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La storia

Dalle terre di Bergamo al Ticino: Bruno Bergomi e la famiglia di emigranti

La sua famiglia è originaria di Adrara San Martino: all’inizio del Novecento la decisione di far le valigie con l’inizio di una lunga storia. Bruno ha realizzato tra i suoi molti lavori, un documentario di grande forza espressiva, “Fa mia ul bergum”, che si ispira ai testi di un altro bergamasco della Valle Calepio, Claudio Origoni, mancato qualche anno fa.

Nel lungo e ampio alveo dell’emigrazione dalle terre di Bergamo a quelle del Ticino, primo Cantone svizzero dopo la frontiera di Ponte Chiasso, c’è abbondanza di storie di famiglie partite dalle Valli Cavallina e Calepio. Povertà e dure fatiche spinsero donne e uomini, soprattutto all’inizio del Novecento a far le valigie in cerca di un diverso futuro. Fu uno sciame che interessò quasi tutti i paesi, dal Mendrisiotto fino al San Gottardo.

Braccia robuste di boscaioli, falciatori stagionali, manovali e muratori, donne occupate ai telai o come collaboratrici domestiche: una folla di faticatori da stelle a stelle. La memoria di quegli anni è popolata di nomi che ancora oggi sono ricordati con gratitudine per tutte le qualità che onorano la nostra manodopera. In questa immaginaria antologia di umili e laboriosi protagonisti di sacrifici e strappi affettivi, difficili da fissare con le parole, mancano ancora molte benemerite biografie. Ne affiorano di tanto in tanto, casualmente, con caratteristiche ricorrenti per volontà, intraprendenza, capacità di adattamento e vanno a infoltire un indice che non sarà mai completo e che è importante ricostruire per quanto possibile.

Dal coraggio e anche dall’orgoglio di quei braccianti che hanno masticato il pane duro delle sette croste sono poi nate affermazioni e carriere che conferiscono ulteriore valore alle scelte compiute in condizioni e tra asprezze neppure immaginabili. Una di queste epopee è culminata in un documentario di grande forza espressiva: “Fa mia ul bergum” realizzato, guarda caso da un regista bergamasco, Bruno Bergomi che ha lavorato per quasi vent’anni alla Televisione della Svizzera italiana. È un viaggio nelle vicende di una famiglia della Valle Calepio: da una valigia di cartone piena di quasi niente a un traguardo di affermazione, a volte di prestigio.

Volendo, nel documentario di Bergomi si può cogliere anche il percorso della sua famiglia, partita da Adrara San Martino. Il nonno di Bruno, Angelo, sposato con Maria, pure Bergomi, ma di un altro ceppo, stufo di grattar la terra, con tre figli piccoli – Giacomo, Annibale e Severo – puntò sul Ticino e la sua meta fu Corteglia, un grappolo di case nel Comune di Castel San Pietro. Qui nacquero altri due figli, Giovanni e Serafino, padre di Bruno.

Angelo fu sfortunato, morì ancor giovane nel 1920. La mamma con i 5 figli tornò ad Adrara per alcuni anni. Man mano che i figli crescevano e raggiungevano i 15 anni, facevano rotta su Mendrisio.

Nel 1933 i 5 fratelli affittano un’azienda agricola di 22 ettari, Villa Foresta, una delle più estese del Mendrisiotto, dove rimarranno fino al 1952. L’unico che continuerà a fare il contadino sarà Serafino, che nel 1948 sposerà Giacomina Andreoli, classe 1923, lei pure di Adrara San Martino, che aveva trovato lavoro in una famiglia benestante di Mendrisio. Dal matrimonio nascono 6 figli: Alberto, 1949, lavoro in banca e nelle assicurazioni; Carla, 1950, docente; Bruno, 1952, regista; Annamaria, 1955, docente; Valeria, segretaria medica; Fiorenza, 1968, Giudice al Tribunale penale federale.

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