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Cinema

La recensione

“No Time To Die”: l’ultimo tango di Daniel Craig

Dopo aver lasciato i servizi segreti, Bond si gode una vita tranquilla in pensione. Tuttavia, la pace conquistata si rivela di breve durata quando il suo vecchio amico Felix Leiter gli chiede aiuto

Titolo originale: 007: No Time To Die

Regia: Cary Fukunaga

Durata: 163’

Genere: Azione, spionaggio

Interpreti: Daniel Craig, Rami Malek, Léa Seydoux, Lashana Lynch, Christoph Waltz, Ralph Fiennes

Programmazione: Cinema

Valutazione IMDB: 7.9/10

Trailerhttps://www.youtube.com/watch?v=DWn09Qk6iTU

Riprendiamo dal punto in cui ci eravamo lasciati nel 2015: l’agente segreto con licenza di uccidere James Bond (Daniel Craig) lascia l’ingrato incarico per godersi una nuova vita in Giamaica dopo la cattura del terrorista Franz Oberhauser (Christoph Waltz). Certi lavori però sono più che semplici occupazioni e la sindrome post traumatica da stress dell’inglese lo fa vivere in un’inquietudine perenne, condita dalla paranoia incessante che qualcuno stia tramando alle sue spalle.

Si sa, il lupo perde il pelo ma non il vizio, e infatti passa poco prima che i servizi segreti richiamino alle armi Bond per far fronte ad un delicatissimo incarico riguardante un certo Lyutzifer Safin (Rami Malek). Oltre che su di un arsenale all’avanguardia, l’agente potrà contare su alleati vecchi e nuovi, tra tutti Q (Ben Whishaw), M (Ralph Fiennes), Moneypenny (Naomi Harris) e una nuova 00 (Lashana Lynch) dall’aria misteriosa.

25º capitolo della serie di film legata all’agente James Bond che vede per la quinta ed ultima volta Daniel Craig vestire i panni del protagonista della pellicola, “No Time To Die” è un lungometraggio del 2021 diretto e co-scritto da Cary Fukunaga. Dopo le precedenti apparizioni in “Casinò Royale”, “Quantum of Solace”, “Skyfall” e “Spectre”, l’inglese dà l’addio in grande stile ad un personaggio a cui ha dato tanto e che dal 2006 interpreta tra molti alti e pochi bassi divenendo il Bond più longevo della storia.

Chiusura di un grande cerchio che giustifica la durata importante del film, “No Time To Die” è un storia corale che allevia Bond dal monologo a cui da diversi anni era costretto, in favore di una serie di personaggi tanto secondari quanto iconici che funzionano perfettamente anche se presi singolarmente, interdipendenti tra loro, e (chissà) forse meritevoli di pellicole spin off a loro dedicate. Realizzato in giro per l’Europa toccando anche le coste del Bel Paese, il film riscopre uno 007 umano, stanco, provato dalle numerose avventure ma che ormai non può fare a meno di vivere una vita al limite, caricandosi sulle spalle fardelli che vanno ben oltre l’umana sopportazione. Sarcastico, inglese, geniale, dai pochi smoking ma dalle tante Aston Martin, “No Time To Die” si colloca in una perfetta via di mezza tra “Taken” e Sherlock Holmes, miscelando in modo mai banale tritolo, belle donne, british humor e riflessioni profonde in un colossal che sembra descrivere un futuro non troppo distante.

Battuta migliore: “È difficile distinguere bene e male, cattivi ed eroi oggigiorno”

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