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Arte

L'intervista

Miart torna in presenza, il direttore Ricciardi: “Smantelliamo il silenzio”

Per la prima volta alla direzione della grande fiera milanese d'arte moderna e contemporanea Nicola Ricciardi, che abita a Bergamo: "Una delle città più stimolanti dal punto di vista artistico soprattutto negli ultimi anni"

È in corso a Milano negli spazi di Fieramilanocity miart. La grande fiera internazionale d’arte moderna e contemporanea giunge alla 25esima edizione e si affida per la prima volta alla direzione di Nicola Ricciardi, curatore e critico d’arte contemporanea dalla formazione internazionale, classe 1985, che abita a Bergamo.

Miart è la prima fiera in Italia a tornare in presenza e porta in scena fino a domenica 19 artisti contemporanei affermati, maestri moderni e giovani emergenti. Espongono 142 gallerie provenienti da 19 Paesi, articolate in cinque sezioni: Established Contemporary, Established Masters, Emergent, Decades, Generations.

Varie e interessanti le novità. Miart riparte al Padiglione 4 di Fieramilanocity Milano Convention Center, al piano superiore rispetto alla tradizionale collocazione.

Questa edizione mette al centro la poesia: il titolo “Dismantling the silence” è preso a prestito dalla raccolta in versi del poeta statunitense di origine serba Charles Simic, a cinquant’anni dalla sua pubblicazione. Nel segno della poesia, miart ha chiesto agli artisti protagonisti delle mostre di settembre a Milano di proporre versi e citazioni significative per il loro lavoro: ne è nata così una sorta di antologia o se vogliamo di “mappa poetica” della città di Milano.

La Fiera non è solo in presenza ma è affiancata da miart digital, piattaforma multimediale organizzata in aree tematiche, per allargare e potenziare l’offerta con contenuti originali. Miart digital estende i bacini d’utenza anche molto lontano, al collezionismo del sud America e del Sudafrica e aiuta il mercato a raccogliere anche il loro interesse.

Chiediamo al direttore Ricciardi come muoverci in questa kermesse che crede nell’arte e nella ripresa a pieni giri del mercato dell’arte. Ma iniziamo dalla nostra città.

In questi anni di attività lei ha avuto un rapporto privilegiato con Torino, dove è stato direttore artistico delle OGR e con Milano, dove è nato e cresciuto professionalmente. Però vive a Bergamo. Qual è il suo sguardo sul panorama dell’arte e del collezionismo bergamasco?

È vero, ho scelto di viverci. Bergamo è una delle città più stimolanti dal punto di vista artistico soprattutto negli ultimi anni. Sul fronte contemporaneo Lorenzo Giusti ha fatto un lavoro incredibile a trasformare la Gamec che era già un museo di primo livello in un’eccellenza riconosciuta a livello europeo. Esperienze come la sua danno forza a tutto il territorio, è una linfa che vivifica tutta la scena bergamasca , non solo dell’arte ma della cultura a 360 gradi. Adesso poi è un momento magnifico, riapre il Donizetti e torna il Jazz Festival in città: questo è un grande esempio di come una città riesca a portare dei grandi talenti della musica in un momento difficile come questo.. . Mi rammarico solo di non esserci in questi giorni, perché coincidono le date con l’apertura di miart.

In mostra a Miart ci sono anche gallerie bergamasche?

Sì, sono presenti con proposte di eccellenza sia Thomas Brambilla per il contemporaneo sia la Galleria Ceribelli per il moderno, nel progetto Decades.

Miart 2021, “Dismantling the silence”, mette al centro la poesia. Quale idea dietro a questa scelta?

Il nostro primo obiettivo era proprio smantellare il silenzio. Usciamo da un anno e mezzo di silenzio e di chiusura e c’era da ricostruire un dialogo. Lo strumento migliore per riemergere da questo buio credo sia proprio la parola. Le parole sono alla base del dialogo e la poesia è un linguaggio ritenuto spesso aulico ma è universale, tocca i cuori di tutti. Ci è sembrato un passo fondamentale per restituire la fiducia ripartire dalle parole, in particolare dalla parola poetica. E’ uno sforzo che oggi posso dire è stato ripagato dalla presenza delle 142 gallerie in Fiera e da un pubblico di collezionisti ben oltre e aspettative in termini di numeri e in termini di qualità.

