tormenta fin dall’infanzia e che crescendo, diventa sempre più spaventosa. Io credo che il nostro modo di vedere, di pensare e di descrivere il futuro cambi insieme a noi; da piccoli si ha una visione utopistica dell’avvenire, lo immaginiamo esattamente come vorremmo che fosse e forse, come ci è stato fatto credere possa essere. Crescendo, invece, questa visione si evolve e si arriva ad avere un punto di vista più critico, dato dall’esperienza. Ovviamente il culmine di questa evoluzione è potenzialmente irraggiungibile, dato che ci sono molte variabili di cui non possiamo tenere conto. Ma penso che soprattutto in questo periodo di radicali cambiamenti, ognuno di noi si sia fatta una propria idea su ciò che accadrà.

La pandemia globale che ha colpito il nostro pianeta a marzo dello scorso anno è certamente qualcosa che ha destabilizzato ognuno di noi, stravolgendo i nostri piani a breve termine e, chi lo sa, magari anche quelli futuri.

Un altro esempio è l’installazione del ‘climate clock’, avvenuta lo scorso anno a Manhattan con lo scopo di aprire gli occhi della gente su quanto si sia vicini ad un punto di non ritorno. Tutti questi eventi ci hanno portato a riflettere su come cambieranno le cose nei prossimi anni e su come la nostra vita ne risentirà.”

È evidente che c’è ansia e un po’ di paura dei grandi eventi incontrollabili che hanno iniziato a colpire il pianeta che erroneamente, seguendo il dettato delle religioni giudaico-cristiane, abbiamo considerato un posto da sfruttare in modo incontrollato per soddisfare i nostri bisogni. I giovani, hanno compreso che questo atteggiamento nei confronti del mondo dovrà mutare, per far sì che la vita sul nostro pianeta azzurro non diventi molto problematica per tutti coloro che di futuro si nutriranno.

Grazie a Lucrezia del contributo e buona riflessione a tutti.

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