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La sentenza

Processo Ubi, 29 assolti e un solo condannato: Franco Polotti

Si chiude con una sola condanna per una vicenda secondaria il lungo processo relativo a presunte irregolarità commesse nella gestione dell'istituto bancario

Bergamo. Si chiude con una sola condanna per una vicenda secondaria il lungo processo Ubi Banca al tribunale di Bergamo, relativo a presunte irregolarità commesse nella gestione dell’istituto bancario poi incorporato da Intesa Sanpaolo. L’ex presidente del consiglio di gestione Franco Polotti è stato condannato a 1 anno e 6 mesi (con pena sospesa) per non aver comunicato la sua partecipazione nella società Edilbeta. Gli altri 29 imputati sono stati tutti assolti dal reato di ostacolo all’autorità di vigilanza per insussistenza dei fatti, mentre in precedenza alcuni di loro erano stati prosciolti per intervenuta prescrizione per indebita influenza all’assemblea.

La sentenza è stata pronunciata venerdì 8 ottobre (al termine di una camera di consiglio durata dieci ore) dalla Corte d’Assise presieduta dal giudice Stefano Storto, dopo una lunga serie di udienze durata quasi tre anni e un’inchiesta partita nel maggio 2014.

I principali reati contestati ai trenta imputati, più la Banca stessa, erano ostacolo all’autorità di vigilanza e illecita influenza in assemblea. Solo a quattro venivano contestati entrambi: Giovanni Bazoli, Emilio Zanetti, Victor Massiah e Andrea Moltrasio. Tuttavia alla luce di una sentenza della Corte Costituzionale del 6 luglio scorso il secondo reato è prescritto.

La Corte ha assolto Bazoli nel merito. L’ex presidente del consiglio di Sorveglianza Moltrasio e l’ex presidente del consiglio di Gestione Zanetti sono stati assolti anche loro nel merito da entrambe le accuse: “perché il fatto non sussiste” dal reato di ostacolo all’autorità di vigilanza e “per non aver commesso il fatto” dal reato di vigilanza e illecita influenza in assemblea.

L’ex consigliere delegato Victor Massiah è stato assolto dall’accusa di ostacolo all’autorità di vigilanza perché “il fatto non sussiste” ed è stato prosciolto dall’accusa di illecita influenza in assemblea per intervenuta prescrizione.

L’inchiesta della procura di Bergamo (avviata dal pm Fabio Pelosi e dal compianto procuratore Walter Mapelli), si è focalizzata sulla fusione tra Bpu e Intesa che portò alla nascita di Ubi.

Secondo i pm, all’interno di Ubi sarebbe stata creata una “cabina di regia” che, sempre secondo l’impianto accusatorio, prima decideva le nomine della banca e delle sue partecipate, e poi riusciva a influenzare le scelte dell’assemblea “con atti simulati e fraudolenti”.

Senza quel sistema nel 2013 non avrebbe vinto la lista 1 (a scapito della 2 guidata dal professor Andrea Resti e della 3 dell’imprenditore Giorgio Jannone) e quindi l’asse Bergamo-Brescia rappresentato appunto da Zanetti e Bazoli avrebbe perso il controllo della banca.

Il tutto (sosteneva l’accusa) tenuto nascosto a Consob e Banca d’Italia per i dovuti controlli (da qui l’ostacolo alla vigilanza): un piano che avrebbe fatto perdere a Ubi 115 milioni all’anno di risparmi, vale a dire più di 600 dal 2010 al 2015.

Il pm Paolo Mandurino aveva chiesto 26 condanne e 4 assoluzioni (anche per Francesca Bazoli, figlia di Giovanni), cui si aggiunge quella per la Banca. In fase di repliche, però, il pm ha preso atto della prescrizione dell’influenza e ha ridotto la richiesta di condanna di 6 mesi per gli imputati cui erano contestati entrambi i reati.

Il giudizio finale ha smontato l’intero impianto  della Procura, assolvendo con formula piena tutti gli imputati.

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