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L’intervista

Carofiglio a Bergamo: “Gentilezza e coraggio sono la vera forza”

L'ex magistrato e scrittore sarà ospite lunedì 27 della rassegna Moltefedi. "Cannabis legale? Sono assolutamente favorevole, il suo divieto è ideologico, fanno più male alcol e tabacco"

La gentilezza, il coraggio, la flessibilità, il dubbio. Concetti che vengono riscoperti con accezioni diverse da quelle di uso comune da Gianrico Carofiglio, ex magistrato e senatore, scrittore, saggista e romanziere, ospite stasera, lunedì 27 settembre, alla rassegna delle Acli di Bergamo ‘Molte Fedi sotto lo stesso cielo‘.

L’evento è già sold out, a significare il grande apprezzamento del pubblico per Carofiglio e per il volume che andrà a presentare: ‘Della gentilezza e del coraggio, breviario di politica e altre cose’.

Lei assegna a questi due termini significati più ampi rispetto a quelli a cui siamo abituati.

Sì, la gentilezza non significa solamente garbo e buone maniere, che sono comunque comportamenti auspicabili, ma si rifà alle discipline orientali, che prevedono di non contrapporre la forza alla forza bensì di cedere per cercare di disperderla, rotorcendola così contro l’avversario. Chi è cedevole supera le prove, chi è duro, rigido prima o poi si spezza. Un concetto che torna utile anche nel confronto dialettico e politico per affrontare il conflitto non nella maniera ovvia ma con coraggio. E qui arriviamo al secondo termine: il coraggio non viene inteso come contrario di paura. La paura è la premessa del coraggio.

Lei parla dell’importanza del dubbio e della tolleranza dell’incertezza come requisiti di una personalità e di una società sane. In che senso?

Viviamo in un mondo complesso che non siamo in grado di capire a pieno, non riusciamo a comprendere tutto ciò che ci capita, non possiamo apporre etichette a tutto, definire ogni cosa. Anche se questo è un comportamento che placa la nostra ansia, non ci aiuta a capire. Il mondo è frutto di interpretazioni parziali, dobbiamo essere pertanto flessibili e pronti a modificare il nostro pensiero.

Questo atteggiamento è in contrasto con quello che va per la maggiore nella società moderna, fatta di certezze inscalfibili, di slogan, di autoritarismo.

Esatto. Dobbiamo però pensare che due tesi che si urtano rimangono uguali, non creano confronto né cambiamento.

È per questo motivo che afferma che è più importante una domanda ben posta rispetto ad una tesi contrapposta?

Certo. Perché la domanda apre al dialogo, dimostra che chi la pone ha ascoltato la posizione dell’interlocutore ed è interessato a capire maggiormente per raggiungere un possibile compromesso, per arrivare ad una soluzione.

Lei dichiara che è scomparsa la pazienza cognitiva, ovvero la fatica di studiare.

Questo è purtroppo sotto gli occhi di tutti. Abbiamo accesso a un’enorme quantità di informazioni sui temi più diversi e questo ci dà l’idea di possederle. Ma un conto è accedere, un altro è capirle, elaborarle, introiettarle. Lo studio invece consente di approfondire e di far proprie determinate nozioni.

Da ex magistrato, cosa ne pensa del referendum per la legalizzazione della cannabis? C’è molto dibattito in merito.

Sono assolutamente favorevole, ho votato e firmato per questo. La premessa del divieto della cannabis è puramente ideologica. Se prendiamo la classifica della pericolosità delle sostanze pubblicata dalla prestigiosa rivista medica ‘The lancet’, scopriamo che la cannabis è all’undicesimo posto, il tabacco al nono, l’alcol al quinto. A mio avviso per quanto riguarda l’uso terapeutico e ricreativo della cannabis lo Stato non dovrebbe metterci bocca se non per sorvegliare come fa per altre sostanze, ad esempio vientando la vendita di sigarette e alcolici ai minorenni. Negli Stati americani dove la cannabis è legale si sono avuti benefici economici enormi e con questi introiti lo Stato ha potuto investire in altri settori. Per questo sono fermamente convinto che sia necessario legalizzarla.

 

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