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Fondazione ubi banca

Ferroni torna a Bergamo: l’ossessione per lo spazio ne “La durata della memoria”

Fino al 15 dicembre al Palazzo Bassi Rathgeb, sede dell’Università degli studi di Bergamo

Gianfranco Ferroni (1927-2001) è tornato a Bergamo per un omaggio importante nel ventennale della morte. La mostra al Palazzo Bassi Rathgeb, sede dell’Università degli studi di Bergamo, dal titolo “Gianfranco Ferroni. La durata della memoria”, curata da Chiara Gatti e Arialdo Ceribelli, è prodotta da Fondazione UBI Banca Popolare di Bergamo, in collaborazione con l’Università degli studi di Bergamo e con il neonato Archivio Gianfranco Ferroni.

Il progetto scientifico, che conta trenta opere fra dipinti e disegni, si concentra sulla ricerca di Ferroni degli anni settanta. Definiti “gli anni della svolta”, rappresentano il momento in cui l’artista, superata la militanza del decennio precedente, deluso dal crollo degli ideali, dal fallimento della protesta, sceglie la via dell’isolamento. Stabilitosi a Milano nel 1974, comincia a ritrarre il silenzio delle stanze, indagando la luce e l’ombra, lo spazio e la materia.

Allontanandosi da un realismo di matrice ancora esistenziale, è attratto da un concetto di pittura come regia, come obiettivo attraverso il quale inquadrare una porzione del visibile. Allo stesso tempo, la pittura di Ferroni ragiona e riflette su se stessa, sul suo ruolo negli anni delle neo-avanguardie, sulla capacità di rigenerarsi in un’indagine radicale sul suo stesso linguaggio, sul limite che – grazie a lei – separa la realtà dalla rappresentazione, sull’inganno della percezione e la sollecitazione del pensiero davanti alle sue scatole spazio-temporali, ambienti dell’abitare dove ogni minima variazione registra il trascorrere delle ore, il succedersi degli eventi, il transito della luce sui piani.

Il titolo della mostra inaugurata mercoledì e visibile fino al 15 dicembre è ispirato a un testo del grande critico Luigi Carluccio. Dipinti e disegni a confronto mostrano la tecnica straordinaria del maestro e la sua ossessione per la ricostruzione mentale dello spazio dopo averlo scandagliato, separato, analizzato fino all’ultimo granello di polvere.

inaugurazione ferroni

 

La mostra intende restituire la figura di Ferroni a un clima di ricerca internazionale che accosta il suo profilo al nome di quanti, proprio all’alba degli anni settanta, scelsero la pittura come mezzo
apparentemente reazionario rispetto alle speculazioni dei nuovi linguaggi, arrivando tuttavia a fare dello studio pittorico una forma di trasposizione dell’idea, frutto di un progetto steso in anticipo
sull’esecuzione.

Accanto a capolavori come Lo studio. Sequenza, del 1974, o Analisi di un pavimento. Londra, del 1979, spicca un dialogo ideale fra i suoi celebri altari laici, come Nello studio, del 1983 e le opere della Fondazione Bernareggi custodite nello spazio espositivo. Fra queste la grande pala di Giovan Battista Moroni, con il Battesimo di Cristo, del 1565-1570. Il senso del sacro si manifesta nei panneggi del drappo di Ferroni come nel panno che avvolge le membra di Cristo nel dipinto del maestro lombardo di cui ricorrono quest’anno i 500 anni dalla nascita.

Il catalogo edito da Allemandi raccoglie testi dei curatori, oltre ai contributi speciali di Mario Botta, Antonio Natali, Vittorio Sgarbi.

inaugurazione ferroni

 

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