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L'intervista

Covid tra i bambini, il pediatra: “Aumento dei casi atteso, ma per ora non è preoccupante”

Ne parliamo con il dottor Luigi Greco, noto pediatra e consigliere dell’Ordine dei Medici di Bergamo

Bergamo. “Un aumento dei contagi fra i bambini e i ragazzi era atteso, ma per ora la situazione non è preoccupante”. Così il dottor Luigi Greco, noto pediatra e consigliere dell’Ordine dei Medici di Bergamo, traccia il punto della situazione sulla diffusione del Covid tra i più piccoli.

Negli ultimi giorni si sta parlando molto di questo tema, tornato al centro dell’attenzione in seguito alla riapertura delle scuole e la ripresa di molte attività ricreative che coinvolgono i giovanissimi. Abbiamo intervistato il dottor Greco per saperne di più.

Sembra che la pandemia si stia diffondendo in modo particolare tra i più piccoli. Com’è la situazione?

I contagi da Covid sono in aumento tra i più piccoli ma è un dato che ci aspettavamo tutti. Abbiamo visto, infatti, come la variante Delta sia molto più facilmente diffusibile in queste fasce d’età, che poi sono quelle che hanno un tasso di vaccinazione meno elevato. Detto questo, al momento, pur registrando delle positività alla variante Delta, la situazione non è preoccupante. Ci sono alcune classi in quarantena e alcune positività ma soprattutto molti virus di patologie banali che hanno funestato anche gli autunni e gli inverni precedenti alla pandemia da SARS-CoV-2: l’influenza non è ancora arrivata ma ci sono virus che interessano le alte e le basse vie respiratorie, che cominciano a infastidire i nostri bambini.

Considerando la variante Delta, i bambini sono maggiormente a rischio rispetto agli adulti?

Non sono più a rischio, nel senso che non si tratta di una variante più aggressiva, cioè non è più pericolosa, rispetto a quelle precedenti ma ha una diffusività maggiore: considerando che nelle fasce d’età minori è più difficile garantire il distanziamento e il rispetto delle norme igieniche è più facile che il virus circoli. In termini di gravità, non determina percentualmente un incremento di forme severe ma è chiaro che se cresce il numero assoluto di bambini positivi di conseguenza aumentano anche quelli che possono avere problemi.

Per ricoveri in terapia intensiva e decessi la situazione dei bambini è migliore rispetto agli adulti?

Si, per vari motivi… per com’è fatto il loro sistema immunitario, perché probabilmente hanno meno ricettori della proteina Spike e perché probabilmente anche le vaccinazioni dell’infanzia in qualche maniera li proteggono di più. Tutti questi aspetti fanno sì che abbiano una sintomatologia generalmente più lieve rispetto agli adulti, per cui il ricorso alla terapia intensiva e i decessi sono percentualmente meno. Per quanto riguarda il grado di contagiosità dei bambini, da uno studio condotto negli Stati Uniti su un numero piuttosto importante di ragazzini e giovani è emerso che nel 45% dei casi anche i più piccoli possono infettare gli adulti.

Bisogna, dunque, sempre stare attenti. Penso, per esempio, ai nonni o agli anziani che sono a stretto contatto con i nipoti.

Assolutamente. Tutti – anche i soggetti vaccinati – devono tenere presente che il vaccino protegge dalla malattia grave, sicuramente riduce in maniera drastica i ricoveri e il ricorso alle terapie intensive ma non dà l’immunità assoluta, quindi bisogna mantenere le norme igieniche di sempre, ossia il lavaggio delle mani, il distanziamento, la mascherina, tossire nell’incavo del braccio invece che sulla mano ecc.

In questi giorni si sta discutendo molto sulla presenza in classe dei bambini asintomatici. Cosa ne pensa?

