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Bergamo segreta

Sulle orme di Bartolomeo Colleoni: il Castello di Solza e le origini del condottiero orobico

In pochi sanno che il mito del Colleoni nacque fra le mura del Castello di Solza dove visse i primi anni di vita prima di cimentarsi nell'arte della guerra.

Solza. Bartolomeo Colleoni è probabilmente uno degli emblemi del Rinascimento bergamasco.

Celebre capitano di ventura al servizio sia di Milano che di Venezia, il condottiero orobico ha legato la propria immagine al Castello di Malpaga dove morì nel 1475 all’età di ottant’anni.

In pochi sanno che il mito del Colleoni nacque fra le mura del Castello di Solza dove visse i primi anni di vita prima di cimentarsi nell’arte della guerra.

La storia di questo maniero coincide in parte con quella dell’intero abitato che già nel corso del XIV secolo venne fortificato con l’aggiunta di alcune strutture difensive collegate in parte alla famiglia Colleoni.

La realizzazione di questi insediamenti coincise anche con una delle fasi più intense della lotta fra guelfi e ghibellini che a cavallo fra il Trecento e il Quattrocento vide il piccolo borgo dell’Isola esser attaccato più volte da esponenti della famiglia Suardi.

Disposto su un falsopiano che si affaccia all’alveo dell’Adda e circondato dal tessuto edilizio del paese, il fortilizio ha conservato nel corso dei secoli l’aspetto originale a partire dalla pianta quadrilatera e dalla cinta muraria esterna.

Castello Colleoni Solza

 

Accompagnata in passato da un fossato, essa ha preservato le principali caratteristiche a partire dall’utilizzo dei ciottoli di fiume così come la presenza di una lunga sequenza merli, inseriti probabilmente in un periodo successivo all’edificazione dello stabile.

La riconversione della rocca a usi residenziali ha condotto i proprietari a modificare in parte la cinta muraria che ha subito una riduzione dell’altezza lungo alcuni tratti così come il tamponamento dei merli in altri.

A condurre i visitatori all’interno dello stabile vi è una piccola rampa inclinata, ricavata all’interno del sedime dell’antico fossato, la quale immette a un portale in pietra squadra il quale conserva ancora oggi negli stipiti interni le sedi di alloggiamento del ponte levatoio.

L’accesso alla corte interna consente di osservare sia i corpi di fabbrica addossati posteriormente alla rocca sia l’antica torre a pianta quadrata la quale si presenta si compone di due locali sovrapposti: il primo rialzato di alcuni gradini rispetto alla pavimentazione esterna, il secondo quasi completamente interrato.

Benché ne rimanga soltanto una porzione, la struttura mostra i caratteri tipici di un fabbricato di questo genere come l’ingresso, sottolineato da un duplice sistema di chiusura, le feritoie, le buche pontaie, lasciate nella muratura in pietra, necessarie per sistemare le testate delle scale di legno.

Coperto da un tetto a tre falde, il mastio conserva una porta tamponata che un tempo collegava un locale di guardia al camminamento di ronda il quale percorreva buona parte del perimetro del castello consentendo agli arcieri di raggiungere le postazioni di tiro inserite in piccole feritoie svasate.

Ceduto alla morte di Bartolomeo Colleoni all’Ente Caritatevole della Pietà, l’opera venne contesa per quasi due secoli fra l’istituzione e gli abitanti dell’area che, dopo aver trovato temporaneamente rifugio nel cortile interno, avevano provveduto a realizzare una serie di abitazioni stabili.

Il contenzioso venne definitivamente chiuso il 25 maggio 1655 quando la roccaforte venne messa all’asta e acquistata da Febo Colleoni.

Da quel momento il castello di Solza rimase nelle mani dei discendenti del condottiero sino alla fine degli anni Novanta quando venne definitivamente ceduto all’amministrazione comunale la quale si occupò del suo recupero destinandolo come sede per diverse attività culturali.

Fonti

Graziella Colmuto Zanella, Flavio Conti; Castra bergomensia : castelli e architetture fortificate di Bergamo e provincia; Bergamo; Provincia di Bergamo; 2004
Flavio Conti, Vincenzo Hybsch, Antoniello Vincenti; I castelli della Lombardia; Novara; Istituto geografico De Agostini; 1990

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