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Bergamo segreta

La Casa dell’Arciprete, un palazzo veneziano all’ombra del Duomo

Sede del Dipartimento di Lingue e Letterature Straniere dell’Università di Bergamo, l'edificio colpisce lo sguardo dei passanti per la sua curiosa facciata che spicca fra i palazzi di via Donizetti

Si respira un clima rinascimentale attraversando l’ingresso della Casa dell’Arciprete.

Sede del Dipartimento di Lingue e Letterature Straniere dell’Università di Bergamo, l’edificio colpisce lo sguardo dei passanti per la sua curiosa facciata che spicca fra i palazzi di via Donizetti.

La struttura, il cui progetto è tradizionalmente attribuito a Pietro Isabello, è facilmente identificabile complice il diffuso utilizzo del marmo che domina il prospetto principale fra raffinate decorazioni classicheggianti e giochi di colore.

Voluto dal giurista Benedetto Ghislandi alla fine del Quattrocento, il fabbricato vide la luce nel 1520 ospitando nel corso dei secoli numerose famiglie aristocratiche fra i quali spiccano i casi degli Arici e dei Fogaccia che acquisirono gli spazi nel 1675 lasciandone un segno indelebile.

La storia di quest’opera è però legata a doppio filo a quella di don Lorenzo Tomini che nel 1840 acquisì il palazzo dal vescovo Carlo Gritti Morlacchi destinandola come residenza per gli arcipreti del Duomo e lasciandolo in eredità ai propri successori.

La lunga presenza del Capitolo della Cattedrale è rimasta impressa nel nome dello stabile che per diversi anni ha ospitato il Museo Diocesano d’Arte Sacra e che ancora oggi colpisce per uno stile unico nel suo genere.

Ispirandosi ai lavori di Bramante a Palazzo della Ragione e all’eredità decorativa offerta dalla Cappella Colleoni, l’autore seppe infatti accogliere e reinterpretare lo stile veneziano creando un perfetto equilibrio fra le varie fasce orizzontali che suddividono lo spazio d’ingresso.

Il gioco prospettico creato dalla diversa conformazione dei piani offre una complessiva armonia che viene rispecchiata nelle quattro copie di lesene e nei due portali laterali che compongono il pian terreno.

Il medesimo ritmo si ripete anche nella parte superiore dove sono visibili due finestre arcuate con cornici elaborate a bassorilievo, mentre nella sezione centrale la finestrella con cornice finemente lavorata a finta prospettiva viene sostituita al primo piano da un’edicola che un tempo probabilmente ospitava un affresco.

Caratteristico è anche il secondo piano che presenta una leggera rientranza rispetto a quello sottostante oltre che a conservare un’apertura con ringhiera affiancata da pareti rifinite a finto marmo.

Gli affreschi realizzati da Giovanni Busi conducono invece attraverso l’androne a un cortile lastricato di pianta quadrangolare dove è osservabile un loggiato aereo sorretto da mensoloni in grado di unire i due corpi di fabbrica che costituiscono lo stabile.

Internamente è impossibile non notare curiosi dipinti raffiguranti soggetti paesaggistici di fantasia eseguiti attorno alla seconda metà del XVII secolo, periodo nel quale la palazzina apparteneva alla famiglia Fogaccia.

Risalenti all’Ottocento sono infine i capolavori di Paolo Vincenzo Borromini che si occupò di rappresentare l’antica vita romana oltre che di decorare le finestre nel salone dell’allora Conservatorio Musicale.

Fonti

Luigi Angelini; Antiche fontane e portali di Bergamo; Bergamo; Stamperia Conti; 1964
Vanni Zanella; Bergamo città; Bergamo; Azienda autonoma di turismo; 1977

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