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La battaglia

San Giovanni Bianco, per l’ospedale raccolte 10mila firme: “non siamo solo numeri”

Continua la mobilitazione in Valle Brembana per il mantenimento dei servizi ospedalieri di base. La petizione, aperta il 2 luglio dagli amministratori del gruppo Facebook “Segnalazioni in difesa dell'ospedale di San Giovanni Bianco”, verrà inviata alle più alte cariche regionali e nazionali

San Giovanni Bianco. Circa 10mila firme per salvaguardare i servizi dell’ospedale di San Giovanni Bianco. Dopo la manifestazione di sabato 7 agosto (e conseguenti sanzioni per i sindaci presenti), continua la mobilitazione degli abitanti della Valle Brembana per il proprio ospedale. Si è da poco conclusa, infatti, la raccolta firme proposta dagli amministratori del gruppo Facebook “Segnalazioni in difesa dell’ospedale di San Giovanni Bianco”, creato ad agosto 2020 da alcuni abitanti, per rendere manifesto un malcontento diffuso rispetto alla situazione del presidio ospedaliero.

La petizione, aperta online il 2 luglio sul sito change.org, è continuata poi in forma cartacea in quasi tutti i comuni della Valle. Circa 10mila firme (9 895 quelle raccolte) a supporto di una petizione che verrà inviata al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, al Ministro della Salute Roberto Speranza, a Letizia Moratti, Vice Presidente Regione Lombardia ed Assessore al Welfare, ed al Prefetto di Bergamo Enrico Ricci.

Lo scopo? Il rispetto della normativa che classifica l’ospedale di San Giovanni Bianco come Presidio Ospedaliero di base.

“Dopo aver raccolto svariate testimonianze di persone che sono state salvate all’interno del nostro ospedale, dopo esserci resi conto che, se messi nelle condizioni lavorative opportune, i nostri operatori possono compiere un ottimo lavoro, abbiamo deciso di fare un passo ulteriore per dare voce a quanti ci hanno lasciato la propria testimonianza – commentano gli amministratori del gruppo -. Voci di persone, salvate proprio grazie all’ospedale di San Giovanni Bianco, che sembrano rimaste inascoltate: basti pensare alla storia di una mamma che, in vacanza in Val Brembana, si è trovata di fronte professionisti che, da un piccolo ospedale di montagna, sono partiti in ambulanza in direzione dell’ospedale Bambino Gesù di Roma per salvare la figlia”.

Ringraziamenti nei confronti del personale dell’ospedale di San Giovanni Bianco mostrati poi dalle quasi 10mila firme raccolte: “una conferma lampante della protesta della nostra gente, che chiede a chi di dovere di tornare umani, di avere il coraggio di essere umani. La pandemia ci ha reso migliori? Sembra proprio di no. Non si è ancora compreso l’importanza fondamentale della sanità del territorio, dell’avere ospedali operativi H24 con diversi reparti, così da decongestionare i già saturi ospedali di città – commentano ancora dal gruppo – . La nuova riforma sanitaria parla di medicina territoriale, pressoché gestita da medici di famiglia e infermieri di comunità: nessuna nota in merito ai piccoli ospedali di montagna, nessuna valorizzazione di queste strutture fondamentali per zone disagiate. Si parla di persone e servizi riducendo tutto a semplici numeri, ma le persone non devono essere trattate come cifre. Non si è compreso che la sanità non può essere semplice questione di profitto, gli ospedali non possono essere solo aziende in grado di produrre guadagno economico. La sanità deve essere cura della persona, non l’odissea infinita di chi decide di continuare a tenere viva la montagna. Abbiamo perso completamente di vista il senso di una sanità pubblica fatta di persone per le persone. La stiamo riducendo ad un lusso che pochi si possono permettere, un privilegio per quanti vivono in territori con vasta scelta tra pubblico e privato, a discapito di altri che nemmeno hanno il diritto di scelta nel farsi curare. Interrompere alcuni servizi per mantenerli in altri ospedali significa obbligare le persone a spostarsi verso quei centri. Così viene meno il diritto di scelta, l’uguaglianza di trattamento, il rispetto di chi, con i propri soldi, mantiene il sistema”.

Attraverso questa raccolta-firme, gli abitanti della Valle Brembana rivendicano il proprio diritto alla salute, pretendendo allo stesso tempo di non essere trattati solo come un numero.

“Non siamo numeri, siamo persone. Non siamo bancomat dove attingere denaro. Meritiamo rispetto, meritiamo uguaglianza di servizi, non ci interessa se nel nostro territorio costa di più mantenerli. Non ci interessa il fatturato: a noi interessa solo che ci vengano riconosciuti i nostri diritti al pari di chiunque altro. Adesso è il momento di tornare ad essere umani”.

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