Su questo tema è in corso un dibattito piuttosto acceso. Dobbiamo attendere che studi di proporzioni importanti possano fornirci indicazioni più solide. Attenendoci a quanto è stato stabilito dagli enti e dalle istituzioni, se c’è una positività con contatti stretti per il momento osserviamo la quarantena della classe, poi questo orientamento potrà cambiare se i dati ci diranno che potremo essere meno aggresivi e sarà possibile tollerare il positivo asintomatico o creare micro-bolle con isolamenti mirati e non dell’intera classe.

La situazione non è allarmante?

Un aumento dei casi era atteso ma la situazione non è preoccupante: non ci allarma particolarmente anche se bisogna sempre stare attenti e vedere come si evolverà. Se venissero confermate la sicurezza e l’efficacia del vaccino anche per i bambini dai 5 agli 11 anni, inoltre, avremo un’altra arma per diminuire la circolazione del Coronavirus.

Ma bisognerà vaccinare anche loro?

Se venissero confermate la sicurezza e l’efficacia del vaccino si. Bisogna tenere presente che la dose per loro sarebbe pari a un terzo di quella somministrata agli adulti, quindi contiene antigeni molto meno concentrati.

Il vaccino può essere più rischioso per i bambini e i ragazzini tra i 5 e gli 11 anni?

In oltre settant’anni di storia i vaccini hanno dimostrato di essere efficaci e sicuri. Non ci ricordiamo più il vaiolo e la poliomielite perché hanno funzionato bene: spero di poter dire lo stesso per SARS-CoV-2 in tempi non particolarmente lunghi e se potremo affermarlo sarà  grazie ai vaccini. Detto questo, nella fascia d’età tra i 12 e i 16 anni, nella quale si è vaccinato in maniera estesa, si è riscontrato un incremento di miocarditi legate al vaccino ma si è visto che tra i ragazzi della stessa fascia d’età asintomatici positivi la possibilità di sviluppare una miocardite da Coronavirus è tre volte superiore e in quelli sintomatici positivi 18 volte di più. Vuol dire che il vaccino è assolutamente sicuro. Inoltre gli studiosi stanno valutando la riduzione della dose: il vaccino si può modulare mentre l’infezione no, per cui è vantaggioso. Se i dati relativi ai bambini e ai ragazzi tra i 5 e gli 11 anni verranno confermati e saranno convincenti non c’è motivo per non vaccinarli.

I benefici sono superiori ai rischi anche tra i 5 e gli 11 anni?

Non posso ancora sostenerlo perché non ho visto i dati ma se verranno confermate efficacia e sicurezza sicuramente i rischi saranno inferiori ai vantaggi. In questo momento possiamo affermare con certezza che tra i 12 e i 16 anni i benefici sono stati superiori agli eventuali rischi su ormai milioni di dosi somministrate. Per la fascia tra i 5 e gli 11 anni bisognerà prendere visione dei dati ma tutto lascia ben sperare e mi auguro che siano confermati e che si possa procedere a mettere in sicurezza anche loro.

Per concludere, un consiglio ai genitori: come devono comportarsi qualora avessero il sospetto che il loro figlio abbia contratto il Covid?

Non è facile capire se il proprio figlio abbia contratto il Covid. Innanzitutto, non bisogna entrare nel panico: se la sintomatologia è quella di un raffreddore e qualche linea di febbre ma il bambino sta bene non c’è bisogno di intasare il pronto soccorso o gli ambulatori medici, si procede con un’osservazione e si contatta il pediatra per descrivere i sintomi e decidere cosa fare. Quando si effettua il tampone molecolare, logicamente, abbiamo più informazioni, soprattutto in caso di sospetti Covid o in presenza di altre persone positive in famiglia piuttosto che nel contesto di appartenenza. La clinica nei casi lievi, che sono la maggioranza, non ci guida moltissimo.

E quali cure si possono approntare?

Innanzitutto bisogna attendere tenendo monitorata la situazione, pulire il naso e praticare costantemente l’idratazione. Generalmente, inoltre, si ricorre al paracetamolo come antipiretico ed eventualmente, in seconda battuta, all’ ibuprofene, le uniche due molecole approvate al momento per i più piccoli contro il Covid.

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