Tra le gallerie ha risposto all’appello qualcuno che mancava da tempo?

Ci sono sati dei bellissimi ritorni come la Galleria Franco Noero di Torino, una delle più importanti gallerie italiane e in assoluto, che non faceva miart da 10 anni. E’ stata una scommessa per loro tornare nonostante il periodo difficile e lo fanno con una sola artista, Lara Favaretto, che è una delle rappresentanti più alte dell’arte italiana oggi nel mondo.

E poi ci sono gallerie internazionali molto imporntanti che hanno deciso di fare miart per la prima volta quest’anno, dal Belgio, dall’ Austria, dalla Francia. Hanno voluto puntare proprio nel 2021 per esplorare Milano e il suo mercato e per noi è motivo di grande soddisfazione.

Che cosa ha convinto gli espositori? Come ci si guadagna la loro fiducia?

Li ha convinti subito la nostra disponibilità a rendere miart una piattaforma vera per far ripartire tutto il sistema. Ci siamo attivati con ogni mezzo per dare un calcio alla ruota e far ripartire la macchina in sicurezza. La fiducia è stata ripagata perché abbiamo dimostrato di essere molto franchi e trasparenti, come forse non lo eravamo stati in precedenti edizioni. Abbiamo così costruito una fiera che è molto specchio delle esigenze delle gallerie, e loro hanno capito che abbiamo imparato la lezione dell’ anno passato rendendoci da subito più disponibili ad ascoltare.

Da dove consiglia di iniziare il tour a miart?

Direi dalla sezione più identificativa, che riassume lo spirito che ho voluto portare a miart. Cioè la sezione Decades, che è capace di mischiare moderno e contemporaneo: curata da Alberto Salvadori, Decades propone dieci gallerie, ognuna in rappresentanza di un decennio, dal 1900 al 2010. Per chi le visita è come entrare in un piccolo museo in cui si vede l’evoluzione dell’arte, sono tutti artisti italiani delle varie generazioni del Novecento e si va da Boccioni a Sironi a Ugo La pietra a Basilico a Favaretto.

Qualche evento da non perdere correlato a miart?

Noi siamo anche uno dei motori della Milano Art Week, quella serie di appuntamenti molto attesi che elettrizzano la città. In giro ci sono mostre bellissime ne raccomando tre in particolare. Sicuramente la mostra grandiosa di Maurizio Cattelan negli spazi Pirelli Hangar Bicocca, ma anche l’intervento site specific di Alessandro Pessoli, uno dei più bravi artisti italiani, ai Chiostri di Sant’Eustorgio, e la mostra alla Fondazione ICA di Simon Fattal, un artista che non ha mai avuto una mostra in Italia, che vale certamente la pena scoprire.

C’è una forma d’arte che sta vivendo più vitalità di altre?

Non c’è una tendenza predominante, ma si segnala il grande ritorno ai media più tradizionali, alla pittura e alla scultura, mentre ci sono meno video e poche sperimentazioni con l’innovazione tecnologica. C’è la necessità non di ritornare al passato ma di ripartire da solide basi e da solide radici.

Più in generale, dopo un anno e mezzo di pandemia quali sono le urgenze principali per l’arte e per la cultura secondo lei?

L’urgenza è ricostruire la fiducia del pubblico che deve sentirsi sicuro di tornare anche nei luoghi chiusi e credo che tutti i musei e le istituzioni si siano in quest’anno e mezzo strutturate per riuscire ad accogliere il pubblico in piena sicurezza. Il messaggio è che dobbiamo tutti sollecitare la nostra curiosità perché questa è veramente la molla che ci fa andare avanti. Non c’è modo migliore che andare a visitare luoghi, ascoltare concerti, assistere a spettacoli teatrali .. è il momento di dimostrare fiducia nel sistema, di far girare economia e di farsi contagiare dagli stimoli che questo sistema è in grado di azionare.

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