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L’intervento

“La condanna a Mimmo Lucano insegna: nessuno faccia analoghi gesti solidali o la pagherà cara” fotogallery

"La condanna sarà ampiamente ridotta in appello ma la testa simbolicamente mozzata di Lucano rimarrà esposta a lungo su una metaforica picca a macabro monito di futuri “associati per delinquere” in vena di solidarietà" commenta Roberto Trussardi co-fondatore di MicroMega Bergamo

Roberto Trussardi, avvocato a Bergamo, esprime in questo intervento il suo parere sulla condanna a Mimmo Lucano, già sindaco di Riace condannato a 13 anni e due mesi per la gestione dei progetti di accoglienza dei migranti. 

Quattromilaottocentocinque. Un’enormità.

Sono l’equivalente, in giorni, della pena inflitta a Mimmo Lucano per il reato di solidarietà che, improvvidi giudici, hanno qualificato come peculato, truffa ai danni della UE e associazione per delinquere.

Che la pena sia abnorme, tra l’altro unita alla pena pecuniaria di 700.000 euro, è chiaro a tutti, anche se la si cerca di spiegare con ogni tecnicismo possibile.

Qualcuno, ingenuo, ha persino azzardato l’ipotesi di una sentenza suicida, ovvero di una sentenza appositamente fuori luogo tanto da essere completamente invalidata in appello.

Ma quale suicida! Tali sentenze, semmai, difettano nella motivazione, non nel dispositivo. Lor signori fan sul serio: colpiscine uno ed educane cento, che nessuno si permetta di fare analoghi gesti solidali o la pagherà cara, ci ammonisce il pronunciamento di Locri.

Lucano non è un politico capace, difetta nell’eloquio, non ha appeal, non ha grandi progetti e la sua immagine ci ricorda quella di un rustico curato di campagna, non quella di un rivoluzionario, eppure ha straordinariamente migliorato l’accoglienza nel proprio comune, popolandolo quando era spopolato, aprendo piccole attività economiche nel deserto materiale e morale di un angolo di Calabria dimenticato da tutti.

I giudici non gli hanno concesso neppure le attenuanti generiche (art. 62 bis cp) che consentono di abbattere fino ad un terzo la pena. Si tratta di circostanze attenuanti indeterminate e non tipizzate che i tribunali concedono con una certa frequenza, ma che a Lucano e agli altri imputati (Lucano è solo il più noto) sono state negate, così come non gli è stata riconosciuta l’attenuante dell’aver agito per ragioni di particolare valore morale o sociale (art 62 n°1 cp).

Persino la continuazione (81 cp) tra i reati di peculato e di truffa alla UE, che avrebbe consentito di evitare la somma algebrica delle pene, non è stata applicata e l’imputato condannato anche per il reato di associazione per delinquere finalizzata alla truffa. Avete capito bene, alcune persone, con a capo Lucano, si sarebbero associate con la finalità di truffare la UE, non per aiutare i migranti! E l’ingiusto profitto, elemento costitutivo del reato di truffa, quale sarebbe se i presunti associati non si sono arricchiti? Sarebbe di natura non patrimoniale? La notorietà conseguita? Non scherziamo, Lucano, in passato, ha rifiutato candidature sicure e non possiede beni, solo in questa tornata elettorale è candidato nella lista capeggiata da De Magistris alle elezioni regionali.

Impressionano anche i commenti rilasciati alla stampa dal PM che ha portato avanti le indagini e dal procuratore capo di Locri. Quest’ultimo, in particolare, ha sobriamente definito Lucano “bandito idealista, personaggio da film Western”. Chissà se questo alto magistrato avrà rilasciato analoghi sprezzanti commenti su qualche capo ndranghetista del suo territorio?

Insomma, Lucano sembra aver piegato leggi e regolamenti, ma non a scopo di profitto personale e la pena appare sproporzionata, in particolare se comparata alle pene per i reati di criminalità organizzata perpetrati in quei territori.

La condanna sarà ampiamente ridotta in appello, ma la testa simbolicamente mozzata di Lucano rimarrà esposta a lungo su una metaforica picca a macabro monito di futuri “associati per delinquere” in vena di solidarietà.

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